La Stampa di venerdì 13 gennaio 2006 riprende da The Daily Telegraph unarticolo dello storico militare britannico John Keegan sulla minaccia iraniana..
Ecco il testo:
Ho appoggiato la guerra in Iraq e, con alcune riserve, l’appoggio tuttora. Gli oppositori devono fare un bel po’ di autocritica, soprattutto ora che i particolari delle nefandezze di Saddam Hussein vengono svelati nel processo in corso a Baghdad. Una mente davvero machiavellica, tuttavia, lo userebbe per argomentare che l’Occidente ha sbagliato a fare di Saddam un nemico quando poteva essere un utile alleato. Certo, negli Anni 80, quando era impegnato in una guerra all’ultimo sangue con l’Iran, lo era. E’ quanto appare evidente oggi, con l’Iran che proditoriamente annuncia la ripresa del suo programma di armamento nucleare. Saddam diceva di avere armi di distruzione di massa, soprattutto per alimentare le proprie fantasie di potere. L’Iran sta diventando una potenza nucleare: nessuno, sullo scacchiere internazionale, ne dubita. E non vuole queste armi per ragioni psicologiche, ma per motivi pratici. Tra cui, come ha detto il suo nuovo presidente Mahmoud Ahmadinejad, ex guardia della Rivoluzione, «cancellare Israele dalla carta geografica». Gli estremisti islamici amano la retorica che gronda sangue. Tuttavia le minacce iraniane devono essere prese sul serio non solo dall’Occidente ma anche dai Paesi confinanti. Per fortuna c’è un po’ di tempo. Non hanno ancora un ordigno nucleare. Sono alla fase preliminare, al processo di arricchimento dell’uranio per creare il combustibile atomico. Ma, secondo gli esperti, entro tre anni l’Iran avrà una tecnologia nucleare, una prospettiva indesiderabile e terrificante.
Come fermare Teheran? L’attuale politica degli Usa e del gruppo G3, Gran Bretagna, Francia e Germania, è volta a portare il caso dell’Iran davanti al Consiglio di Sicurezza attraverso l’Aiea, l’agenzia dell’Onu responsabile del controllo sul trattato di non proliferazione. Ma né l’Aiea né il Consiglio di Sicurezza hanno il potere di obbligare al rispetto del Trattato. Questo sta al volere e alla capacità degli Stati membri. A riprova della debolezza del Consiglio di Sicurezza finora ogni sforzo è fallito per la riluttanza internazionale a offendere la Russia, maggior alleato internazionale dell’Iran. È necessario abbandonare questa esitazione al più presto. La sensibilità diplomatica deve passare in secondo piano nel momento in cui l’aggressività degli ayatollah iraniani sta guidando le politiche nucleari.
La domanda, ovviamente, è: che fare se il Consiglio di sicurezza non riesce a richiamare all’ordine l’Iran? Si parla molto di sanzioni, economiche e non, come mezzo di persuasione; certo, l’interruzione dei rapporti commerciali e del supporto tecnico metterebbe nei guai il governo. Ma è assai dubbio che potrebbe indurlo a cambiare politica. Gli ayatollah non si preoccupano della loro popolarità all’estero. Le sanzioni colpirebbero lo stile di vita occidentale dei giovani iraniani più colti. Ma gli ayatollah non hanno interesse a incoraggiare queste tendenze, anzi. Mentre i giovani iraniani hanno dato ampia prova di tenere più all’orgoglio nazionale che ai lussi occidentali. America ed Europa devono prendere in considerazione metodi più duri. Il fatto che gli Stati Uniti abbiano un esercito impegnato in Iraq tranquillizza gli ayatollah. Iniziare una seconda guerra in Medio Oriente non sarebbe opportuno per l’America e sarebbe assolutamente impopolare in patria e tra gli alleati. In più, l’Iran, seconda potenza petrolifera al mondo che occupa una posizione strategica sul tragitto degli oleodotti, ha a portata di mano i mezzi per rivalersi.
E ciò ci porta, come sempre nella geopolitica mediorientale, a Israele. Che non nasconde di aver preso in considerazione la possibilità di distruggere le installazioni nucleari iraniane con un’azione militare. Tuttavia, ciò che fu fatto senza problemi contro l’Iraq nel 1981, è più difficile con l’Iran. Intanto la situazione politica interna in questo momento può sottrarre a Israele la forza decisionale necessaria. Poi, le installazioni iraniane sono a uno stadio di sviluppo molto più avanzato di quelle irachene quando fu colpito il reattore di Osirak. Eppure l’Occidente non può semplicemente stare a guardare. L’azione militare, da qualsiasi parte provenga, non può essere esclusa ma sarà l’ultima risorsa. Nel frattempo, tutti gli altri mezzi, incluse le sanzioni economiche e l’ostracismo politico, devono essere tentati, insieme con la realizzazione di condotte alternative per il petrolio, così da aggirare gli oleodotti che sboccano nel Golfo. Infine, occorre intensificare le misure anti-terrorismo. Perché l’Occidente sta valutando l’opzione militare, ma anche gli ayatollah. Sono loro a finanziare e armare la maggior parte degli insorti iracheni. Intrattengono stretti rapporti con la maggior parte delle più pericolose associazioni terroristiche del pianeta, incluse al Qaeda ed Hezbollah. E possono ben essere l’anello mancante che gli investigatori stanno cercando per gli attentati del 7 luglio a Londra. In più gli ayatollah sono notoriamente favorevoli a piazzare testate nucleari nelle città, portate da terroristi a bordo di auto, autobus o treni. Il mondo sta davvero passando un momento difficile.
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