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La Stampa Rassegna Stampa
11.01.2006 Gaza è diventata un santuario del terrorismo
dichiara un esperto militare israeliano, intervistato da Fiamma Nirenstein

Testata: La Stampa
Data: 11 gennaio 2006
Pagina: 10
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Dovremo rioccuparci di Gaza»

La Stampa di mercoledì 11 gennaio 2006 pubblica un'intervista di Fiamma Nirenstein all'esperto militare israeliano Yaacov Amidror. Che fornisce, tra l'altro, precise informazioni sull'incremento delle attività terroristiche a Gaza dopo il ritiro. Ritiro che rischia di vintare l'ennesima occasione di costruire il proprio Stato sprecata  dai palestinesi.

Ecco il testo:

Il generale Yaacov Amidror è uno dei più autorevoli esperti di strategia dello Stato d’Israele. E’ stato uno dei capi dei servizi segreti dell’esercito, è oggi direttore dell’Istituto per gli Affari Contemporanei del Jerusalem Center for Public Affairs. Mentre Ariel Sharon giace nel letto dell’Ospedale Hadassa di Gerusalemme, la questione della sicurezza di Israele, delle reazioni del mondo ostile allo Stato ebraico e in particolare delle organizzazioni terroriste palestinesi e dell’Iran sono oggetto delle intensive riunioni che in questi giorni tiene il primo ministro ad interim Ehud Olmert con il gabinetto ristretto. Olmert ha anche svolto incontri delicati con i capi dei tre servizi di sicurezza, Aman, Shabach e Mossad. Certo la mancanza di Arik, il premier più soldato che Israele abbia avuto, si sente: ma le critiche non mancano.
Signor Amidror, possiamo parlare di un dopo Sharon nel modo in cui Israele affronterà il conflitto arabo israeliano?
«Non posso certo parlare di un “dopo Sharon”, di cui auspico la guarigione. In generale, il sistema della sicurezza israeliana non si basa sull’ispirazione di questo e di quel leader. Il sistema, solido, organizzato con precisione, non dipende da una personalità più o meno forte, dalla sua personale determinazione.. Sono le scelte di politica interne quelle più soggette al vento della politica: la difesa, comporta strade obbligatorie e definite».
E tuttavia fu Sharon a inaugurare durante l’Intifada quell’operazione Scudo di Difesa che doveva portare a un duro uso dell’esercito contro il terrorismo e a batterlo per la gran parte..
«La scelta di Sharon fu ponderata durante un lungo anno pieno del sangue dei nostri cittadini, l’operazione fu determinata dall’escalation del terrorismo. Quanto al fatto che ci abbia portato a una vittoria, questo è vero per il terrorismo suicida. D’altra parte però secondo me la gestione di Sharon nel campo del terrore ha una falla di cui paghiamo le conseguenze: quella dello sgombero di Gaza. Dei significati politici non discuto adesso, ma militarmente ha portato a un peggioramento progressivo. Gaza è diventata una sacca di terrorismo in contatto con i suoi promotori, gli Hezbollah vi portano denari e armi iraniane e siriane, ci sono entrati Al Qaeda, armi pesanti e leggere per i terroristi, infiltrati e esplosivi di contrabbando. Hamas e la Jihad islamica hanno più spazio per organizzare i loro attacchi e più libertà geografica per ricevere aiuti e infiltrati. Oggi vediamo, sì, un rallentamento degli attacchi, ma subiamo una pioggia di missili kassam. E Hamas si vede come vincitore, eccitando il mondo arabo».
Un problema nuovo di cui non sapete bene che cosa fare.
«Vero: è indispensabile intervenire: i kassam arrivano adesso fino nel Sud di Israele, a Ashkelon, e nella Cisgiordania vengono preparati per colpire il centro-nord».
Che farete? Zone cuscinetto? Attacchi più larghi? Che cosa avete intenzione di fare con gli Hezbollah che seguitano a colpire dal Sud del Libano? E come vi ponete di fronte alla novità di Al Qaeda direttamente contro Israele?
«Ci sono molte varianti nel decidere una politica di difesa: lo standard morale del nostro esercito e del nostro Stato, che ci proibisce di colpire la popolazione anche se sappiamo che i kassam e i terroristi sono là; c’è l’opinione pubblica internazionale; il rapporto con gli Stati Uniti.. Ma dobbiamo comunque definire e realizzare nuove tecniche, e faremo quello che è necessario».
Anche per la bomba atomica iraniana farete tutto quello che ne può evitare la realizzazione? Compreso un attacco preventivo?
«Al momento credo che ci si debba innanzitutto basare su una chiara deterrenza che spieghi a Teheran che ogni tentativo di colpire Israele sarà la sua fine. Proprio così. Deve essere chiaro che la nostra capacità di rispondere a un attacco è definitiva. Dobbiamo anche attivare la solidarietà internazionale contro il pericolo iraniano. Intanto, è chiaro, i nostri livelli di azione devono rimanere tutti aperti, e sono tre: il sistema di difesa Arrow, che funziona molto bene; la chiara deterrenza; la possibilità di rispondere. Non abbiamo intenzione di accettare la minaccia nucleare, e speriamo che non ce ne sia bisogno».

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