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La Stampa Rassegna Stampa
21.01.2006 Tra criminali si va d'accordo
Assad e Ahmadinejad alleati contro Israele

Testata: La Stampa
Data: 21 gennaio 2006
Pagina: 11
Autore: Lorenzo Trombetta
Titolo: «Assad con Ahmadinejad, un'allenaza contro Israele»

Anche se il desk esteri della STAMPA lo definisce "controverso leader", noi preferiamo chiamarlo dittatore e criminale. Non vediamo quale qualifica si debba attribuire a chi minaccia di distruggere la vita di milioni di persone. Era un "controverso leader" Hitler ? Lo era Stalin ? L'articolo è interessante, ma sulla definizione di Ahmadinejad invitiamo i nostri lettori a scrivere alla STAMPA per protestare contro le riduttiva e inaccettabile definizione.

Ecco l'articolo di Lorenzo Trombetta:

DAMASCO
L’Iran può contare ancora su molti alleati in Medioriente e non è affatto isolato. Questo il messaggio lanciato ieri dal presidente iraniano Ahmadinejad in visita per due giorni nella capitale siriana Damasco. «Assieme alla Siria ci troviamo a fronteggiare le stesse minacce americane e della comunità internazionale: dobbiamo rafforzare il fronte comune della resistenza». Nel suo primo viaggio nella regione da quando si è insediato ai vertici della repubblica islamica, Ahmadinejad ha così voluto ricordare a Stati Uniti, Europa, ma soprattutto al «nemico sionista» che il suo potere gode di molti alleati attivi sia all’interno di Israele sia attorno alle sue frontiere.
A Damasco il presidente iraniano ha infatti incontrato i rappresentanti locali delle fazioni palestinesi più estreme, Hamas e Jihad islamica, ma anche il leader del partito sciita libanese Hezbollah oltre al capo storico del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina-Comando Generale (Fplp-Cg) Ahmad Jibril. Tutte formazioni tradizionalmente protette dal governo siriano e utilizzate da Damasco e da Teheran contro Israele. Lo stesso attentato di giovedì scorso a Tel Aviv era stato rivendicato dalla Jihad Islamica con le autorità ebraiche che avevano immediatamente accusato i vertici siro-iraniani di esser i mandanti .
La replica di Ahmadinejad e del suo omologo siriano Bashar al-Assad non si è fatta aspettare. Nello scenario interno palestinese, il sostegno di Teheran all’azione politica e militare di Hamas e di Jihad islamica serve a rafforzare il fronte anti-Abu Mazen e a mantenere vivo lo scontro con Tel Aviv. «La resistenza è l’unico mezzo per veder riconoscere i diritti legittimi del popolo palestinese» ha spiegato Ahmadinejad, mentre al-Assad confermava il sostegno di Damasco all’opzione militare delle fazioni anche «per assicurare il diritto a tutti i profughi palestinesi di poter tornare alle loro terre».
Sul fronte iracheno, Siria e Iran si sono mostrate meno dirette nell’accusare la politica di Washington confermando «le proprie priorità nazionali» nel vedere quanto prima un «Iraq unito e libero dalle forze d’occupazione straniere». Per il presidente iraniano «la mancanza di sicurezza e stabilità nel paese è spesso un pretesto per continuare l’occupazione», ed entrambi i leader hanno in questo caso sapientemente evitato di fare riferimento alla presenza americana in Iraq, limitandosi a chiedere che «venga presto resa nota la data in cui s’inizierà a ritirare le truppe straniere».
È invece sullo scenario libanese, assai più prossimo ad Israele, che l’alleanza strategica siro-iraniana torna a mostrare i muscoli: «sosteniamo la resistenza armata in Libano» hanno detto Ahmadinejad e Al-Assad strizzando l’occhio alle milizie armate del Partito di Dio, un’altra spina nel fianco settentrionale dello Stato ebraico. I due leader hanno avvertito «le potenze straniere ad evitare ogni ingerenza» nel paese dei Cedri mentre a Beirut ancora risuonano gli slogan antiamericani lanciati dalle migliaia di attivisti Hezbollah gridati martedì scorso di fronte all’ambasciata Usa della capitale.
Damasco ha poi chiaramente offerto il pieno appoggio al suo alleato sulla controversa questione dello sviluppo dell’arsenale nucleare iraniano. Per Bashar al-Assad «l’Iran ha diritto come ogni altro paese al mondo di assicurarsi il possesso di tecnologia nucleare ad uso pacifico» e per il raìs siriano la vera minaccia è invece Israele «l’unico paese nella regione a disporre di un armi di distruzione di massa». Da tempo la proposta del leader di Damasco è quella di «liberare il Medioriente dagli arsenali atomici» ma la sua assomiglia sempre più alla richiesta di chi non ha armi e teme alleati e nemici più pericolosi. Se infatti per l’Iran l’alleanza con la Siria serve a mostrare la propria forza regionale, per Damasco accogliere l’abbraccio di Teheran assomiglia sempre più ad una necessità per uscire dall’isolamento.
Lo spettro delle sanzioni ha indotto l'Iran ad avviare il trasferimento dei suoi fondi esteri, in vista di un eventuale inasprimento del contenzioso nucleare con l'Occidente, mentre la Cina e la Russia tentano di rilanciare i negoziati e gli Usa tornano a denunciare Teheran come «una minaccia per la pace». «Trasferiamo riserve estere in altri posti come espediente, lo stiamo già facendo», ha detto il governatore della banca centrale Sheibani, senza tuttavia specificare se i conti avrebbero preso la via di qualche altro Paese asiatico. Una fonte anonima iraniana ha confermato che Teheran «ha cominciato a ritirare denaro da banche europee per trasferirle all'estero».

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