Nell'Anp è tregua elettorale tra Hamas e Al Fatah in vista delle elezioni, mentre sempre più debole appare al posizione di Abu Mazen. Da La Stampa di giovedì 19 gennaio 2006 la cronaca di Aldo Baquis
Non ci saranno miliziani armati né di al-Fatah né di Hamas in prossimità dei seggi elettorali quando fra una settimana i palestinesi si recheranno alle urne per eleggere il nuovo Consiglio legislativo, ossia il parlamento di Ramallah. Un accordo in merito è stato annunciato ieri a Gaza in un conferenza congiunta tenuta da Samir Mashrawi (al Fatah) e Said Siam (Hamas). Le due principali forze politiche palestinesi si sono solennemente impegnate a rispettare l'esito del voto, qualunque esso sia. Non ci saranno, il 25 gennaio, esposizioni pubbliche di armi da parte dei loro miliziani. La protezione dei seggi sarà di competenza dei servizi di sicurezza palestinesi, con l’«assistenza» delle milizie politiche.
Hamas, ha garantito Siam, un dirigente dell’ufficio politico di Hamas, è interessato al regolare svolgimento delle elezioni (in cui sembra lanciato a un notevole successo) e non si sente affatto vincolato dalla «fatwa» (editto religioso) dello sceicco di Khan Yunes (Gaza) secondo cui la partecipazione al voto «è sacrilega» e va impedita nel nome dell'Islam. «Quello sceicco parlava a titolo personale», ha spiegato.
La partecipazione alle elezioni da parte di Hamas (che dispone di un'agguerita e ben armata milizia, Ezzedin al-Qassam) allarma non poco il governo israeliano, che non vi vede affatto un rafforzamento della democrazia palestinese. «E' stato un grave errore consentire a una organizzazione terroristica come Hamas di partecipare alle elezioni» ha osservato ieri il nuovo ministro degli Esteri di Israele, Tzipi Livni.
Nella sua campagna elettorale Hamas non ha apertamente insistito sulla necessità di cancellare lo Stato di Israele, ma ha detto a chiare lettere che non appena entrerà in parlamento (ed eventualmente, al governo) farà tutto il possibile per eliminare ogni traccia residua degli accordi di Oslo del 1993 fra Israele e Olp. «Non ci sarà da parte nostra alcun riconoscimento dello Stato di Israele» ha chiarito a più riprese Mahmud a-Zahar, esponente di spicco a Gaza. Né il braccio armato di Hamas sarà smantellato dopo le elezioni, hanno garantito i suoi dirigenti. Al contrario: sarà aperto a quegli agenti delle forze di sicurezza palestinesi «leali e patriottici», pronti a perseverare nella lotta armata a oltranza.
Ieri il presidente palestinese Abu Mazen ha ammesso che questi sviluppi rischiano di metterlo in una situazione complessa. In un incontro con la stampa si è felicitato di una apertura del premier israeliano Ehud Olmert e ha detto: «Sono pronto a sedermi a un tavolo di negoziati con lui, immediatamente dopo le elezioni politiche israeliane» del 28 marzo.
«Io credo negli accordi di Oslo, voglio vedere la loro realizzazione» ha insistito. E se il nuovo parlamento palestinese, e magari il nuovo governo dell'Anp, scegliessero la direzione opposta? Abu Mazen ha lasciato intendere che una delle possibilità sarebbe quella di rassegnare le dimissioni. «Il mio obiettivo principale non è certo quello di stare ad oltranza in questo ufficio», ha detto ai suoi interlocutori.
Ieri il quotidiano israeliano Maariv ha scritto, basandosi anche su informazioni raccolte dai servizi di intelligence, che Abu Mazen è depresso, irascibile, nervoso. Che annulla di sorpesa gli impegni, che perfino nel suo entourage è considerato sorpassato. Che potrebbe essere un errore fare progetti di lungo termine basati su di lui.
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