I morti sono tutti uguali? Statistiche dei morti nel conflitto israelo - palestinese, settembre 2000 - giugno 2002 a cura di Federico Steinhaus
Da poco meno di due anni israeliani e palestinesi muoiono a migliaia, in quella che i palestinesi chiamano l' Intifada Al Aqsa ma che in realtà non è una intifada intesa come rivolta, bensì una corsa al massacro, un conflitto che cerca invano una conclusione politica.
Il progressivo e talvolta caotico sommarsi di morti e feriti in un conteggio macabro e tragico che affianca la cronaca degli eventi si è tradotto in una semplificazione dei dati ad uso dei mass media. Questa semplificazione, in particolare, è più di altre ingannevole, perché si limita a riferire e mettere a confronto i due totali dei morti - tanti morti israeliani, tanti morti palestinesi - senza specificare le circostanze, i dati personali, le scelte politiche o l' appartenenza a quella classe indistinta che si classifica sotto il nome di "civili", che in realtà sono essenziali. E, sempre per i mass media, molti commentatori sottolineano nelle loro cronache che "i morti sono tutti uguali, siano palestinesi o israeliani".
L' International Policy Institute for Counter-Terrorism ha analizzato le cifre fornite dalle due parti, disaggregandole e raggruppandole secondo una molteplicità di criteri oggettivi che ne facilitano la comprensione ed il giudizio.
Cercherò di guidare il lettore attraverso queste cifre e queste statistiche, indicandone solamente quelle maggiormente significative, affinché gli risulti più agevole comprendere alcuni aspetti del conflitto che non appaiono nelle cronache.
Cominciamo con i totali
Questa analisi si è sforzata di trovare dei parametri raffrontabili in maniera sufficientemente omogenea, estrapolando dai totali forniti dalle due parti in conflitto alcuni dati quali il sesso, l' età, le modalità del decesso, che appaiono come essenziali per valutare appropriatamente la natura di questo scontro.
In un primo grafico possiamo constatare che sul totale dei 561 israeliani e 1499 palestinesi morti tra settembre 2000 e giugno 2002 in realtà, nei primi 4 mesi, e cioè fino alla fine del 2000, i palestinesi furono circa 300 contro i circa 100 israeliani.
Da questa iniziale sproporzione, dovuta al fatto che ancora non era cominciata la strategia del terrore, è nata la visione del conflitto come di una carneficina di palestinesi compiuta dagli israeliani; questa iniziale sensazione in brevissimo tempo è stata smentita dalle orrende sequenze di attentati contro i civili commessi dalle varie organizzazioni armate palestinesi, ma è sopravvissuta nella propaganda palestinese ed è stata spesso recepita acriticamente dai media malgrado l' incalzare di indicatori opposti.
Il grafico che illustra questa constatazione è eloquente nella sua indistinta ed indistinguibile associazione di tutte le categorie di morti, suddivisi solamente per appartenenza nazionale.
(Grafico: Il totale dei morti, senza distinzione se non per nazionalità. Linea rossa: i palestinesi; linea blu: gli israeliani).
In realtà, questa statistica non distingue fra combattenti e civili, fra terroristi suicidi e militari uccisi in combattimento, e non tiene conto dei "collaboratori" palestinesi linciati dai loro connazionali.
Una prima distinzione: i civili
Facendo un passo avanti per raffrontare i civili uccisi, vediamo infatti che sono 433 i civili israeliani, e 579 i civili palestinesi; il che significa che se gli israeliani morti sono il 27% del totale dei morti senza distinzione fra civili e combattenti, i civili israeliani sono il 43% di tutti i civili morti.
(Grafico: civili uccisi dalla controparte, totali senza distinzione. Linea rossa: palestinesi; linea blu:israeliani).
E così cominciamo a capire meglio la realtà di questo conflitto.
Le vittime dei combattimenti
Una statistica dei palestinesi e degli israeliani uccisi in combattimento conferma questo quadro d' insieme: i combattenti palestinesi uccisi nel corso di scontri armati sono circa il 40% (recentemente, salito al 55%) del totale dei palestinesi morti, mentre gli israeliani uccisi in combattimento sono il 20% circa del totale degli israeliani uccisi, contro un 80% di civili.
(Grafico: Le percentuali di combattenti sul totale degli uccisi. Linea rossa: palestinesi; linea blu: israeliani).
Quante donne sono state uccise?
Una controprova viene dal conteggio delle donne morte nei due campi: meno del 5% per i palestinesi, circa il 30% per gli israeliani. Se poi vogliamo ulteriormente distinguere, in questo totale, constatiamo che il 39% dei civili israeliani uccisi erano donne (in termini assoluti: 170), mentre il 7% dei civili palestinesi uccisi erano donne (in termini assoluti: 61).
