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La Stampa Rassegna Stampa
05.02.2006 Non c'è più Schroeder, ma Angela Merkel
e si vede la differenza

Testata: La Stampa
Data: 05 febbraio 2006
Pagina: 2
Autore: Paolo Mastrolilli
Titolo: «Teheran sponsor del terrore»

Sulla STAMPA di oggi 5.2.2006 una corrispondenza da New York di Paolo Mastrolilli. Angela Merkel ha sostituito Gerhard Schroeder, e si vede la differenza. Dopo la cronaca riportiamo parte dell'intervento di Angela Merkel, per la prima volta un primo ministro tedesco fa il paragone con il passato del suo paese.

Ecco l'articolo:

Secondo il capo del Pentagono, Donald Rumsfeld, l’Iran è il più grande sponsor mondiale del terrorismo e bisogna impedirgli di mettere le mani sulle armi nucleari. Secondo la nuova cancelliera tedesca, Angela Merkel, il regime di Teheran ricorda l’ascesa al potere di Hitler. Queste dichiarazioni, fatte ieri dai due statisti alla conferenza sulla sicurezza in corso a Monaco di Baviera, sugellano il nuovo corso nelle relazioni tra Europa e Stati Uniti, proprio mentre l’Agenzia internazionale per l’energia atomica invia il dossier nucleare della Repubblica islamica al Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
La conferenza di Monaco è nota per lo stile diretto degli interventi, e Rumsfeld non ha usato mezzi termini: «Oggi il regime iraniano è lo stato leader nel mondo per la sponsorizzazione del terrorismo». Perciò ha aggiunto: «Il mondo non vuole un Iran nucleare, e deve collaborare per evitarlo». A questo scopo, il ministro della Difesa ha sostenuto le iniziative in corso: «Dobbiamo continuare a lavorare insieme per cercare una soluzione diplomatica, in modo da fermare lo sviluppo del programma di Teheran per arricchire l’uranio».
Quindi, come aveva fatto il presidente Bush durante il discorso sullo stato dell’Unione, si è rivolto direttamente alla popolazione: «Mentre noi ci opponiamo alle azioni del regime, siamo con gli iranani che vogliono un futuro pacifico e democratico. Essi non desiderano di vedere il paese che amano isolato dal resto del mondo civilizzato». Dunque Washington continua a favorire la diplomazia e il cambio di regime interno, anche se poco dopo il senatore McCain ha aggiunto che l’opzione militare deve restare sul tavolo, se le altre non funzionassero. L’ipotesi di un’invasione è complicata dallo sforzo che il Pentagono sta già sostenendo a Baghdad e Kabul, mentre i raid mirati alle strutture nucleari esporrebbero gli Usa alla rappresaglia terroristica. Lo stesso Bush, però, ha sempre rifiutato di togliere dal tavolo l’opzione militare. Ieri, commentando la decisione dell’Aiea, il capo della Casa Bianca ha detto: «Questo passo importante manda al regime iraniano il chiaro messaggio che il mondo non gli permetterà di ottenere armi nucleari». Poi però ha aggiunto: «Il voto dell’Aiea non è la fine della diplomazia, ma l’inizio di sforzi più intensi».
Nonostante l’Iran, secondo Rumsfeld, sia il principale sponsor dei terroristi, l’Iraq è «il fronte centrale della loro guerra contro il mondo civilizzato». Sostenere che l’invasione in realtà ha fomentato gli attacchi non regge, perché gli attentati avvenivano già prima in tutto il pianeta: «I terroristi hanno disegnato e distribuito una mappa dove i confini nazionali sono cancellati e sostituiti da un impero islamico estremista globale, un califfato che dovrebbe includere ogni continente». Questa «lunga guerra», a cui il Pentagono si sta preparando con la revisione quadriennale della sua strategia pubblicata ieri, «è stata dichiara a tutte le nostre nazioni, e il futuro dipende dalla determinazione e l’unità nel fronteggiare la minaccia». «Il mondo - ha aggiunto Rumsfeld - cambierebbe dalla sera alla mattina se un pugno di terroristi ottenesse e lanciasse armi chimiche, biologiche o radiologiche». Perciò bisogna fermare l’Iran e aumentare gli investimenti nella difesa, che negli Usa hanno raggiunto il 3,7% del pil, mentre in 19 paesi della Nato su 25 restano sotto il 2%. Qui anche il ministro francese Alliot-Marie ha dato ragione al collega americano, definendo l’incremento della spesa militare «indispensable».
A quel punto è intervenuta la Merkel, che pur avendo confermato la decisione di non mandare truppe in Iraq, ha attaccato l’Iran a testa bassa: «Guardando indietro alla storia della Germania negli anni Trenta, quando il nazismo si affermava, molti fuori dal nostro paese dicevano che era solo retorica. Ci furono momenti in cui la gente avrebbe potuto reagire diversamente, e a mio avviso la Germania è obbligata a fare qualcosa nelle fasi preliminari. Lo dico come cancelliere tedesco: un presidente che mette in dubbio il diritto di Israele ad esistere e nega l’Olocausto, non può aspettarsi tolleranza dalla Germania. Noi dobbiamo impedire all’Iran di sviluppare il suo programma nucleare».

Ecco le parole di Angela Merkel:

«Ricordatevi del 1933: in tanti invitavano a non preoccuparsi e dicevano che i discorsi nazisti erano soltanto retorica. Ci sono stati e ci sono periodi in cui la gente avrebbe potuto reagire diversamente: oggi la Germania è obbligata a fare qualcosa, subito, nei confronti dell’Iran». Iran uguale nazismo, dunque, avverte Angela Merkel: è la prima volta che un cancelliere tedesco propone l’equazione, perlomeno a un pubblico internazionale scelto come quello della Conferenza annuale sulla sicurezza alla quale partecipano politici ed esperti di tutto il mondo (fra loro il ministro della Difesa americano Rumsfeld e il vice ministro degli Esteri iraniano Aragchi). Insiste Merkel, da poco tornata da Gerusalemme dove ha visitato lo Yad Vashem, il sacrario alla memoria delle vittime della Shoa: «Vogliamo, dobbiamo impedire all’Iran di sviluppare il suo programma nucleare. Abbiamo imparato dalla nostra storia. Un presidente (l’iraniano Ahmadinejad, ndr) che mette in dubbio il diritto all’esistenza di Israele e nega l’Olocausto non può aspettarsi di ricevere la minima manifestazione di tolleranza dalla Germania». È il tragico passato del Paese a imporlo, è il messaggio di Angela Merkel al popolo tedesco e all’opinione pubblica internazionale. Per niente retorico, un monito a riflettere

Detto da una tedesca, tornano a suo onore. Parole che le democrazie occidentali faticano a fare proprie. Si veda l'articolo sull'antisemitismo pubblicato oggi su Informazione Corretta.

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