A pagina 8 del Sole 24 Ore di martedì 11 gennaio 2006, sono pubblicati alcuni articoli di analisi della situazione israelo-palestinese, alla luce degli ultimi avvenimenti e delle elezioni palestinesi in programma il 25 gennaio.
Il primo articolo è firmato da Ugo Tramballi, dal titolo:
L'assenza di leader rafforza Hamas
fortunatamente meno fazioso del solito; sostanzialmente un'analisi della situazione palestinese alle prese con il rinnovo del parlamento dopo 10 anni di caos, violenze e corruzione.
Il pericolo evocato da Tramballi risiede nella possibilità nefasta di una vittoria di Hamas alle elezioni.
Apparentemente Hamas sta conducendo una campagna elettorale "normale" per quello che può significare la normalità in un regime arabo, cercando di copiare il modello del partito islamico di Erdogan al potere in Turchia.
In realtà però, I servizi segreti americani ed israeliani hanno appurato che l'organizzazione terrorista rivale di Fatah (il movimento che fu di Arafat , ora del premier Abu Mazen), si sta pericolosamente riarmando di Kalashnikov e razzi Qassam.
Quando Tramballi definisce Hamas
un movimento anti-sistema, armato, confessionale e negazionista della pace con Israele",
ci piacerebbeche aggiungesse terrorista e negazionista non della pace con Israele, ma dell'esistenza stessa dello stato ebraico, com' è scritto in evidenza nel suo statuto.
Alla fine del pezzo inoltre Tramballi, arriva addirittura a rimpiangere Arafat, definito come il responsabile
della cassa e delle armi e cinghia di trasmissione, ambigua ma funzionante, fra le varie tribù e milizie palestinesi."
A noi sembra invece, caro Tramballi, che in nessun caso si possa rimpiangere Arafat, il responsabile del fallimento di diverse importanti trattative di pace con Israele (Camp David nel 2000 con Clinton la più celebre), un leader che ha sempre scelto l'opzione più devastante e perdente per il suo stesso popolo: quella della violenza becera e stragista nei confronti della popolazione civile israeliana.
Se Arafat avesse preferito la trattativa ai kamikaze, forse oggi il suo popolo vivrebbe molto meglio.
Personaggi così non possono essere rimpianti, anche perchè i successori si sono rivelati politicamente incapaci, ma meno immischiati nel terrorismo di quanto era Arafat.
A lato è pubblicato un articolo che spiega le attuali condizioni del premier Sharon, leggermente migliorate rispetto a ieri. I medici però non possono ancora esprimersi sulle future capacità cognitive e motorie del primo ministro israeliano, servirà ancora molto tempo.
A metà pagina è pubblicato un articolo firmato da Roberto Bongiorni dal titolo:
Economia dei territori sull'orlo della bancarotta
un'analisi dell'economia palestinese a quattro mesi dal ritiro israeliano da Gaza, e a pochi giorni dalle elezioni.
Due terzi della popolazione che vivono con 2,20 dollari al giorno, 130mila dipendenti pubblici probabilmente senza stipendio, disoccupazione oltre il 20%, con alcune zone oltre il 40%.
Il 70% dei giovani tra I 16 e I 25 anni senza lavoro e preda così delle milizie terroristiche.
Questo è il risultato (lo aggiungiamo noi perchè Bongiorni non lo fa), di 5 anni di Intifada terrorista, di violenze, di caos, di una corruzione a livelli altissimi, e di immobilismo.
I dirigenti palestinesi davano mesi fa la colpa di tutto questo all'occupazione israeliana di Gaza, ora che questa è venuta meno, continuano a rifiutare le proprie responsabilità, scaricandole ancora una volta su Israele e su una fantomatica restrizione dei movimenti di merci e persone (leggasi misure anti bombe-umane pienamente legittime da parte di Israele).
Peccato che anche la comunità internazionale abbia capito finalmente quanto sia rischioso versare soldi nelle casse corrotte di uno stato che prospera sul terrorismo.
Per questo infatti, 5 miliardi di dollari in 5 anni pronti per lo stato palestinese sono in stand-by, nella speranza di assistere ad una nuova alba nel paese di un popolo che per troppo tempo è stato alla mercé di leader sanguinari e corrotti.
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