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La Repubblica Rassegna Stampa
30.01.2006 I no di Israele alla ragionevole Hamas, la "soluzione politica" dell'Iran
un quotidiano "dell'altro mondo"

Testata: La Repubblica
Data: 30 gennaio 2006
Pagina: 14
Autore: Vincenzo Nigro
Titolo: «Isarele, un nuovo non ad Hamas - Sul nucleare andremo avanti un referendum su Israele»

Hamas continua ad tendere una mano a Israele, offrendo dialogo e pace, ricevendo in cambio solo rifiuti. E' questa la realtà capovolta raccontata da REPUBBLICA  ai suoi lettori. Lunedì 30 gennaio titola l'articolo di Fabio Scuto "Israele, un nuovo non ad Hamas". L'occhiello recita: "Un vertice di governo respinge ogni richiesta di dialogo con i vincitori del voto palestinese. Salta la visita di Abu Mazen a Gaza". In realtà, come spiega la stessa  cronaca di Scuto, Israele ha posto condizioni  per il dialogo: riconoscimento del suo diritto all'esistenza, rinuncia al terrorismo, rispetto degli impegni già sottoscritti dall'Anp. Sembra ragionevole, quale stato tratterebbe con chi vuole distruggerlo, ammazza i suoi cittadini e non rispetta impegni già presi ( subentrando ad al Fatah nella guida dell'Anp Hamas  ha ereditato gli impegni presi dalle istituzioni palestinesi)? Inoltre, Hamas non ha offerto a Israele nessun dialogo. Si è detta disponibile a una tregua temporanea, ma ha ribadito che intende distruggerla e che nessun compromesso è possibile. Il titolo di REPUBBLICA è dunque una pura e semplice contraffazione della realtà. Ecco il testo dell'articolo:

 GERUSALEMME - Israele non avvierà nessun dialogo con un governo palestinese guidato da Hamas se prima non si saranno realizzate tre condizioni fondamentali: il disarmo della milizia, la revoca dal manifesto integralista degli articoli che chiedono la distruzione di Israele e la riconferma della volontà di onorare tutti gli accordi finora conclusi dai palestinesi con lo Stato ebraico. E´ questo il risultato del vertice del governo israeliano guidato dal premier Ehud Olmert che si è tenuto ieri pomeriggio a Gerusalemme. Questa posizione è condivisa dalla maggior parte della comunità internazionale, ha affermato Olmert, e su questi punti «non c´è possibilità di compromessi».
Israele spera così di creare un fronte internazionale compatto a sostegno di questa linea per impedire un progressivo scivolamento, dell´Europa soprattutto, verso un dialogo con gli integralisti prima abbiano soddisfatto le condizioni imposte. Sul fronte palestinese sono invece ancora affidate ai telefoni le consultazioni per il nuovo governo, dopo la clamorosa vittoria elettorale degli integralisti. La missione del presidente Abu Mazen a Gaza - dove contava di incontrare i due leader di Hamas Ismail Hanyeh e Mahmud Zahar - è stata rinviata. Forse lo slittamento è dovuto all´incontro che il presidente palestinese avrà oggi pomeriggio con il cancelliere tedesco, che già ieri sera ha incontrato il premier israeliano Olmert. Angela Merkel ha condiviso la linea dura israeliana su Hamas. «Nessun incontro se non riconoscerà Israele», ha risposto indirettamente agli integralisti che avevano chiesto di incontrarla. E ha avuto parole chiare anche sull´Iran: «Se si procurerà armi nucleari, sarà una minaccia per tutto il mondo democratico».
Per far fronte alla grave crisi interna di Fatah Abu Mazen, al termine di un ennesimo vertice alla Muqata, ha fatto annunciare una prima «lista di epurati» dal Partito. Sono stati radiati 76 dirigenti, e fra loro molti nomi di spicco, colpevoli di aver partecipato come «indipendenti» alle elezioni contribuendo alla dispersione dei voti. E´ la prima risposta alle proteste, anche violente, della «base» per costringere Abu Mazen a sciogliere il Comitato Centrale del Partito e andare presto a un congresso che nomini una nuova leadership.
Sale però anche la tensione con Hamas e all´orizzonte di profila un braccio di ferro, che potrebbe sfociare anche in uno scontro armato. A mettere il dito nella piaga è stato il comandante delle forze di sicurezza, il generale Ala Husni. Allarmato alle dichiarazioni rilasciate a Damasco dal leader di Hamas, Meshaal (sull´opportunità di dar vita ad un esercito nazionale palestinese, in cui confluiscano i miliziani delle varie fazioni) Husni ha precisato che i suoi uomini restano inderogabilmente sottoposti al comando del Presidente, e non del futuro primo ministro.
Subito è arrivata la reazione di Hamas. Il generale Husni è solo un funzionario pubblico e i rapporti futuri al vertice dell´Anp e il controllo dei servizi di sicurezza (circa 60 mila uomini) dovranno essere concordati a livello politico. Secondo Hamas poi, nelle caserme dell´Anp c´è un gran «via-vai» di camion carichi di fucili diretti verso i magazzini di Fatah. Una notizia che se confermata non può che prospettare uno scenario drammatico: significherebbe che Fatah si sta preparando anche a un possibile confronto armato con Hamas.

