Per qualcuno il pericolo non è l'Iran confronto tra analisi e cronache scorrette
Testata:Il Sole 24 Ore - Il Manifesto - La Repubblica Autore: Alberto Negri - Angelo Baracca - la redazione Titolo: «Lo strappo di Teheran - Il Pentagono e Israele pronti a colpire Tehran con mini atomiche - Il presidente Ahmadinejad risponde ad Usa e Unione europea»
Il Sole 24 Ore di giovedì 12 gennaio 2005 pubblica in prima pagina e a pagina 7 un edioriale di Antonio Negri, "Lo strappo di Teheran" che descrive la crisi iraniana in modo capovolto rispetto alla realtà. Il regime iraniano, votato alla distruzione del Grande (Stati Uniti) e del Piccolo (Israele) "Satana" sarebbe intransigentemente deciso a dotarsi di armi nucleari per ché si sente "assediato" dai nemici, i negoziati con l'Unione Europea sarebbero falliti per l'intransigenza degli Usa, non per quella di Ahmadinejad.
Poco più estremo del quotidiano della Confindustria è quello comunista. "Il Pentagono e Israele pronti a colpire Tehran con "mini-atomiche", strilla Il Manifesto sulle basi dell'"autorevole studioso" Michel Chossudowsky (un esponente della sinistra radicale, docente universitario in Canada). L'articolo di Angelo Baracca ci spiega poi che non dobbiamo preoccuparci affatto del nucleare iraniano, ma piuttosto di quello israeliano. Analogamente, non di quello nordcoreano, ma piuttosto di ipotetici progetti sudcoreani. C'è una limpida coerenza in questa posizione: le armi delle dittature, finalizzate all'aggressione, vanno bene. Quelle delle democrazie, finalizzate alla difesa, giustamente devono preoccupare i tiranni e i loro supporters.
Ecco il testo: La prossima primavera potrebbe riservarci un duro risveglio: a 61 anni da Hiroshima, c'è chi progetta una nuova «mini-guerra nucleare». Questa volta contro Tehran. Lo sostiene uno studioso molto autorevole, Michel Chossudowsky(www.globalresearch.ca) secondo il quale Washington starebbe preparando i piani per un attacco preventivo all'Iran ma volendo evitare - dopo l'Iraq - operazioni sul terreno, questi prevedono la possibilità di usare nuove armi nucleari di piccole dimensioni. Ripetendo il copione dell'Iraq, la campagna di mistificazione da tempo condotta sui piani nucleari dell'Iran (con la miope complicità della Ue) serve a confondere l'opinione pubblica in attesa di terminare i preparativi per un attacco che potrebbe scattare già il prossimo marzo, forse in coincidenza con il rapporto dell'Aiea all'Onu sul programma nucleare iraniano. Secondo i piani elaborati dal Pentagono l'attacco su grande scala sarebbe condotto da bombardieri stealth B-2 dalla base di Diego Garcia o direttamente dagli Usa e dagli F-117 da al Udeid in Qatar. Il tutto sarà coordinato dal Comando Strategico (Usstratcom) attraverso un nuovo comando specifico (Jfccsgs, Joint Functional Component Command Space and Global Strike), ma coinvolgerà questa volta direttamente Israele, a cui Washington ha trasferito sistemi d'arma convenzionali e nucleari, tra cui testate Buster Bunker: testate che si aggiungono al suo già poderoso arsenale (200 o più testate) ed alla disponibilità di bombardieri e missili a medio raggio, lanciabili anche dai sommergibili acquisiti dalla Germania (Dinucci, il manifesto, 16 dicembre 2005). Contatti diplomatici si sono sviluppati nel corso del 2005 con la Turchia, la Nato ed altri paesi arabi consenzienti, e a questi hanno fatto seguito intensi programmi comuni di esercitazioni. A differenza di quanto avvenne per l'Iraq, nessuna voce dissenziente è emersa dalla UE, mentre non è chiara la natura del coinvolgimento della Nato. La questione dei piani nucleari dell'Iran è complessa ma si può riassumere dicendo che, malgrado alcuni innegabili errori e scorrettezze iniziali (ma chi si è scandalizzato quando si seppe che la Corea del Sud aveva condotto esperimenti segreti di arricchimento dell'uranio?), l'Iran rivendica il diritto, garantito dal Trattato di Non Proliferazione del 1970, di sviluppare tecnologie nucleari civili (come ha fatto ad esempio il Brasile): il trattato designa anche l'ente incaricato di controllare che i progetti nucleari non abbiano sviluppi militari , l'AIEA, che fino ad oggi, pur essendo sottoposta ad enormi pressioni, afferma di non avere trovato nessun indizio in questo senso. L'elaborazione da parte degli Usa di una nuova strategia nucleare