Dal sito Agezia Radicale , supplemento di Quaderni Radicali, riportiamo un'analisi di Elena Lattes:
In questi ultimi mesi, se ci pensiamo bene, forti movimenti tellurici hanno scosso la leadership israeliana e, considerando anche la sua situazione geopolitica, possiamo tranquillamente affermare che se l'unica democrazia del Medio Oriente non fosse ben consolidata, avrebbe potuto implodere o cedere a forme risolutive ben più facili, con decreti di emergenza, colpi di Stato, ecc.
Ma andiamo per ordine e cerchiamo di ricapitolare gli eventi più importanti che hanno scosso il Paese senza causare gravi danni, ma che anzi lo hanno rafforzato.
Il 2005 inizia con un nuovo governo formatosi nei primi giorni di gennaio, in seguito alla fuoriuscita di Shinui che aveva votato contro l'approvazione del bilancio. Un governo di unità nazionale, dove il maggior partito di destra, il Likud si allea con il maggiore della sinistra, i laburisti di Avodà, a cui se ne aggiunge uno religioso.
Dopo aver sconfitto il terrorismo che da 5 anni oltre ad uccidere e ferire il maggior numero possibile di inermi cittadini, minava al sistema nervoso della popolazione, questa nuova coalizione approva la decisione già maturata di lasciare Gaza, portando via con le buone o le cattive migliaia di persone che lì si erano stabilite, costruendo case, scuole, strutture ed impianti industriali ed agricoli senza avere nulla in cambio dalla controparte palestinese. (A proposito, si è mai vista al mondo una storia simile? Un Paese, cioè, che, dopo aver conquistato dei territori in seguito ad una guerra non voluta, li restituisce ai vicini che, nonostante eternamente perdenti, continuano ad avanzare violentemente pretese?).
Come se tutto questo non bastasse al disimpegno da Gaza segue la rivolta interna al Likud che si divide e porta alcuni membri a votare contro le decisioni del governo. Sharon, però, non si fa intimidire ed è lui ad abbandonare il suo partito, nel quale figura tra i fondatori, per crearne dal nulla un altro in cui confluiscono esponenti sia di destra che di sinistra. La nuova formazione non è ancora consolidata, non ha cioè né una sede, né una piattaforma elettorale ben precisa che il suo fondatore, nonché attuale premier, subisce tre ictus che lo portano fuori dalla vita attiva, almeno allo stato attuale delle cose.
Nonostante tutto questo, dicevamo, il Paese va avanti, il vice primo ministro si assume le responsabilità del caso, fra circa dieci giorni i palestinesi avranno le loro elezioni ed Israele a poco meno di due mesi dalle sue di votazioni, dovrà continuare gli sforzi per cercare di combattere il terrorismo non sapendo ancora cosa dovrà fronteggiare dopo i risultati di fine mese. Il rischio infatti è che Hamas, un’organizzazione terroristica che nemmeno in campagna elettorale ha rinunciato, seppur più velatamente, ai proclami per la distruzione dell’”entità sionista”, possa vincere e scalzare la dirigenza di Al Fatah.
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