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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
14.01.2006 Sharon sempre più grave
e un ritratto di Tzipi Livnvi

Testata: Corriere della Sera
Data: 14 gennaio 2006
Pagina: 17
Autore: Elisabetta Rosaspina
Titolo: «Nuovi timori per Sharon-Arriva l'ora di Tzipi Livni»

Due servizi sul CORRIERE della SERA di oggi 14.1.2006 di Elisabetta Rosaspina. Il primo sulle condizioni di Sharon, il secondo un ritratto di Tzipi Livni.

Ecco il primo:

GERUSALEMME — L'87 per cento degli israeliani è ormai rassegnato alla scomparsa politica di Ariel Sharon, secondo l'ultima inchiesta pubblicata dal quotidiano Yediot Ahronoth.
Ma quando ieri mattina la radio ha diffuso le parole di un medico che definiva «spaventose» le condizioni cliniche del primo ministro ancora in carica al reparto rianimazione dell'Hadassah Hospital, la direzione sanitaria ha deciso di rompere il silenzio stampa con un bollettino straordinario: «Il suo stato di salute è immutato. La situazione continua a essere grave, ma stabile. Prossimo aggiornamento al termine dello shabat ».
Cioè stasera. Poche parole, insufficienti a smentire l'infausto pronostico radiofonico: «Con la sospensione degli anestetici, l'ora della verità si avvicina e, se non ci saranno presto segni di miglioramento, soltanto un miracolo potrà risvegliare Sharon dal suo coma profondo».
L'ufficio del capo del governo è ormai vuoto da dieci giorni e, nel frattempo, altre quattro poltrone sono state abbandonate attorno al tavolo del Consiglio dei ministri: ultimo, dei quattro esponenti del Likud, si è dimesso ieri il ministro degli Esteri, Silvan Shalom, che ha aperto così la strada alla nomina della pupilla di Sharon, Tzipi Livni, già titolare del dicastero della Giustizia e destinata a occuparsi delle questioni internazionali fino alle prossime elezioni politiche del 28 marzo. La nomina non è ufficiale: il premier ad interim,
Ehud Olmert, ha rinviato il rimpasto di governo all'inizio della prossima settimana. Questa sarà la sua prima mossa istituzionale, al posto di Sharon, mentre si prepara ad accogliere l'invito della Casa Bianca per un viaggio a Washington in febbraio dove discuterà con Bush e i suoi consiglieri sulle conseguenze del risultato delle elezioni palestinesi, fissate e confermate da Abu Mazen per il 25 gennaio, con le garanzie statunitensi per la collocazione delle urne anche a Gerusalemme est.
Oltre a quella dei vicini, il premier provvisorio deve tenere d'occhio pure la competizione elettorale israeliana, avviata in queste ore nonostante lo choc generale per il collasso che ha estromesso il favorito della corsa, Ariel Sharon. Olmert ha bocciato l'idea che fosse il fondatore, in coma, il numero uno della lista. Ma i sondaggi sul futuro del partito nato dalla crisi del Likud sono più confortanti delle prognosi mediche di Sharon: anche senza il suo leader, il nuovo schieramento centrista dovrebbe vincere oltre un terzo dei 120 seggi parlamentari, spodestando il Likud, ridotto nei pronostici ad appena 13 seggi, come partito di governo.

Ecco il secondo: 
GERUSALEMME — Di che pasta fosse fatta lo avevano capito in pochi fino a quando Tzipi ha tirato fuori le unghie con la sua omologa tedesca, Brigitte Zypries, ministro della Giustizia, che si era rifiutata di incontrarla nel suo ufficio di Salah al-Din street, in pieno quartiere arabo di Gerusalemme. «E' una questione di principio» aveva spiegato il cerimoniale da Berlino. «Anche per me — aveva risposto l'intransigente Tzipi —. E, se l'incontro non si potrà tenere a Gerusalemme est, non si terrà affatto». Eppure la prossima, probabile titolare degli Affari esteri, Tzipi Livni, passa per essere una delle più abili mediatrici della squadra allestita da Ariel Sharon in questi anni.
L'hanno soprannominata « Mrs. Clean », signora Pulizia, per la reputazione integerrima che si è guadagnata in sette anni di presenza in Parlamento. L'hanno temuta i rappresentanti legali dei coloni, impegnati in cinque ore di trattative serrate con la più fedele alleata di Sharon sul ritiro da Gaza. L'hanno guardata con sospetto i giornali arabi, che non dimenticano mai di citare i suoi quattro anni al servizio del Mossad, l'intelligence israeliana. Ma Tzipi Livni, più empatica di Condoleezza Rice e più bella di Golda Meir, sa che il suo momento è finalmente arrivato: gli israeliani cominciano a chiedersi se non sia proprio lei l'uomo giusto per traghettare il Paese tra gli scogli che lo separano dal dopo Sharon. Per cominciare, dalla settimana prossima, la 47enne avvocatessa di Tel Aviv, che mai — giura — aveva pensato alla politica, occuperà uno degli uffici più determinanti nella vita israeliana, quello che governa la politica estera. E' il posto che, quasi certamente, le avrebbe assegnato Sharon che sempre più spesso si affidava al parere della sua risoluta consigliera, passata con lui a Kadima: «E' una donna sincera, non è una doppiogiochista» le ha riconosciuto Lior Horev, stretto collaboratore del premier uscente. Ovviamente non tutti la amano e i critici cercano di colpirla nel suo punto debole: «Tzipi è una debuttante in politica, non ha esperienza sufficiente per un ruolo di governo». Eletta nel Likud nel 1999, quando era alla guida dell'autorità di controllo sulle imprese statali, Tzipi minimizza ambizioni ormai evidenti: «Ero un avvocato, non m'interessavo di politica. In casa, il politico era mio padre». Eitan Livni, uno dei comandanti dell'Irgun, l'organizzazione militare che si battè contro la Gran Bretagna, per la nascita dello Stato di Israele. Nato in Polonia e morto 15 anni fa, il padre di Tzipi era stato anche parlamentare del Likud e aveva alimentato in famiglia un appassionato nazionalismo. La sua erede è più pragmatica: è scesa in campo per opporsi agli accordi di Oslo, ma ora sostiene la necessità di ritirarsi dai territori per salvaguardare l'identità ebraica di Israele.

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