"Tagliati i fondi ai palestinesi" è il titolo scelto dalla Repubblica per dare notizia della decisione di Israele di non consegnare a un'Anp che potrebbe essere governata da Hamas fondi che potrebbero essere utilizzati per il terrorismo. Si tratta dunque di una formula che non coglie nel segno, e anzi elude il punto centrale della questione, presentando oltretutto i palestinesi come vittime di tagli immotivati. Ecco il testo:
GERUSALEMME - Israele ha sospeso, ieri, il pagamento delle tasse e delle tariffe doganali riscosse per conto dell´Autorità palestinese, circa 55 milioni di dollari, spingendo i dirigenti di Ramallah a cercare aiuto in Arabia Saudita e in Qatar per poter pagare gli stipendi ai circa 140 mila dipendenti. Invano il ministro palestinese dell´Economia, Mazen Sonnoqrot ha protestato, gridando alla «punizione collettiva», né miglior esito ha avuto il consiglio del rais egiziano Hosni Mubarak, al ministro degli Esteri israeliano, Zipi Livni, di pagare ai palestinesi quanto spetta loro. Preoccupato dalla vittoria di Hamas alle recenti elezioni, il governo israeliano ha deciso di usare le somme dovute all´Autorità palestinese (Ap) come strumento di pressione nei confronti di Abu Mazen e del Movimento integralista.
L´Egitto, il grande Paese arabo in pace con Israele, rispettato da Hamas, che in tempi non sospetti ne ha accettato la mediazione con l´Autorità palestinese, nonché alleato e protettore di Abu Mazen, s´è ritrovato ieri al centro di una complessa azione diplomatica.
Secondo voci diffuse in Israele, poteva essere il Cairo la sede di un incontro tra il presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e i rappresentati di Hamas. Voci infondate perché Abu Mazen s´era già impegnato con il capolista degli integralisti, Ismail Haniyeh ad intavolare a Gaza un negoziato per la formazione del nuovo governo.
Ma che tipo di governo? Israele e la comunità internazionale non sono disposti a fare sconti ad Hamas se il movimento islamico non riconoscerà il diritto all´esistenza d´Israele e non si impegnerà a rispettare gli accordi di Oslo. La decisione di sospendere il pagamento delle tasse fa parte di questa strategia e fa il paio con la minaccia dell´Europa di bloccare gli aiuti (500 milioni di Euro). Il capolista di Hamas, Ismail Haniyeh, ha definito le misure economiche minacciate «un attacco ai diritti dei palestinesi». Ma secondo Haniyeh l´ipotesi di formare un governo di «tecnici e personalità indipendenti» che possa tranquillizzare le cancellerie occidentali resta in piedi. Di più: dalla leadership in esilio a Damasco, il dottore Moussa Abu Marzouk, secondo nella gerarchia politica del movimento, ha prospettato la possibilità di una tregua con Israele: «un´opzione di cui si può discutere con la comunità internazionale». Per ora, una delegazione di Hamas è partita in cerca di sostegni economici nel mondo arabo. Secondo alcuni analisti, tuttavia, agitare lo spettro della bancarotta contro l´Autorità avrà il solo effetto di spingere Hamas nelle braccia di Teheran.
Ieri l´Egitto ha ribadito allo stesso Abu Mazen le tre condizioni senza le quali la strada di Hamas verso il governo resterà sbarrata: «Primo, rinunciare alla violenza. Secondo, riconoscere gli accordi già firmati (Oslo). Terzo, riconoscere Israele. Se non lo faranno - ha detto il capo dei Servizi di sicurezza egiziani, Omar Soleiman - , Abu Mzen non li incaricherà di formare il nuovo governo».
Più tardi il presidente egiziano ha incontrato Zipi Livni, responsabile della diplomazia israeliana. Alla Livni, il rais ha suggerito di sbloccare il danaro dovuto da Israele all´Autorità palestinese e di tenere nei confronti di Hamas un atteggiamento più pragmatico.
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