Dal Corriere della Sera di venerdì 20 gennaio 2006 una cronaca sull'attentato suicida a Tel Aviv.
GERUSALEMME — L'ha tradito, forse, l'emozione di quel paradiso dei martiri ormai così vicino. Per fortuna. Un errore, una mossa sbagliata sulla cintura esplosiva con le mani tremanti per la tensione e Samir Antar, 20 anni, non è riuscito a uccidere che se stesso, ieri pomeriggio a Tel Aviv, nel primo attentato terroristico del 2006 in Israele. Venti persone sono rimaste ferite, una gravemente, ma nessun altro è morto nell'esplosione, probabilmente anticipata, che ha sconquassato la rivendita di sandwich attigua alla vecchia stazione degli autobus, nel sud della città.
Il kamikaze non è riuscito a farsi saltare tra gli avventori, anche se era già entrato nel locale fingendosi un venditore ambulante di rasoi usa e getta. Si è diretto verso il bagno e lì, per ragioni che si porterà nella tomba, ha fatto scattare il detonatore. Alcuni testimoni avevano notato il ragazzo qualche minuto prima, zainetto sulle spalle, aggirarsi come se fosse cieco dalle parti del chiosco.
L'attacco è stato rivendicato dalla Jihad Islamica, che non si è mai allineata alla tregua sottoscritta un anno fa da Hamas e dalle Brigate Al Aqsa, delle quali Samir Antar risulta essere stato un militante, nel campo profughi di Balata, vicino a Nablus.
Le forze di sicurezza israeliane non avevano alzato il normale livello di guardia, anche se sapevano che la Jihad progettava nuovi attentati:
Andrebbe precisato che Israele ha sventato in questi mesi molti altri attentati suicidi, arrestando o eliminando terroristi del Jihad. E che "alzare il livello di guardia" può voler dire introdurre quelle restrizioni ai movimenti dei palestinesi e al loro ingresso in Israele che la comunità internazionale è di regola pronta a criticare aspramente.
«E' la risposta agli omicidi mirati degli israeliani e alle uccisioni di palestinesi innocenti», ha commentato da Gaza il capo locale della Jihad, Khaled al-Batsh. Ma uno dei funzionari dell'ufficio del premier, David Baker, chiama in causa l'Anp: «Questa è la conseguenza diretta del suo rifiuto di prevenire azioni terroristiche contro Israele». Il presidente palestinese Mahmoud Abbas si ribella all'accusa: «Questo attentato ha il solo scopo di sabotare le nostre elezioni parlamentari», ha dichiarato riferendosi al voto fissato per mercoledì.
Dal Centro di Studi Strategici «Begin-Sadat», che dirige all'Università Bar-Ilan di Tel Aviv, il professor Egraim Inbar è convinto invece che l'Autorità palestinese lasci fare i terroristi per evitare conflitti intestini: «Alla Jihad Islamica appartengono poche centinaia di persone. Con 50.000 uomini a disposizione, il governo palestinese potrebbe facilmente scovarli. Ma non vuole innescare una guerra civile. E Hamas non agisce solo per apparire un movimento responsabile in vista delle elezioni».
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