L’ Ufficio Centrale di Statistica dell’Autorità Palestinese ha pubblicato il 31 dicembre scorso che nel mondo vivono 10,1 milioni di palestinesi, inclusi 1,1 milioni di arabi israeliani e 220.000 residenti arabi di Gerusalemme.
3,8 milioni di palestinesi - il 37,9 % del totale - vivono in Cisgiordania e nella striscia di Gaza; 3 milioni – il 29,4% del totale – vivono in Giordania, 462.000 – il 4,6 % del totale – in Siria. Gli arabi israeliani sono l’ 11,2% del totale.
Dei palestinesi che vivono nei territori assegnati all’Autorità Palestinese 2,4 milioni (63%) vivono in Cisgiordania ed 1,4 milioni (37%) nella striscia di Gaza.
Da questi dati si rileva che la percentuale di PROFUGHI registrati dall’ UNRWA, l’ organismo dell’ONU che ha questo compito, è il 42,5% della popolazione totale della Cisgiordania e della striscia di Gaza, l’87% dei palestinesi che vivono in Giordania (uno stato a maggioranza palestinese, e ritagliato a suo tempo dalle potenze coloniali dai territori che fin dall’antichità si chiamavno, appunto, Palestina), ed il 95% dei palestinesi che oggi vivono in Siria e Libano.
In altri termini, quasi tutti i palestinesi che vivono in due stati arabi confinanti e quasi la metà dei palestinesi che vivono nei territori controllati dall’Autorità Palestinese sono registrati ufficialmente come profughi, con annessi diritti al ritorno (in Israele) pretesi dai negoziatori palestinesi come irrinunciabile condizione per la pace con Israele.
Con una sommaria analisi di questi dati, di fonte palestinese, si può pertanto facilmente smascherare il falso costruito dal mondo arabo con la complicità dell’ONU attorno al problema dei profughi palestinesi.
Tutti sostengono che ci stiamo avvicinando al momento cruciale in cui si dovrà verificare chi veramente vuole la pace ed è in grado di soddisfarne le elementari condizioni, quali la definizione di confini e la sicurezza dei cittadini israeliani. Israele, con ed anche senza Sharon, è pronto alle necessarie concessioni. Ma il mondo palestinese, dilaniato dalle violenze interne, privo di una guida politica forte ed accettata, in preda alle convulsioni di un terrorismo al quale Israele ha finora impedito di esplodere con la violenza degli ultimi 5 anni, saprà fare la stessa cosa?