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Libero Rassegna Stampa
27.01.2006 Hamas: l'erede di Arafat
ma senza la sua ipocrisia

Testata: Libero
Data: 27 gennaio 2006
Pagina: 1
Autore: Angelo Pezzana
Titolo: «Ha vinto Hamas La pce ostaggio dei terroristi»

LIBERO  di venerdì 27 gennaio 2006 pubblica in prima pagina e a pagina 8 l'analisi di Angelo Pezzana sulla vittoria elettorale di Hamas. Ecco il testo:

 L’altro ieri, ventiquattrore prima che si aprissero i seggi elettorali, questo giornale titolava

 “ Comunque vada, per Hamas sarà un successo”. Siamo stati facili profeti. Come si poteva onestamente immaginare una vittoria del partito di Yasser Arafat, quel Fatah che non ha dato ai palestinesi altro che sconfitte politiche e corruzione ? E quando diciamo corruzione non dobbiamo pensare a qualche bustarella o a degli scandali isolati, magari così fosse. Tra i palestinesi si è formato un segmento di popolazione che in qualche decennio ha accumulato ricchezze enormi, denaro in gran parte arrivato dagli aiuti internazionali,italiani compresi, che avrebbe avuto invece il compito, se fosse andato a buon fine, di sollevarne l’economia. Se Hamas ha vinto le elezioni è certamente responsabile la classe dirigente formatasi alla scuola dell’OLP, dove la politica era una come forma di arricchimento personale e il partito (Fatah) uno strumento di controllo sociale. Per questo i palestinesi non ne potevano più delle condizioni nelle quali erano obbligati a vivere. Quelli di Hamas sono terroristi, questo lo sanno tutti, palestinesi compresi, ma il loro cavallo di battaglia elettorale è stata lotta alla corruzione, una bandiera che ha saputo conquistare la maggioranza dei voti. Di questo risultato dobbiamo ringraziare più di ogni altro quella parte del mondo occidentale che, in questi decenni di ottusa cecità ideologica, non ha fatto altro che innalzare a simbolo della libertà di un popolo Yasser Arafat, uno dei maestri mondiali della corruzione. Non che fosse particolarmente abile a nascondere le sue ruberie, era da anni nella classifica degli uomini più ricchi del mondo, ma ai nostri feroci critici di Israele andava bene l’icona del santo poverello, che dormiva su una branda con i suoi soldati, era Mr Palestina che era andato sposo alla sua patria. E così veniva brandito per dare in testa a Israele, il v ero obiettivo. Presentandolo in questo modo hanno lavato con cura i cervelli occidentali, avvolgendoli in una ovatta di retorica e propaganda. Adesso sono tutti preoccupati per quello che succederà domani. Ma cosa volete mai che succeda che non fosse ampiamente previsto, quell’Arafat nel quale avete sempre visto l’alfiere della pace, perchè così ce l’avete sempre propinato, ha lasciato come eredità vera e tangibile Hamas, che dal satrapo iraniano Hamadinejad non differisce molto. Non riconosce l’esistenza di Israele, ne vuole distruggere lo Stato, e l’unica politica che finora ha conosciuto è quella delle stragi. Con una differenza rispetto ad Arafat. Non ha mai preteso di andare a Camp David, non ha finto di cercare ipocritamente la pace a Oslo, come faceva furbescamente Arafat, la cui specialità erano i due forni di andreottiana memoria. Da un lato belle parole in inglese quando parlava agli occidentali, instupidendone una buona parte, dall’altro lo stesso tono di Hamas quando si rivolgeva al mondo arabo-palestinese, chiamando tutti a raccolta per distruggere “l’entità sionista”. Oggi, paradossalmente, pur avendone sconfitto il partito, Hamas ha la possibilità di mettere  in essere la politica del rais defunto. Entrare in parlamento, accettarne le regole e quindi esigere di essere riconosciuto da Israele,Usa e Unione europea come una normale forza politica. E dall’altra continuare con la linea finora seguita, attentati e stragi di israeliani, crescita esponenziale del fondamentalismo islamico (l’immagine dello sceicco Yassin sventolata in campagnia elettorale ne è il più chiaro esempio), legami internazionali con gli stati canaglia. Abu Mazen, Abu Ala e tutta la leadership che ha guidato l’ANP dalla morte di Arafat in poi sono stati dei generali che si erano illusi di avere dietro di sè un esercito, certamente loro non si saranno macchiati di corruzione, ma il sistema era troppo marcio per essere soltanto riformato. La risposta a tutto questo è stata Hamas. Non è facile prevedere gli sviluppi, ma una cosa è certa. Hamas non può assolutamente illudersi che Israele, Usa e Unione Europea trattino con una organizzazione criminale. E’ già successo nel 1933 quando Hitler salì al potere e le democrazie europee si illusero che le sue parole sarebbero bastate a garantirne la credibilità. Peccato mentisse, ma i pacifisti a tutti i costi lo scoprirono dopo, quando purtroppo era troppo tardi. Hamas non può combattere Israele da un lato e cercarne la collaborazione dall’altro. Scriviamo queste parole dando per scontato che uno Stato palestinese sia nei programmi di Hamas, ma sinceramente non siamo affatto sicuri. La stupidità, l’idiozia che caratterizza tutti i fanatici ha convinto questi criminali mascherati che la “forza” ha spinto Israele fuori dal Libano e dalla striscia di Gaza. E’ quindi probabile che usino lo stesso metro nel progettare le prossime mosse, dopo aver vinto la scommessa delle urne elettorali. Ma è anche possibile, non diciamo probabile per scaramanzia, che una componente meno irresponsabile, avendo capito che l’uso della forza può consentire al potere appena conquistato di mettere ordine nel caos che contraddistingue l’autonomia palestinese, acquisti visibilità nel nuovo parlamento e infranga l’immagine tutta d’un pezzo che Hamas ha avuto finora. In pratica quello che non è riuscito a fare  Abu Mazen. L’ipotesi appare fantascientifica, ma noi sappiamo che quello che appare impossibile oggi può essere realistico domani. Certo, se non avverrà, le prospettive saranno terribili.  Israele, che non ha mai avuto un vero interlocutore per arrivare alla pace, se ne troverà davanti uno che sa solo fare la guerra. A quel punto l’Occidente dovrà fare una scelta per portare, magari con la forza, la democrazia in una terra che ha solo conosciuto il volto oscurantista dell’Islam. Ancora una volta Israele dovrà fare scelte unilaterali per arrivare a dei confini difendibili che la separino dallo Stato di Hamas. Che i cantori di Arafat non ci vengano adesso a dire che la colpa è nuovamente di Israele. E’ vero che ci hanno abituato a tutte le piroette immaginabili, ma questo, oggi, sarebbe troppo.

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