(Grafico: Percentuale delle donne sul totale degli uccisi. Linea rossa: palestinesi; linea blu: israeliani).
Giovani e meno giovani
In una statistica basata sull' età, vediamo che i civili israeliani di 40 anni e oltre uccisi dai palestinesi sono 167, mentre i civili palestinesi di 40 anni e oltre uccisi dagli israeliani sono 70.
Ma più interessante, anzi sconvolgente rispetto ai luoghi comuni che percepiamo leggendo i nostri giornali, è la statistica dei morti non per mano nemica.
189 palestinesi sono morti perché hanno commesso attentati suicidi, o per "incidenti sul lavoro" (questo eufemismo sta ad indicare l' esplosione prima del tempo della bomba in preparazione ) , o in quanto accusati di aver collaborato con Israele: statisticamente, si tratta del 12% del totale dei palestinesi morti in questo periodo!
I palestinesi uccisi presentano una distribuzione molto regolare nelle fasce di età, ed una quasi totalità di uomini rispetto alle donne: questo sta a significare che molti palestinesi maschi, di ogni età, hanno scelto di affrontare gli israeliani con le armi o con il terrorismo. Speculare è invece l' analisi dei morti israeliani, per i quali non esiste una distribuzione regolare nelle varie fasce di età, né fra i due sessi: ciò prova scientificamente quanto già si sapeva, che la schiacciante maggioranza degli israeliani uccisi erano civili, e sono caduti vittime degli attacchi terroristici.
(Grafico: Gli uccisi dalla controparte. Linea blu a tratti rettilinei: uccisi dagli israeliani; linea blu curva: tendenza per gli uccisi da israeliani; linea rossa a tratti rettilinei: uccisi dai palestinesi; linea rossa curva: tendenza per gli uccisi dai palestinesi).
Per avvicinarci ad una migliore visione d ' insieme della "conta dei morti" può essere utile questo grafico, la cui apparente difficoltà di lettura non deve spaventare. In esso sono raffrontate sulla medesima scala le cifre relative agli israeliani uccisi da palestinesi e quelle riferite ai palestinesi uccisi da israeliani, senza tener conto delle cause di morte né del loro status di combattenti o civili.
Con l' avvertenza che per gli studiosi che hanno realizzato questo grafico l' Intifada Al Aqsa è cominciata il 27 settembre, e che di conseguenza i palestinesi uccisi negli ultimi 4 giorni di quel mese sono stati rapportati proporzionalmente al mese intero, si constata che le due linee di tendenza sono in realtà abbastanza simili nell'arco di tempo fra gennaio 2001 e gennaio 2002, e che nel corso del 2002 la linea di tendenza relativa agli israeliani uccisi da palestinesi tende a superare quella dei palestinesi uccisi da israeliani.
I morti "non combattenti"
Un ulteriore passo in avanti consegue alla selezione dei morti non combattenti, ottenuta applicando il concetto di combattenti a quanti sono morti in azioni belliche attive, quali i militari in attività di servizio (anche passiva: postazioni militari israeliane ad esempio), terroristi suicidi, e simili. Non combattenti sono stati considerati coloro i quali si limitavano a gettare sassi. Specularmente, un attacco portato da gruppi non inquadrati in forze legali contro civili è considerato un atto di terrorismo, mentre è considerato azione di guerriglia se aveva per obiettivi gruppi combattenti avversari. Queste definizioni sono essenziali per comprendere l' oggettività di una analisi che ha un profondo significato politico ed etico, dal momento che le vittime civili sono sempre considerate degne di simpatia, e dunque sulla definizione di queste si basa il conteggio "qualificato" dei morti e la battaglia per conquistare l' opinione pubblica.
Ecco dunque il grafico che raffronta i "non palestinesi" civili uccisi da palestinesi, ed i "non israeliani" civili uccisi da israeliani (dove "non palestinesi" e "non israeliani" tende semplicemente ad evitare una definizione della nazionalità degli uccisi, che complicherebbe il quadro: quanti civili non israeliani, ma americani, italiani, tedeschi, ecc. sono stati uccisi ?).
(Grafico: I "non combattenti" uccisi. Linea blu a tratti rettilinei: non combattenti non israeliani uccisi dagli israeliani; linea blu curva: tendenza per i non combattenti uccisi dagli israeliani; linea rossa a tratti rettilinei: non combattenti non palestinesi uccisi dai palestinesi; linea rossa curva: tendenza per i non combattenti non palestinesi uccisi dai palestinesi).
La linea di tendenza dei civili uccisi dai palestinesi (linea sottile rossa), in questo caso, sale costantemente e rapidamente nel 2002, contro una tendenza opposta riferita all' uccisione di civili palestinesi uccisi da israeliani (linea sottile blu) , in visibile calo.