A pagina 15, affianca degnamente l'articolo sull'intransigenza israeliana nei confronti della dialogante Hamas un'intervista di Vencenzo Nigro al ministro degli Esteri iraniani Manoucher Mottaki, che, senza contraddittorio, può ribadire le enormità care al regime che rappresenta: l'illegittimità di Israele, lo sfruttamento della Shoah per "giustificare" il sionismo, la natutra pacifica del programma nucleare degli ayatollah. Anche in questo caso la titolazione è scorrettissima: "Sul nucleare andremo avanti un referendum su Israele", "il regime sionista è illegale ma vogliamo una soluzione politica", "Non si può cancellare nulla dalle mappe . Ma quella è la terra di musulmani, ebrei  e cristiani: ci vuole una soluzione politica". In realtà la "soluzione politica" evocata da mottaki è quella da sempre proposta dal regime: far votare gli arabi, compresi i profughi palestinesi e i loro discendenti, e gli ebrei, esclusi quelli giunti in Israele dopo il 1948. Avendo  dunque la certezza matematica della vittoria del "no" all'esistenza di Israele. Un'ipotesi di soluzione assurda, che ha una funzione esclusivamente propagandistica. Alla propaganda, Mottaki trova poi il modo di aggiungere minacce al nostro paese. E' inaccettabile per Teheran che cittadini italiani siano scesi in piazza in difesa di Israele. Ecco il etsto dell'intervista:

