La barriera di sicurezza è contro il terrorismo, non contro il voto palestinese ma il quotidiano comunista confonde le acque
Testata: Il Manifesto Data: 12 gennaio 2006 Pagina: 9 Autore: Michele Giorgio Titolo: «Gerusalemme: nuovo muro contro il voto»
Un titolo e un articolo che fanno credere che Israele costruisca la barriera difensiva per impedire ai palestinesi di votare, non per proteggersi dal terrorismo. Dal Manifesto di giovedì 12 gennaio 2006 Israele farà conoscere la sua decisione definitiva domenica prossima ma sulla scena delle elezioni palestinesi a Gerusalemme è entrato un altro protagonista: il muro. Il ministro della difesa israeliano Shaul Mofaz ha prima ordinato la costruzione di una «barriera provvisoria» in tre settori intorno a Gerusalemme est e poi ha fatto sapere che gli arabi residenti nella città potranno votare il 25 gennaio in seggi allestiti in periferia, sul versante palestinese del muro. E' sempre più chiaro il significato politico dei lastroni di cemento armato che stanno separando, forse definitivamente, Gerusalemme est dalla Cisgiordania ma che Israele continua a definire una «barriera di sicurezza». La decisione di Mofaz peraltro è volta ad aggirare la sentenza della Corte suprema israeliana che aveva ordinato la sospensione dei lavori in tre settori - nelle zone di Bir Nabala (periferia nord), vicino a Shufat a Sheikh Said (sud) - dopo il ricorso presentato da palestinesi danneggiati dal muro. La «chiusura provvisoria», ha spiegato la televisione pubblica, potrà essere spostata quando la Corte suprema avrà preso una decisione definitiva. Sino ad oggi sono stati ultimati 25 chilometri sui 65 previsti dal progetto del muro e, secondo stime non ufficiali, circa 50 mila palestinesi con la residenza a Gerusalemme ma che vivono in Cisgiordania per mancanza di alloggi disponibili, avranno enormi difficoltà a raggiungere la città. Nelle settimane passate l'esercito israeliano ha inaugurato i nuovi posti di blocco a Kalandia e a Betlemme, rispettivamente a nord e a sud del settore arabo di Gerusalemme. In forte imbarazzo in queste ore è il presidente palestinese Abu Mazen che tre giorni fa aveva annunciato di aver ricevuto dagli Stati uniti l'assicurazione che gli abitanti di Gerusalemme est sarebbero andati alle urne. Ora ha saputo che una decisione israeliana definitiva non e' stata ancora presa e deve fare i conti anche con la marcia indietro dell'Amministrazione Usa. Il portavoce del Segretario di stato Condoleezza Rice ha precisato che la controversia deve essere risolta da israeliani e palestinesi e ha smentito che Washington abbia fatto pressioni sul governo israeliano a sostegno delle ragioni palestinesi. «Il premier facente funzioni Ehud Olmert ha annunciato che subordinerà domenica all'approvazione dell'esecutivo il voto degli arabi del settore orientale di Gerusalemme negli uffici postali, cosi' come è avvenuto per le elezioni palestinesi (legislative) del 1996 e (presidenziali) del 2005», è scritto in un comunicato diffuso ieri dal governo israeliano, in cui si ribadisce anche che «le organizzazioni terroristiche e i loro rappresentanti non potranno partecipare alle elezioni a Gerusalemme», ovvero il movimento islamico Hamas. Secondo indiscrezioni circolate nelle ultime ore gli israeliani vorrebbero evitare votazioni vere e proprie negli uffici postali trasformati in seggi. I palestinesi decisi a votare per i candidati di Hamas avrebbero solo la possibilità di inserire nelle urne schede elettorali gia' in loro possesso e segnate in precedenza. Questo però li renderebbe facilmente identificabili. Le reazioni dei candidati palestinesi nella circoscrizione di Gerusalemme non si sono fatte attendere. «Gerusalemme Est era e rimane un territorio occupato da Israele e noi non accetteremo queste imposizioni delle forze occupanti», ha protestato Hatem Abdel Qader di Al-Fatah. Contestazioni simili sono giunte anche da Hanan Ashrawi, candidata nella lista «Terza via». «Gli israeliani intendono imporci condizioni assurde, spero che l'Autorità nazionale palestinese si attivi per denunciare tutto ciò», ha dichiarato. Tra le novità politiche delle ultime ore c'è sicuramente la piattaforma elettorale di Hamas che non fa riferimento esplicito alla eliminazione dello stato di Israele, anche se ribadisce il sostegno alla lotta armata. Di fatto si presenta più moderata rispetto allo Statuto di Hamas del 1988. Per qualcuno ciò confermerebbe la lenta ma continua trasformazione in una direzione più «pragmatica» del movimento islamico palestinese.
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