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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
16.01.2006 L'anarchia dell'Anp, la madre orgogliosa dell'attentatore suicida candidata da Hamas, la ong italiana indagata per collusioni con il terrorismo
alcuni fatti sui quali è bene riflettere

Testata: Corriere della Sera
Data: 16 gennaio 2006
Pagina: 0
Autore: Lorenzo Cremonesi - Francesco Battistini - E. D.
Titolo: «Israele autorizza voto a Gerusalemme Est - A Gaza si candida mamma kamikaze - Collette per le famiglie degli attentatori suicidi»
Il corriere della Sera di lunedì 16 gennaio 2005 pubblica a pagina 13 un articolo di Lorenzo Cremonesi che riportiamo. Particolarmente interessante il paragrafo finale, intitolato "Attivista":

RAMALLAH - Un grande manifesto elettorale accoglie chi entra a Ramallah dai quartieri residenziali a Nord della città. E' firmato Hamas e riporta la gigantografia di Yechia Ayash, noto come «Al Moandes», lo studente di ingegneria poco più che trentenne assassinato dagli israeliani a Gaza nel ’96 con l'accusa di aver confezionato cinture esplosive per i più gravi attentati quando ancora il processo di pace sembrava destinato al successo. «Vogliamo rinnovare la nostra promessa di continuare la guerra santa e la resistenza», è scritto a caratteri cubitali.
GERUSALEMME EST -E' il segno dei tempi in vista delle politiche palestinesi del 25 gennaio. Nonostante ieri il gabinetto israeliano sotto la guida del neopremier ad interim, Ehud Olmert abbia ratificato l’autorizzazione al voto palestinese a Gerusalemme Est, vietando, però, la campagna elettorale per i militanti di Hamas, il partito del radicalismo islamico appare vincente. Anzi, più Hamas si pone come vittima del veto israeliano, più accusa l'Autorità palestinese sotto la guida di Mahmoud Abbas di «collaborazionismo» e guadagna punti.
INTERVENTO - Ariel Sharon non è mai stato considerato un vero partner dai palestinesi. In serata il premier israeliano ha subito una tracheotomia che dovrebbe facilitare il distacco dal respiratore artificiale. Il suo coma resta profondo. In Cisgiordania e Gaza l'attenzione è ora volta a capire il fenomeno Hamas. Come può essere bloccato dalla dirigenza del Fatah?
SONDAGGIO - Secondo l'ultimo sondaggio diffuso dall'Università di Bir Zeit, Fatah resta in testa con il 35% delle preferenze. Hamas è a quota 30. Però molti tra le fila dei candidati indipendenti prendono le distanze dagli uomini dell'attuale Autorità palestinese. E il 21% degli elettori resta indeciso. Ma come mai questa che è considerata la roccaforte tradizionale del Fatah, la capitale laica della Cisgiordania aperta all'Occidente sceglie di votare i fondamentalisti islamici Hamas? «Non mi sono trasformato un un musulmano radicale. E neppure sostengono gli attentati suicidi. Ma sono stanco della corruzione», risponde Bilal Abdel Karim Ghannam, 19 anni, studente di ingegneria.
ATTIVISTA - Inglese perfetto, capelli corti, volto rasato, blue jeans, una grande passione per la musica occidentale, Bilal sembra anni luce dal mondo dei kamikaze e delle moschee dove si predica la guerra santa. «La mia famiglia ha sempre sostenuto l'Olp e Fatah - racconta -, mio padre era per Yasser Arafat e Abu Mazen. Ma dalla metà degli anni Novanta siamo stati via via delusi dalla corruzione e dall'ingiustizia diventata regola con l'amministrazione palestinese. La gente comune soffre sotto il tallone israeliano dell'occupazione. E loro si arricchiscono alle nostre spalle», dice guidando un Ford Transit coperto di bandiere verdi e manifesti elettorali. Per lui la scelta di militare tra i ranghi di Hamas è arrivata a fine novembre: «Mio zio Yussef Ghannem, proprietario di un negozio di telefoni cellulari qui nel centro, mi ha raccontato di aver subito ciò che sta diventando la regola per molti piccoli commercianti. Un ufficiale della polizia, Mohammad Azzam Khariut, alcuni mesi fa ha saccheggiato il suo negozio portando via 156 telefonini e altro materiale per un valore di 50.000 dollari. Quando è andato a denunciarlo è stato minacciato in questura. Non ha potuto fare assolutamente nulla. Mentre il ladro è stato promosso nei ranghi dei servizi di sicurezza».

