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ANSA Rassegna Stampa
09.01.2006 Un anonimo propagandista di Al Fatah
e un'intervista acritica

Testata: ANSA
Data: 09 gennaio 2006
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: «SHARON: L'ANP GUARDA AL FUTURO CON TIMORE»

Sul sito internet dell’ Ansa, la principale agenzia giornalistica italiana, troviamo una intervista ad un “dirigente di Al Fatah”. La persona intervistata infatti, è senza nome, perché ha chiesto di rimanere anonima senza spiegarne il motivo. Nelle dichiarazioni si trovano alcune falsità, o omissioni; ne segnaliamo alcune:

Nonostante Sharon - ha proseguito - si sia rifiutato di dare inizio al piano di pace internazionale 'Road Map' prima dello smantellamento da parte palestinese dei gruppi armati dell'Intifada, e abbia invece preferito portare avanti un piano unilaterale

Ricordiamo al “dirigente palestinese”, che sebbene Sharon abbia agito unilateralmente, il ritiro da Gaza è stato compiuto, mentre dello smantellamento dei gruppi terroristi, da lui definiti “gruppi armati dell’Intifada”, non se ne è visto neanche l’ombra. L’esponente di “al Fatah” rilascia un'altra dichiarazione inaccettabile, come questa: Ad accrescere i timori della leadership dell'Anp e' anche l'ipotesi, fatta da alcuni analisti palestinesi, che l'attuale governo israeliano, guidato dal premier facente funzioni Ehud Olmert e dominato da esponenti di Kadima, adotti una linea piu' dura nei Territori, allo scopo di conservare il consenso dell'opinione pubblica israeliana preoccupata da una ripresa dell'Intifada e degli attentati palestinesi.

Inaccettabile, perché la ripresa di attentati terroristici palestinesi implica inevitabilmente una risposta delle forze armate israeliane, con o senza la presenza di Sharon al governo. Ne segue, che la “linea più dura” nei territori palestinesi, non è dettata dalle decisioni di un primo ministro che deve conquistare il “consenso dell’ opinione pubblica”, ma dalla necessità di difendere il paese da nuovi attentati terroristici. Ci sarebbe una soluzione migliore: che sia l’Autorità Nazionale Palestinese stessa, e non l’esercito israeliano, a fermare le violenze, arrestando chi organizza gli attentati kamikaze. Nella conclusione dell’articolo inoltre, si legge di “tregua unilaterale con Israele” da parte dei gruppi armati; che cosa si intende con questa frase? Sembra che la tregua da parte dei gruppi armati palestinesi, non sia mai stata rispettata stando alla continua pioggia di missili Qassam su territorio israeliano.Riportiamo per intero l’articolo che si può leggere a questo link

http://www.ansa.it/main/notizie/rubriche/approfondimenti/20060106190033781610.html

SHARON: L'ANP GUARDA AL FUTURO CON TIMORE

Ieri i leader palestinesi pregavano per la salute del premier Ariel Sharon, oggi invece si sono augurati che il suo successore non si riveli piu' intransigente di lui riguardo al futuro dei Territori e la nascita di uno Stato palestinese indipendente.

Per lungo tempo soltanto pronunciare il nome di Sharon suscitava reazioni durissime nei palestinesi, dai dirigenti politici fino all'uomo della strada. Non c'e' bambino in Cisgiordania e Gaza che non associ automaticamente il nome di Sharon al massacro di palestinesi da parte di falangi cristiane avvenuto nel 1982 in Libano.

Tuttavia anche i palestinesi cominciano a riconoscere che con il premier israeliano la situazione sul terreno in questi ultimi anni e' stata ''in costante movimento'' e che Sharon, primo tra tutti i leader israeliani, ha ritirato soldati e coloni ebrei da un territorio palestinese, la Striscia di Gaza.

''Ne sono consapevoli soprattutto i vertici dell'Autorita' nazionale palestinese, timorosi che il nuovo leader israeliano si riveli piu' inflessibile di Sharon e chiuda definitivamente la porta del negoziato'', ha spiegato oggi all'Ansa un dirigente di Al-Fatah (il partito di maggioranza palestinese) che ha

chiesto di rimanere anonimo.

Nonostante Sharon - ha proseguito - si sia rifiutato di dare inizio al piano di pace internazionale 'Road Map' prima dello smantellamento da parte palestinese dei gruppi armati dell'Intifada, e abbia invece preferito portare avanti un piano unilaterale, ''il presidente Abu Mazen e' rimasto sempre convinto che, grazie all'aiuto di americani ed egiziani, presto o tardi Sharon sarebbe stato costretto a tornare al tavolo delle trattative rinunciando almeno a una parte delle condizioni da lui poste''.

A spaventare in modo particolare i palestinesi e' la possibilita' di un rientro in gioco nella politica israeliana del 'falco' Benyamin Netanyahu, divenuto il mese scorso il nuovo presidente del partito di destra Likud. I sondaggi effettuati sino a oggi sembrano escludere una vittoria di Netanyahu - accanito oppositore del ritiro da Gaza e dell'indipendenza palestinese - e continuano a dare largamente in vantaggio Kadima (il partito fondato da Sharon due mesi fa). Alle elezioni israeliane pero' mancano ancora tre mesi e tutti concordano che l'uscita di scena di una figura centrale come Sharon provochera' notevoli scosse sulla scena politica dello Stato ebraico.

Ad accrescere i timori della leadership dell'Anp e' anche l'ipotesi, fatta da alcuni analisti palestinesi, che l'attuale governo israeliano, guidato dal premier facente funzioni Ehud Olmert e dominato da esponenti di Kadima, adotti una linea piu' dura nei Territori, allo scopo di conservare il consenso dell'opinione pubblica israeliana preoccupata da una ripresa dell'Intifada e degli attentati palestinesi.

Quest'ultima possibilita' appare piu' concreta di qualche settimana fa. I gruppi armati dell'Intifada hanno dichiarato finita il 31 dicembre la tregua unilaterale con Israele e il presidente Abu Mazen, sempre piu' debole, non pare in grado di ottenere una proroga del cessate il fuoco mentre, con grande affanno, cerca di manovrare in una Gaza che appare fuori controllo.

A far tacere ancora le armi e' il periodo di calma che le fazioni palestinesi hanno deciso nel periodo elettorale. Nessuno pero' fa previsioni sul dopo-voto del 25 gennaio. Molto dipendera' dalle decisioni di Hamas che appare diviso sulla tema della lotta armata. I dirigenti in esilio del movimento islamico, tra cui la guida suprema Khaled Mashaal, premono per una ripresa degli attacchi contro Israele, quelli nei Territori invece sono favorevoli a continuare la tregua alla luce della ottime possibilita' di Hamas di ottenere un buon risultato alle elezioni e di diventare una forza di primo piano nel processo decisionale palestinese.

Saranno anche gli sviluppi in Israele e le decisioni di Abu Mazen riguardo un rinvio del voto a decidere chi vincera' la partita in corso in Hamas.

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