è incorso da tempo: la «Nuclear Posture Review» del 2001 aveva integrato gli armamenti nucleari nel sistema difensivo, per renderne effettivamente possibile l'uso, e la più recente «Doctrine for Joint Nuclear Operations», seppure in corso di approvazione, prevede esplicitamente un attacco nucleare preventivo contro paesi che «intendano» usare armi di distruzione di massa. L'attacco all'Iran vedrebbe l'uso di un mix di armi convenzionali e nucleari con testate di potenza molto piccola di nuova generazione, concepite proprio per cancellare la distinzione tra armi nucleari e convenzionali. Il Pentagono sostiene che queste testate sono innocue per i civili, esplodendo sotto terra, e le presenta come mezzi per costruire la pace e prevenire «danni collaterali»: ma la Federation of the American Scientists valuta che la loro capacità di penetrazione nel terreno sia molto limitata. In ogni caso appare inevitabile un'estensione del conflitto, con conseguenze inimmaginabili. Tehran ha confermato che risponderebbe all'attacco con colpi missilistici diretti su Israele e le strutture militari statunitensi in Iraq e nel Golfo Persico. L'Iran non è l'Iraq, e il programma nucleare è divenuto una questione di dignità nazionale. Inoltre l'Iran sta acquisendo difese antimissilistiche da Mosca e si sta dotando di un sistema satellitare d'allarme (la Russia ha da poco lanciato un satellite iraniano). A questo punto viene da chiedersi quale sia in realtà l'obiettivo di questa lucida follia dell'Amministrazione Bush: probabilmente si tratta del tentativo di portare il Medioriente ad un punto di non ritorno, di disgregarlo, di renderlo ingestibile in modo che anche una futura, diversa, Amministrazione non possa far altro - con grande soddisfazione del complesso militare-industriale - che continuare a portare avanti questa politica di violenza, di guerra e di «scontro tra civiltà». Una pericolosa omissione su Repubblica on line dell'11 gennaio Nell' articolo non viene ricordato ai lettori che Ahmadinejad ha detto che Israele andrebbe cancellata dalla mappa geografica e che l' Olocausto sarebbe una leggenda, quindi quando si scrive dei missili atomici dell' Iran e' doveroso trattare anche di tali dichiarazioni. Ecco il testo: TEHERAN - Le condanne dell'Occidente non lo intimidiscono. La minaccia di deferirlo al Consiglio di sicurezza non lo smuove. Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad lo ha detto e lo ribadisce: "Porteremo avanti il programma nucleare nonostante il chiasso internazionale. A Dio piacendo, in un futuro prossimo, questa preziosa energia servirà il progresso dell'Iran".
La rimozione dei sigilli alla centrale nucleare di Natanz, che segue quella di agosto nell'impianto simile di Isfahan, ha fatto precipitare la situazione. Il premier inglese ha minacciato di essere pronto a ricorrere a qualsiasi misura pur di fermare la rincorsa al nucleare perseguita da Teheran; il presidente francese Jacques Chirac ha definito un "grave errore" quello di Ahmadinejad, mentre il cancelliere tedesco Angela Merkel ha detto, senza remore, che il passo di Teheran "non rimarrà senza conseguenze".
Ma il presidente iraniano non cambia rotta: "Sto dicendo a tutte le potenze che la nazione iraniana e il governo, con fermezza e saggezza, continueranno sulla loro strada nel perseguire e utilizzare pacificamente l'energia nucleare". Parlando nella città di Bandar Abbas, sul Golfo, il neo presidente ha ribadito che "utilizzerà tutti i suoi poteri con saggezza e fermezza affinché, in un futuro prossimo, questa preziosa energia servirà il progresso dell'Iran".
Già da alcune settimane Ahmadinejad aveva minacciato di risuscitare le ambizioni nucleari, che restano motivo di orgoglio nazionalistico nell'opinione pubblica iraniana. All'estero però nessuno si fida delle assicurazioni di Teheran: sembra paradossale che uno dei più grandi produttori di petrolio del mondo voglia spendere miliardi per produrre energia elettrica dall'atomo. L'occidente teme che l'arricchimento dell'uranio serva invece per scopi bellici ed è per questo che si mobilita per fermare il programma di Ahmadinejad. "Contro l'Iran resteremo compatti", ha detto Gianfranco Fini, ministro degli esteri: "Se l'intenzione iraniana è quella di dividerci, questo non avverrà".
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