Un plauso a Piero Ostellino per l'editoriale di oggi 6.1-2006 sul CORRIERE della SERA in prima pagina, che riconferma come le radici liberali, quando vere e oneste, possano lasciare una traccia profonda.
Ecco il pezzo:
Raramente gli analisti di tutto il mondo erano stati tanto concordi nell'attribuire alla capacità di leadership di un uomo di Stato, alla sua personalità, in una parola, al suo carisma un ruolo pressoché decisivo nella gestione e sulle prospettive di successo di un processo politico.
Le sue qualità personali, la sua stessa storia, il modo con il quale egli ha guardato alla propria funzione, la specificità della situazione in cui si è trovato a operare, le condizioni politiche e ambientali che ne hanno esaltato il ruolo, sono tutti elementi che hanno contribuito a fare di Ariel Sharon il solo statista israeliano in grado di portare finalmente e felicemente a soluzione il lunghissimo e tormentato cammino verso la convivenza pacifica fra ebrei e palestinesi dopo oltre cinquant'anni di guerre.
Le qualità personali.
Sharon ha messo in gioco la sua stessa carriera politica, non esitando a schierarsi contro gran parte del suo stesso partito, il Likud, creandone un altro e stringendo un'alleanza del tutto imprevedibile con un'altra grande personalità del panorama politico israeliano, il leader laburista Shimon Peres.
La sua stessa storia. Sharon ha confermato l'auspicio che solo un uomo della destra — contraddicendo tutta la sua esperienza precedente — avrebbe potuto avviare un processo di pace con l'Autorità palestinese, partendo da concessioni unilaterali (il ritiro da Gaza) senza contropartite né militari, né diplomatiche.
Il modo con il quale ha guardato alla propria funzione.
Sharon è andato dritto allo scopo, interpretando la propria funzione di capo del governo in modo dinamico e sovvertendo gli schemi che anche i suoi predecessori più coraggiosi — come Rabin e Barak — avevano seguito, sfidando, col proprio partito, l'opinione pubblica più tradizionalista.
La specificità della situazione in cui si è trovato a operare. Sharon ha colto al volo le opportunità che offrivano sia la scomparsa di Arafat sia la domanda di democrazia che era emersa nella società palestinese, scommettendo sul binomio democrazia- pace messo in moto dagli eventi mediorientali dopo l'attentato alle due Torri di New York e la guerra al terrorismo lanciata dall'amministrazione americana.
Le condizioni politiche e ambientali che ne hanno esaltato il ruolo. Sharon non ha esitato, nella prospettiva di aprire uno stabile processo di pacificazione, a coniugare la domanda di sicurezza del suo popolo — attraverso la costruzione della barriera difensiva, contro l'ostracismo mondiale — con la sua aspirazione a pervenire a una soluzione del conflitto, in modo da tacitare le opposizioni allo sgombero della striscia di Gaza.
Il suo è stato un capolavoro di saggezza e di strategia politica, al quale ora il mondo intero guarda con ammirazione, ma anche con preoccupazione e allo stesso tempo con speranza, dopo le notizie sulle sue condizioni di salute. Ariel Sharon sta combattendo la sua più difficile battaglia contro un nemico infido che solo la sua forte fibra può sperare di sconfiggere, l'affezione cardiocircolatoria che lo ha colpito. Non è esagerato dire che tutti gli uomini di buona volontà, tutti coloro che amano davvero la pace, non solo in Medio Oriente, ne seguono gli sviluppi con trepidazione. È proprio vero. Raramente la personalità di un solo uomo politico era apparsa tanto decisiva nella storia dell'umanità. Che Dio lo assista.
Invitiamo i nostri lettori a menifestare a Piero Ostellino, anche direttamente a: postellino@corriere.it, il proprio plauso per il bellissimo articolo scritto. oppure, o anche, al Corriere cliccando sulla mail sottostante.