E' facile immaginare che se una vicenda Di sopraffazione mafiosa da parte delle forze di sicurezza come quella qui raccontata fosse avvenuta in Israele  l'ufficiale sarebbe stato arrestato e la merce rubata sarebbe stata restituita al suo proprietario. Nei territori dell'anp, invece, l'arbitrio diventa legge, proprio ad opera di coloro che sarebbero incaricati di garantire la sicurezza e i diritti dei cittadini. Inquesto contesto, raramente descritto e ricordato dai media italiani, si determinano al crescita di Hamas e la difficoltà di raggiungere un accordo definitivo che ponga fine al conflitto. Da una parte infatti c'è uno stato efficiente e democratico, dall'alltro un'anarchia di gang, gruppi terroristici e istituzioni corrotte, per sua natura incapace di imporre l'ordine e di stipulare accordi credibili. e che, epr giunta, si trova nella costante necessità di nascondere le proprie manchevolezze  indirizzando verso un nemico esterno l'insofferenza popolare.

Un'altro articolo di Lorenzo Cremonesi che  merita di essere  segnalato è "A Gaza si candida "mamma kamikaze". Ecco il testo:
  

GAZA - «Vai figlio mio, dolce martire di Palestina. E uccidi più ebrei che puoi. Io sarò sempre con te. Vai figlio mio, ti benedico in nome di Allah». Inizia così il video elettorale di Mariam Farahat, candidata numero 22 nelle liste di Hamas. E' la mattina dell'8 marzo 2002, tra poche ore il figlio sedicenne Mohammad si lancerà da solo, armato di mitra e bombe a mano, contro la colonia ebraica di Azmona, una delle 25 smantellate nella striscia di Gaza l'estate scorsa. E ucciderà 6 persone, prima di essere a sua volta ucciso.
E' il primo dei tre giovani Farahat a morire come «shahid» (martire, secondo il vocabolario dell'estremismo islamico). Il 16 aprile 2003 è la volta del 25enne Nidal. Perde la vita maneggiando la bomba che stava preparando in vista di un attentato. Con lui erano due compagni delle Ezzedim Al Qassam (le cellule armate di Hamas). Uno dei tanti incidenti «di lavoro» per i gruppi della guerriglia. Il terzo è Rawad. Muore nel settembre 2005, forse colpito da un missile israeliano, mentre viaggia in un'auto nel quartiere di Zeitun, nel centro di Gaza. Stava trasportando esplosivo e componenti per la costruzione artigianale dei missili che i gruppi estremisti sparano su Israele. Un quarto figlio Wissam, 31 anni, è stato scarcerato poche settimane fa. Gli israeliani l'avevano imprigionato il 20 marzo 1995.
E Mariam è diventata la «madre coraggio» dei kamikaze islamici palestinesi. Nel 1992 aveva dato rifugio a Imad Akel, considerato qui uno degli eroi della prima Intifada. Venne ucciso dai soldati israeliani nel giardino di casa Farahat. La chiamano anche la «Kansah palestinese», a ricordare la figura mitica nel mondo arabo sunnita della madre che mandò cinque figli a morire contro l'esercito persiano invasore nel nono secolo dopo Cristo. Oggi è il volto oltranzista di Hamas, l'espressione forse più inquietante del terrorismo. Una donna bassa, infagottata nei lunghi vestiti neri, i capelli e una parte del viso sempre coperti.
Semplice nei modi e nelle parole. «Gli israeliani hanno rubato la nostra terra e noi dobbiamo combatterli con ogni mezzo», dice nel suo arabo elementare. Al momento si trova alla Mecca per il pellegrinaggio annuale. «Ma tornerà presto. I dirigenti di Hamas la vogliono per le ultime fasi della campagna elettorale», assicurano i giornalisti locali. Il suo nome divenne famoso tra i vicoli dei campi profughi di Gaza ai tempi del «sacrificio» del figlio più giovane. Si racconta che Mohammad avesse con sé un telefonino. E sia rimasto in contatto con lei par gran parte del suo blitz.
«Mamma, ne ho ucciso uno, ora vado avanti», le diceva lui. E lei: «Bravo mio shahid , sei la nostra luce».
Da allora Mariam è andata a trovare le madri e i parenti in lacrime dei kamikaze appena morti. E recita sempre la stessa predica: «Non vi preoccupate. Raggiungeranno i miei figli in paradiso. Sono in pace, sono tutti santi, sono morti per la Palestina».

