LIBERO. di oggi 6.1.2006 pubblica in prima pagina l'editoriale di Angelo Pezzana, che riportiamo di seguito:
Israele ci mostra in queste ore il volto che la contraddistingue nei momenti difficili, quando la disperazione e la paura avrebbero tutti i buoni motivi per impossessarsi di questo popolo che in quasi sessant’anni di Stato indipendente non ha potuto far altro che combattere guerre di sopravvivenza. Eppure, proprio mentre i suoi nemici credevano di essere riusciti a piegarne volontà e resistenza con attentati,stragi, attacchi di ogni genere, ecco che gli uomini e le donne d’Israele come per miracolo, dimenticando divisioni politiche, economiche, sociali, si stringevano intorno a un governo di unità nazionale o di emergenza, oppure sostenevano un leader capace di conquistare fiducia e consenso. E’ successo con Ariel Sharon. Forse nessuno come lui, nella storia d’Israele, ha rappresentato le doti del guerriero e dello statista, capace di creare dal niente un partito così visibile nella chiarezza del progetto politico, da attrarre, nel giro di un mese, il consenso di più del 40% dei cittadini. Oggi è difficile dire se Kadima, il nuovo partito, saprà arrivare alle elezioni del 28 marzo così come avrebbe sperato il suo fondatore, troppo chiara e forte è stata la personalità di Sharon. Ne scriviamo al passato anche se gli auguriamo con tutto il cuore di superare il male che si è abbattuto su di lui. Certo è difficile immaginare un suo rientro sulla scena politica. A meno di un miracolo, cosa non del tutto impossibile in Terra d’Israele, come diceva, da buon sionista socialista, David Ben Gurion, il padre della patria. Curioso paese Israele, attraversato in queste ore dalle preghiere dei credenti ma anche dei laici che vogliono credere ancora nell’ultima battaglia che Sharon non potrà perdere, dopo essere uscito vittorioso da tutte quelle combattute durante la sua vita. Anche i suoi avversari politici, quelli che lui aveva spiazzato riducendo drasticamente le percentuali dei loro partiti, avvertono la tragedia che tutto il popolo sta vivendo, perché è caduto non solo un leader, ma l’uomo che più di chiunque altro avrebbe saputo prendere quelle decisioni politiche che avrebbero consentito ai palestinesi di arrivare ad avere anche loro uno Stato indipendente, contro la stessa volontà dei loro gruppi terroristici il cui unico scopo è ancora e soltanto la distruzione dello Stato ebraico. Sono Hamas, Jihad islamica, Hezbollah a festeggiare l’uscita di scena di Sharon, tutti i loro capi in Libano e in Siria dichiarano che la sua malattia è un dono di Dio, felici di ritrovarsi Abu Mazen, già debole e privo di reale potere, senza più un interlocutore forte e affidabile come Sharon. Senza di lui la scena politica israeliana è quanto mai frammentata. La costruzione di Kadima era agli inizi, Olmert, succeduto nella guida del governo in quanto vice-premier, non gode di larga popolarità, è un politico che sprigiona poco fascino. Altri, come Shaul Mofaz o Zippi Livni, tra i primi a seguire Sharon in Kadima, devono ancora, come si dice, farsi le ossa, mentre Shimon Peres, pur avendo alle spalle una onorevole carriera, non ha la stoffa del condottiero. Ma è il progetto nella sua globalità ad essere in pericolo, perché ruotava tutto intorno a Sharon, perché lui era riuscito, cosa rara per un politico, a farsi capire, si era dato un programma da realizzare e ci stava riuscendo. Il mondo arabo, i palestinesi non fanno eccezione, rispetta solo la forza, non importa sino a che punto spietata. Se la democrazia è ancora una lontana conquista, forse questo rispetto-sottomissione ne spiega bene le ragioni. Non per sé, ma per i suoi avversari, Israele deve continuare la politica di Ariel Sharon, così come lui aveva fatto con il suo amico Itzak Rabin. Per arrivare alla pace e alla sicurezza malgrado l’assenza di un partner vero con cui trattare, malgrado la futura presenza alla guida dei palestinesi dei terroristi di Hamas, come le elezioni del prossimo 25 gennaio–se si terranno- lasciano forse prevedere. In questa terra chi non crede nei miracoli non è realista, ripete un vecchio adagio israeliano. Forza, coraggioso Arik, tu che hai vinto tutte le battaglie, vinci anche questa.
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