Le fette della torta
Facciamo la controprova. Nel grafico 2.8 possiamo trovare la qualificazione dei morti palestinesi, in quello 2.9 la qualificazione dei morti israeliani.
Il 42,9% dei morti palestinesi erano "combattenti a pieno titolo" ed il 13,6% erano i civili; fra questi due totali esiste una vasta zona grigia, con definizioni di probabilità per l' appartenenza a gruppi combattenti o per le circostanze della morte; la spiegazione di queste incertezze risiede nella difficoltà di avere da fonti palestinesi qualificate cifre e dati sufficientemente attendibili. In realtà, se superiamo questo handicap anche psicologico, vediamo che è del 13,7% il numero dei probabili "combattenti" palestinesi da aggiungere a quel 42,9%, incluso un 1,7% di palestinesi uccisi (da altri palestinesi) in quanto ritenuti collaboratori di Israele.
Fra gli israeliani, la proporzione si ribalta con un 69% di civili ed un 20,1% di "combattenti a pieno titolo". In questo grafico sono molto bassi i livelli di incertezza sullo status degli uccisi, perché le informazioni di fonte israeliana, ivi incluse quelle dei mass media, sono in genere accurate e ricche di dettagli, consentendo una classificazione attendibile.
Riflessioni conclusive
Tra i palestinesi non combattenti (ricordiamo che i "lanciatori di pietre" sono considerati da questa statistica come non combattenti) uccisi da israeliani il 37% aveva un' età di 20 anni o meno, ma fra i palestinesi combattenti questa percentuale scende al 18%; nel complesso, l' età dei palestinesi (combattenti e civili) uccisi - quasi tutti di sesso maschile - si concentra fra 15 e 35 anni, con pochissimi casi sopra e sotto queste età - limite. Questa statistica smentisce indirettamente l' accusa rivolta all' esercito israeliano di aver ucciso indiscriminatamente, e fornisce la dimostrazione di interventi selettivi basati sulla effettiva pericolosità delle persone uccise.
Profondamente diversa è la distribuzione per età e sesso dei civili israeliani uccisi, con un' ampia distribuzione in fasce di età fra i 10 ed i 64 anni ed un numero di donne non molto inferiore a quello degli uomini (sono in pari quantità sotto i 20 e sopra i 59 anni di età).
Se suddividiamo il conflitto in tre fasi, la prima dal 27 settembre alla fine di dicembre 2000, la seconda dal 22 dicembre 2000 all' 11 settembre 2001, la terza dal 12 settembre 2001 ad oggi, constatiamo che i civili israeliani uccisi da palestinesi si collocano in diverse fasce di distribuzione per età. Nella prima fase la fascia di età era inclusa fra 15 e 44 anni, nella seconda si è ampliata da 0 a 64 anni con un picco fra i 15 ed i 24 anni, nella terza pur rimanendo il picco tra 15 e 34 anni non abbiamo più fasce di età escluse a priori, ed anche quelle da 0 a 14 anni, da 70 a 94 anni, presentano dati visibili di vittime.
Fra i civili israeliani uccisi da palestinesi i giovani fra 15 e 25 anni sono quasi 150 (più di 80 fra 15 e 19 anni). Nell' età matura, da 40 ad 89 anni, i civili israeliani uccisi da palestinesi sono più del doppio dei civili palestinesi di pari età uccisi da israeliani.
Questa sommatoria di dati statistici segnala sempre con molta evidenza una forte casualità nell' insieme dei morti israeliani, ed una più visibile concentrazione in determinate fasce di età di quelli palestinesi. Il primo indice è tipico delle conseguenze del terrorismo, che colpisce deliberatamente i luoghi in cui si riuniscono le fasce più indifese dei cittadini - mercati, autobus, discoteche, festività familiari - mentre il secondo corrisponde più facilmente a situazioni di conflitto armato. Nel loro drammatico differenziarsi, questi due indici testimoniano scientificamente che gli israeliani hanno colpito civili palestinesi solamente nel contesto di scontri armati o situazioni conflittuali, mai con la deliberata volontà di uccidere persone inermi.
A questo punto, possiamo rispondere alla domanda iniziale: no, i morti non sono tutti uguali. I morti di Auschwitz non sono uguali alle SS uccise in Unione Sovietica, i morti delle Torri Gemelle non sono uguali ai talebani uccisi in Afghanistan. Indipendentemente dalle opinioni politiche su torti e ragioni, se è indiscutibilmente vero che ognuno ha il diritto di piangere i propri morti, e tutti hanno il dovere di operare affinché non vi siano più guerre, è altrettanto vero che chi ha il compito di esprimere giudizi non si può sottrarre alla valutazione della componente "qualitativa" che distingue fra le cause della morte, e che impone di non mescolare le vittime accuratamente selezionate in base alla loro vulnerabilità con i loro assassini.