TEHERAN - «Abbiamo bisogno di tempo, la proposta di Mosca di arricchire l´uranio all´estero può essere una soluzione, ma la stiamo studiando: il 16 febbraio ci sarà un altro incontro con i russi. Le parole di Ahmadinejad sul regime sionista (Israele, ndr)? Il presidente indica una via politica per risolvere la questione di un regime che per noi è illegale: un referendum». Il ministro degli Esteri iraniano Manoucher Mottaki in questa intervista discute innanzitutto del nucleare, ma anche della questione israeliana, provando a moderare - senza smentirle - le parole del capo del suo governo. «Noi abbiamo rispettato tutte le norme del trattato di non proliferazione nucleare», dice Mottaki, ex ambasciatore, deputato e poi vice ministro nel governo Rafsanjani: «Se però l´America riuscirà a forzare la mano, a trasferire il caso davanti al Consiglio di sicurezza noi allora ci sentiremo liberi di riprendere non solo la ricerca, ma anche l´arricchimento vero e proprio dell´uranio».
Ministro, per anni avete tenuto segreto il programma nucleare. Adesso dite che tutto è legale, ma molti sospettano di voi.
«Le nostre attività nucleari sono legali: sono previste dal Trattato di non proliferazione che abbiamo firmato e rispettiamo. La verità è un´altra: l´Occidente non vuole il progresso tecnologico dell´Iran. Ci dice: voi avete il petrolio e il gas, non avete bisogno del nucleare. E allora noi abbiamo chiesto agli europei: perché già oggi il 25 per cento della vostra energia arriva dal nucleare? Ma perché i combustibili fossili si esauriranno! Nei nostri piani non c´è l´atomica, nelle nostre credenze religiose e nella dottrina di difesa iraniana non c´è posto per questi armamenti».
Ma allora perché per anni avete tenuto il progetto - civile o militare che sia - super segreto?
«La verità è che l´Occidente vuole imporre un apartheid tecnologico, creare due categorie di Paesi, quelli che possono e quelli che non devono. Il Tnp ci dà il diritto a questa tecnologia, e noi siamo pronti a offrire tutte le garanzie, a permettere tutte le ispezioni. Chi è davvero neutrale riconoscerà che il nostro diritto può essere esercitato».
Pochi giorni fa sembrava che la proposta russa di arricchire l´uranio all´estero potesse essere per voi la soluzione, adesso siete tornati a frenare. Perché?
«L´idea è una proposta seria, che va costruita in maniera completa. Siamo all´inizio, ci mancano molti dettagli, il 16 febbraio ci sarà una nuova riunione con il governo russo».
Come fate a trascurare che dietro tutto questo c´è la paura che comunque vogliate avere la bomba atomica, gestita da un regime considerato inaffidabile?
«Cos´è un regime inaffidabile, chi lo decide? Il mondo sta cambiando, l´Occidente e l´America devono capirlo. Guardi cosa sta succedendo agli Stati Uniti. Dopo il crollo dell´Urss si erano ritenuti l´unica super potenza. Ma tutto cambia: per esempio solo in America Latina in pochi mesi uno dopo l´altro stanno salendo al potere governi che hanno come caratteristica comune l´antagonismo all´egemonia americana. Argentina, Brasile, Cuba, Venezuela, Bolivia. Sa cosa ha fatto il sindaco di Città del Messico che è candidato alle elezioni presidenziali? Ha scritto al presidente Ahmadinejad per chiedergli come fa il sindaco di una capitale a diventare presidente».
Il nucleare si intreccia con Israele. Il vostro presidente ha parlato di «cancellare dalla mappa» Israele, e con l´arma nucleare sarebbe molto più facile.
«Quello che è stato espresso dal presidente si è trasformato in una campagna propagandistica contro di noi. In Iran anche un bambino sa benissimo che non si può cancellare nulla dalla carta geografica. Il dottor Ahmadinejad propone una soluzione politica per la questione palestinese: la Palestina è la terra degli ebrei, dei musulmani e dei cristiani, crediamo che con il voto, con un referendum si possa risolvere la questione di quella terra. Il nostro sforzo è contro una situazione per noi illegale».
Proprio su Israele i rapporti tra Italia e Iran hanno rischiato di saltare: quando il ministro Fini aveva annunciato di voler partecipare alla manifestazione di Roma, lei aveva dato ordine al suo ambasciatore di rientrare a Teheran. Poi i ministri italiani hanno rinunciato a partecipare di persona alla fiaccolata.
«Ricordo che 35 anni fa avevo fatto l´esame al consolato per venire a studiare in Italia: forse non avevo un buon maestro d´italiano, non ce l´ho fatta. Da allora Italia e Iran hanno rafforzato le loro relazioni, soprattutto quelle economiche ma anche politiche. L´Italia ha sempre ascoltato le nostre parole, noi abbiamo ascoltato i vostri pareri. Non sempre pensiamo le stesse cose e ce lo diciamo chiaramente. Ma adesso alcune posizioni illogiche, affrettate sono state per noi una vera sorpresa. Il blocco dei beni iraniani in Italia è stato un atto che va contro chi qui a Teheran continua a lavorare per la reciproca comprensione. Temo che andando avanti così l´Italia perderà la fiducia dei suoi partner».
L´Italia non ha fatto altro che protestare per le minacce ad Israele del presidente Ahmadinejad.
«Noi siamo sorpresi dall´intolleranza nei confronti delle domande poste dal presidente. Se gli occidentali ammettono di aver commesso l´olocausto perché a pagare il prezzo politico deve essere il mondo musulmano? Per una domanda politica ci vuole una risposta politica. Oggi in Europa c´è una gara per offendere l´Islam, c´è una cultura islamofobica. Dietro il pretesto di battere il nazismo si sentono i passi del fascismo. Qui al ministero degli Esteri i miei colleghi stanno rivedendo le relazioni tra Italia e Iran. Dopo questo lavoro ne discuterò con gli alti responsabili del paese. Siamo interessati a parlare con gli italiani, se vogliono discutere o vogliono avere spiegazioni. I rapporti bilaterali sono importanti, vanno salvaguardati: 35 anni fa non sono riuscito a superare quell´esame al vostro consolato, ma amo ancora l´Italia e voglio capire». Queste sono le parole del capo della diplomazia di Teheran.

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