La cronaca "Collette per famiglie degli attentatori suicidi, indagini in Italia" torna  invece sull'inchiesta circa la ong italiana sospettata di aver inviato fondi alle famiglie degli attentatori suicidi palestiensi. Ecco il testo: 

Aprite i salvadanai di Hamas. E' indagato anche a Genova, l'architetto palestinese Mohammad Hannoun. E la sua sua Abspp, l'Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese, è da mesi sotto controllo. I telefoni degli uffici di Bolzaneto e di Milano sono stati intercettati. Gli investigatori, ottenuta una grande quantità di documenti dall'Iscu, l'antiterrorismo israeliana, lavorano sull'ipotesi che l'Abspp e altre ong italiane abbiano dirottato sulle famiglie dei kamikaze i soldi raccolti in tutt'Italia dalle collette pro Palestina. Denaro versato su conti correnti, ricevuto con la zakah (l'elemosina musulmana), ma forse racimolato grazie anche a manifestazioni di partito. L'Abspp è il referente italiano di Hamas, ospite fissa di cortei a sostegno della causa palestinese: Forum di Rifondazione comunista a Pisa (18 marzo 2003), marcia contro il Muro dell'apartheid a Roma (8 novembre 2003, con un misterioso episodio di pestaggio dei suoi militanti), tavolini per la raccolta di fondi a diverse feste di Liberazione edeiComunisti
italiani...
In pochi se lo ricordano, Hannoun. «Io sono di Bolzaneto — dice don Andrea Gallo, il prete della solidarietà —, ma non l'ho mai sentito nominare. Ne voglio parlare con l'imam di Genova, questa cosa va chiarita». Tirato in ballo già un anno fa, l'architetto palestinese s'è sempre difeso dicendo che non c'è nulla di male nel finanziare Hamas. Ma la sua rete di rapporti con altre ong italiane ed europee, in particolare la chiacchierata Interpal di Londra, è tenuta sott'occhio: in un'intercettazione telefonica, si sente Hannoun parlare con un interlocutore «pronto a fare qualunque cosa» per aiutare il popolo palestinese. E nell'ottobre 2003, quando l'Abspp organizzò una colletta per pagare il biglietto a una psicologa di Nablus che gli israeliani non volevano far uscire dai Territori, assieme ai soldi arrivò anche qualche dubbio. Sul sito d'Indymedia, luogo dove di solito non abbondano i filoisraeliani, comparve un'email: scusate, cari compagni, ma «chi ci assicura che tutti o parte dei soldi contribuiti non vanno a finire nelle mani di Hamas per comprare cinture kamikaze e chiodi arrugginiti da metterci dentro?».


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