Con l'arrivo di Angela Merkel, Washington, Londra e Gerusalemme sono più vicine a Berlino e Parigi più lontana
Testata: Il Foglio Data: 12 gennaio 2006 Pagina: 1 Autore: Andrea Affaticati Titolo: «Coì Merke riavvicina la Germania a Washington»
Un articolo dal Foglio di giovedì 12 gennaio 2005:
Berlino. Per la sua prima e attesissima visita da cancelliera domani a Washington, Angela Merkel non arriverà a mani vuote. Secondo una notizia pubblicata dal quotidiano Welt, la Kanzlerin, pur escludendo un qualsiasi intervento diretto della Germania in Iraq, offrirà al presidente americano Bush un sostanzioso pacchetto di aiuti per il paese del Golfo. La Germania incrementerà il programma di addestramento delle forze di polizia irachene, avviato nel marzo del 2004 nei vicini Emirati Arabi. Merkel si sarebbe anche dichiarata favorevole ad aumentare l’aiuto finanziario per l’istruzione dei giovani iracheni, contribuendo maggiormente al fondo istituito dalle Nazioni Unite, l’UNDP: sarà il know how tedesco nel settore dell’addestramento professionale a rivestire un ruolo prioritario. La strategia che traspare dalla notizia conferma quanto Merkel ha sempre dichiarato di voler fare. La politica estera di Gerhard Schröder ha esposto più di una volta la Germania: dal suo scontro con Bush alla sua amicizia con Putin, dalla sua liaison con Chirac alle tensioni con Bruxelles. Se per Schröder l’interesse tedesco era spesso incarnato dalla logica uno (o due) contro tutti, Merkel sin dall’inizio ha fatto capire chiaramente che per lei l’interesse tedesco – come il Wall Street Journal di ieri le ha giustamente tributato – è rappresentato dalle alleanze, dalle cooperazioni, dall’unità europea e dalla partnership transatlantica. Anzi, dai rapporti speciali con l’America. “Voglio che la nostra amicizia migliori in termini di qualità e di sostanza”. E che questo sia possibile lo dimostrano le elevate aspettative che si nutrono al di là dell’Atlantico nei suoi confronti. Senatori repubblicani e democratici sembrano tutti concordare sul fatto che con lei “vi saranno discorsi più chiari e schietti e dunque una possibilità reale di procedere fianco a fianco nella lotta al terrorismo”. Anche oltre oceano si inizia dunque a sperare nel “benefico effetto Merkel” come l’ha definito qualche settima fa Alexander Adler, commentatore del quotidiano francese Le Figaro. Un effetto dovuto anche alla sua totale mancanza di arroganza, ma ancora di più al suo spiccato talento di Maklerin (mediatrice). L’ha dimostrato con la Russia. Alla domanda se anche lei, come Schröder, definirebbe Putin un democratico al cento per cento ha risposto: “Mi auguro che il paese imbocchi la strada di uno sviluppo il più possibile democratico. Nel giudicare la Russia bisogna però anche tenere a mente qual è stato il passato di questo paese. La nostra concezione di democrazia non può essere trasferita schematicamente”. Un riferimento al passato, che oltre a tendere una mano verso il Cremlino, è al contempo anche un segnale verso gli otto paesi del centro ed est Europa entrati nel 2004 nell’ Ue, segnati dallo stesso passato. L’unico contrasto ingaggiato al momento dalla cancelliera è quello con Parigi. Il primo segnale netto l’ha dato durante il vertice di dicembre, prestando più ascolto al premier britannico. E anche riguardo alla questione della liberalizzazione di servizi, Berlino sembra essere ora meno contraria, salvo chiedere qualche correzione alla direttiva, di quanto non sia stata in passato. L’ultima risposta secca all’Eliseo è arrivata martedi. Alla proposta di Chirac di ratificare solo parti del Trattato costituzionale Merkel gli ha risposto senza giri di parole, che questa soluzione non potrebbe funzionare, così come si è detta contraria a un’Europa guidata dalla zona euro. La cancelliera guarda già al 2007 quando la Germania avrà la presidenza di turno, e le priorità britanniche (tecnologia e sviluppo) le stanno molto più a cuore di quelle (agricole) francesi. Infine la politica medio orientale. Merkel dovrebbe recarsi a Gerusalemme a fine gennaio, anche in risposta alle recenti dure provocazione del presidente iraniano Ahmadinejad. Il suo ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier in un’intervista al mensile Cicero si è detto sicuro che nulla cambierà nei buoni rapporti coltivati dal suo predecessore Joschka Fischer, il quale però dopo tre mesi di silenzio si è rifatto vivo con un pezzo assai critico sulla politica del premier israeliano Sharon, pubblicato oggi dal settimanale Zeit. Secondo l’ex ministro degli Esteri tedesco, Sharon non è mai stato un uomo di pace. E’ stato il fautore dello sgombero dalla Striscia di Gaza, ma è stato anche il padre putativo della politica di insediamento israeliana. Ciò nonostante Fischer riconosce che con il ritiro unilaterale dal territorio occupato, si è aperta una nuova prospettiva politica per il medio oriente. E qualsiasi sarà l’esito delle elezioni non si potrà tornare al passato. Certo, continua lui, il processo avviato da Sharon deve ora essere emendato dagli errori, un compito che spetterà ad altri assolvere.
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