Il terrorismo palestinese cancellato dalle cronache come dalle analisi sul quotidiano napoletano
Testata: Il Mattino Data: 20 gennaio 2006 Pagina: 3 Autore: Michele Giorgio Titolo: «Tel Aviv, kamikaze in azione al ristorante»
Un’invisibile richiamo in un boxino striminzito in prima pagina e l’articolo a pag. 3 relegato sul fondo. Questa la visibilità che Il Mattino dà all’ennesimo atto stragista del terrorismo palestinese in Israele. Del resto, se nella cronaca e nelle analisi che il quotidiano dedica a Israele il terrorismo è un fattore assente, perché meravigliarsi di così poca attenzione? Ecco l'articolo, di Michele Giorgio:
Una trentina di israeliani sono stati feriti ieri da un attentatore suicida palestinese che si è fatto saltare in un piccolo ristorante della ex stazione centrale degli autobus di Tel Aviv. L’attentato rivendicato dalla Jihad islamica, l’organizzazione che ha firmato quasi tutti gli attacchi suicidi compiuti in Israele nell’ultimo anno, non ha provocato una strage solo per un miracolo. La bomba, sebbene di piccola potenza, conteneva bulloni e avrebbe potuto avere effetti ancora più letali. A morire è stato solo il kamikaze palestinese, Sami Antar, 22 anni, giunto dal campo profughi di Balata, vicino Nablus (Cisgiordania). Il primo attentato in Israele del 2006 è peraltro coinciso con un allarme-rosso scattato all’aeroporto internazionale «Ben Gurion» di Tel Aviv dopo che un’aereo della compania di bandiera israeliana «El Al» ha perso il contatto radio con la torre di controllo facendo temere un dirottamento. Il velivolo è stato subito raggiunto da due caccia militari che lo hanno scortato fino all’atterraggio. I reparti speciali saliti a bordo hanno verificato che il silenzio-radio era stato dovuto solo a un problema tecnico. In ogni caso si sono vissute ore di forte tensione e il traffico aereo in arrivo a Tel Aviv è stato dirottato verso la Giordania e Cipro con disagi forti per i viaggiatori. L'ultimo attentato-kamikaze era avvenuto lo scorso 5 dicembre nei pressi di un centro commerciale di Netanya, una cittadina a 40 chilometri a nord di Tel Aviv, ed aveva causato la morte di 5 civili. Anche in quel caso l’attentatore apparteneva alla Jihad islamica. Ieri, dopo diversi giorni di pioggia e freddo, era finalmente riapparso il sole su Tel Aviv e molti abitanti ne avevano approfittato per fare delle passeggiate sul lungomare e il tradizionale shopping in vista dello shabat, il giorno di riposo ebraico. La Jihad Islamica ha rivendicato la responsabilità l'anno scorso di diversi attentati nonostante la tregua informale raggiunta dai gruppi armati palestinesi con Israele. Attacchi in qualche caso compiuti in collaborazione con altre organizzazioni armate. A differenza di Hamas, la Jihad non si presenta alle elezioni politiche palestinesi di mercoledi prossimo e ha anche lanciato un appello a boicottarle. All'inizio dell'anno inoltre i movimenti armati palestinesi hanno annunciato di non sentirsi più legati dall'accordo di tregua concordato con il presidente Abu Mazen. L'Autorità nazionale palestinese ha condannato duramente l'attentato di Tel Aviv. «Mira a sabotare le elezioni, i colpevoli devono essere puniti, vogliono colpire gli sforzi del nostro governo di garantire la legge e l'ordine (nei Territori palestinesi)», ha affermato il presidente Abu Mazen. Le sue parole tuttavia non bastano a Israele che vuole azioni concrete sul terreno e, soprattutto, il disarmo dei gruppi armati dell’Intifada, in particolare Hamas e Jihad. «Quest'attacco brutale dimostra ancora una volta che l'Anp non riesce a rispettare i suoi obblighi, permettendo a queste organizzazioni terroristiche di costituire una minaccia», ha dichiarato il portavoce del governo Gideon Meir. L’attentato a Tel Aviv è avvenuto in un momento di delicata transizione politica in Israele dove il premier ad interim Ehud Olmert da quindici giorni ha preso le redini dell’esecutivo in sostituzione del primo ministro Ariel Sharon colpito da un grave ictus e da allora in stato di coma in ospedale. Non pochi si aspettano una decisa reazione militare di Israele anche perchè Olmert ha bisogno di dare uin segnale di fermezza all’opinione pubblica ora che al potere non c’è più Sharon, ovvero «Mr Sicurezza».
L’ironia su “Mr Sicuerzza” Giorgio poteva risparmiarsela, anche perché Israele ha fatto sapere che la risposta sarà molto misurata vista la scedenza elettorale palestinese. Ma Giorgio, si sa, un po’ di propaganda deve pur sempre infilarcela.