domenica 24 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Repubblica Rassegna Stampa
02.02.2006 Bush impegna gli Stati Uniti nella difesa di Israele dall'Iran
"pronti a intervenire anche militarmente"

Testata: La Repubblica
Data: 02 febbraio 2006
Pagina: 15
Autore: Daniele Mastrogiacomo
Titolo: ««Difenderemo Israele contro l´Iran»»

Da La Repubblica del 2 febbraio 2006:

«Difenderemo Israele contro l´Iran». Il giorno dopo il discorso sullo Stato dell´Unione in cui ha legato un problema interno come la "petrolio-dipendenza" al mai abbandonato disegno di esportare la democrazia in Medio Oriente, George W. Bush è tornato a parlare delle minacce rappresentate dal programma nucleare di Teheran. Lo ha fatto, parlando con i giornalisti a bordo dell´"Air Force One" che lo portava a Nashville, Tennessee, prima tappa di un giro in alcuni Stati di provata fede repubblicana dove saggerà le reazioni di quell´America che rappresenta il cuore del suo elettorato.
Ha denunciato i "discorsi minacciosi" del presidente Mahmoud Ahmadinejad, un uomo che vuole «riscrivere la storia dell´Olocausto» e che vuole distruggere lo Stato ebraico: «Israele è un solido alleato degli Stati Uniti, se necessario noi ci muoveremo in difesa di Israele. Ci inquieta questo parlare minaccioso e inquieta non soltanto gli Stati Uniti, ma anche altri paesi del mondo. Difenderemo Israele anche militarmente? Ci può scommettere».
Dell´Iran e della necessità di isolare gli ayatollah di Teheran Bush aveva fatto uno dei suoi punti forti del discorso sullo Stato dell´Unione («il governo iraniano sta sfidando il mondo con le sue ambizioni nucleari»), quanto al Medio Oriente se «Hamas non cambia» rinunciando al terrorismo e riconoscendo il diritto all´esistenza di Israele «non sarà possibile creare uno Stato palestinese; toccherà ad Hamas prendere le decisioni giuste».
Stando al primo sondaggio "a caldo" fatto dalla Cbs-News subito dopo il discorso sullo Stato dell´Unione circa tre quarti dei telespettatori sono d´accordo con le proposte di Bush. Una percentuale alta, in cui si deve tenere conto che la maggioranza dei telespettatori era di fede repubblicana, che si abbassa però decisamente alla domanda se il presidente sarà in grado o meno di raggiungere gli obiettivi promessi: solo un terzo ne è convinto.
Si tratta di numeri parziali (e anche un po´ arbitrari), ma aiutano a semplificare la lettura di un discorso che se per i grandi giornali ha messo in luce un Bush «meno ambizioso» del solito (New York Times) che ha usato lo Stato dell´Unione per rilanciare una Casa Bianca «in difficoltà» (Washington Post) ha in ogni caso offerto un paio di novità da non sottovalutare perché legano i problemi di natura interna, innanzitutto la "petrolio-dipendenza", con il grande disegno - che viene rilanciato nonostante le difficoltà irachene - di esportare la democrazia in Medio Oriente.
Il discorso - 52 minuti complessivi, 64 interruzioni per gli applausi - è stato fondamentalmente "partisan"; ha avuto cioè come obiettivo primario quello di ricompattare un elettorato repubblicano, negli ultimi tempi piuttosto sfiduciato, in vista delle elezioni di "mid-term" che il prossimo novembre eleggeranno la nuova Camera dei Rappresentanti e un terzo del Senato; usando come sempre l´arma dell´ottimismo.
Al suo elettorato, a quella America che viene in modo un po´ troppo semplificativo definita "profonda", Bush ha promesso che il ruolo degli Stati Uniti nel mondo non cambierà («l´unico modo per proteggere il nostro popolo, l´unico modo per controllare il nostro destino è attraverso la nostra leadership»); a chi - anche in campo repubblicano - manifesta sempre maggiore insofferenza per la guerra in Iraq dice «sono fiducioso nel nostro piano per la vittoria, sono fiducioso nella volontà del popolo iracheno, sono fiducioso nella capacità dei nostri militari» e - qui sì con un appello "bipartisan" - conclude: «a prescindere da ciò che si pensa delle decisioni e dei dibattiti del passato, la nostra nazione ha una sola opzione: dobbiamo mantenere la nostra parola, sconfiggere i nostri nemici e restare al fianco dei militari americani nella loro missione vitale». Per farlo sarà necessario azzerare la dipendenza dal petrolio «che è spesso importato da regioni instabili del mondo; il modo migliore per battere questa dipendenza è quello di sfruttare la nuova tecnologia. Svolte in questo settore ci permetteranno di raggiungere un altro grande obiettivo: quello di rimpiazzare più del 75 per cento delle nostre importazioni dal Medio Oriente entro il 2025».

Cliccare sul link sottostante per inviare uan e-mail alla redazione di La Repubblica


rubrica.lettere@repubblica.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT