domenica 22 settembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
06.01.2006 Il nuovo consigliere di Abu Mazen
se lo ascolta è bell'è fritto

Testata: La Stampa
Data: 06 gennaio 2006
Pagina: 2
Autore: Guido Ruotolo
Titolo: «Non dimentichiamo i massacri»

Se il titolo è "non dimentichiamo i massacri", l'intervista all'ex rappresentante di Arafat a Roma (stipendiato con i soldi dei contribuenti italiani, caso unico nella storia della diplomazia mondiale, e lo scandalo continua ancora oggi) Nemer Hammad, avrebbe dovuto affrontare le stragi causate dal terrosismo palestinese. Invece l'intervista è di quelle in ginocchio, come si dice, richiamandosi tutte al maestro di quel genere di "informazione che è Gianni Minà. Nemer Hammad è oggi consigliere di Abu Mazen, e se è fra quelli ai quali Abu Mazen dà ascolto, capiamo bene il perchè della continua crisi della sua leadership.

Ecco l'intervista, che ci auguriamo spinga i nostri lettori ad inviare i loro commenti alla STAMPA:

«Le condizioni critiche di salute di Ariel Sharon, la sua lenta agonia, complicano ancora di più una situazione di per sé già difficile. E per tanti motivi». Nemer Hammad, fino a ieri rappresentante del popolo palestinese in Italia, oggi consigliere politico del presidente Abu Mazen, è pessimista. E, controccorrente rispetto alle dichiarazioni che giungono da tutto il mondo, non è convinto che Sharon abbia rappresentato un’«opportunità» per arrivare a una intesa tra Israele e palestinesi: «Tutte le sue decisioni - dice - sono sempre maturate senza un qualsiasi confronto con noi».
Consigliere Hammad, il mondo si interroga sul vuoto politico che è destinato comunque a lasciare Sharon. Perché questo vuoto è destinato a complicare una situazione già critica di per sé?
«Siamo preoccupati per questo vuoto di potere che si sta determinando in Israele. Intanto, perché rappresenta la scomparsa del partito fondato da Sharon, Kadima, che senza di lui non avrà alcuna possibilità di affermarsi. Siamo alla vigilia delle elezioni palestinesi di fine gennaio, e non abbiamo ancora risolto la garanzia della partecipazione al voto dei palestinesi a Gerusalemme Est. Era previsto anche l’arrivo di una delegazione da Washington per tentare di avvicinare le posizioni tra noi e gli israeliani. Chi decide oggi a nome e per conto di Sharon?».
La comunità internazionale può aiutare a sbloccare la situazione?
«La comunità internazionale ha la responsabilità di non essere intervenuta finora. E oggi che la realtà si presenta di estrema debolezza la situazione diventerà sempre più complicata».
Sharon lotta per la vita contro la morte. Si è detto, si è scritto dei tanti Sharon che hanno avuto un ruolo determinante nella storia del conflitto israelo-palestinese. L’ultimo Sharon è quello della intesa possibile, del ritiro dalla striscia di Gaza?
«Il popolo palestinese ricorderà per sempre il duro Sharon, quello che ha la responsabilità dei massacri di decine di migliaia di palestinesi. Il ritiro da Gaza, senza disconoscere la sua importanza, rimane una questione squisitamente di tattica politica. È lui il responsabile del Muro che sta distruggendo la Cisgiordania. È lui che ha continuato a parlare di annessione di Gerusalemme come dei grandi insediamenti».
Consigliere Hammad, riconosce l’importanza del ritiro da Gaza?
«Anche ciò che di positivo ha fatto, Sharon l’ha fatto come atto unilaterale. Per lui non esiste un partner palestinese con cui discutere. In attesa del negoziato, Sharon ha continuato ad allargare gli insediamenti in Cisgiordania e il Muro dentro i territori palestinesi».
Quale futuro immagina senza Sharon?
«Mi auguro che il popolo israeliano possa scegliere il leader che accetta di considerare l’attuale leadership palestinese come un interlocutore. Che possa scegliere una leadership israeliana che accetti il principio di territori in cambio di pace, di convivere con uno Stato palestinese sovrano e che abbia Gerusalemme Est come sua capitale. Gerusalemme città aperta e capitale per entrambi i popoli».
Nessuna autocritica da parte palestinese?
«L’attuale nostra situazione di caos è conseguenza della distruzione delle forze dell’ordine palestinesi negli ultimi cinque anni. Lo sapeva tutto il mondo, anche il presidente del Consiglio Berlusconi, che il governo israeliano non dava permessi per far consegnare armi o munizioni alle nostre forze dell’ordine».

Invitiamo i lettori di Informazione Corretta a scrivere alla redazione della Stampa per esprimere la propria opinione. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.


lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT