Un articolo di Maurizio Molinari da La Stampa di venerdì 30 dicembre 2005:
Fumata nera fra Russia e Iran sul nucleare. Al termine di una travagliata giornata di contatti il capo nei negoziatori di Teheran, Ali Larijani, ha definito l'offerta ricevuta da Mosca «problematica e con ambiguità che devono essere chiarite in ulteriori colloqui». L'offerta in questione è quella che è stata avanzata formalmente da Igor Ivanov, capo del Consiglio per la sicurezza del Cremlino, di comune accordo con Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Germania: trasferire il processo di arricchimento dell'uranio iraniano in impianti in territorio russo al fine di allontanare il sospetto della Comunità internazionale che Teheran stia segretamente tentando di costruire ordigni nucleari.
La telefonata di Larijani a Ivanov ha concluso una giornata che aveva visto prima Teheran negare di aver ricevuto l'offerta, poi far trapelare una possibile intesa e quindi Mosca smentirla seccamente con un comunicato scritto del ministro della Difesa, Serghei Ivanov, nel quale si negava anche il fatto che fossero in corso dei negoziati.
«Non abbiamo avuto nessun tipo di contatti» recitava il comunicato. Larijani in tarda serata ha tuttavia chiarito che un colloquio telefonico è realmente avvenuto e che in forza dell'intesa raggiunta fra i due Paesi sarà adesso Igor Ivanov ad andare di persona a Teheran. La missione di Ivanov si annuncia comunque tutta in salita: dovrà convincere il presidente Mahmoud Ahmadinejad ad accettare il blocco del programma nucleare con un compromesso che, spostando tutti gli attuali impianti in Russia, potrebbe evitare un deferimento dell'Iran al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Fino a questo momento la Russia, al pari della Cina, si è detta contraria all'ipotesi che il Consiglio dei governatori dell'Aiea (l'Agenzia per l'energia atomica dell'Onu) deferisca Teheran al Palazzo di Vetro e proprio questa posizione del Cremlino ha consentito alla diplomazia russa di trovare ascolto in Iran, riaprendo un negoziato che sembrava sepolto dopo il fallimento dei tentativi dell'Unione Europea, arenatisi di fronte alla decisione degli ayatollah di riattivare in autunno gli impianti per l'arricchimento dell'uranio che in precedenza erano stati bloccati e sigillati dall'Aiea.
Sebbene la dichiarazione di Larijani lasci il campo aperto a possibili compromessi la posizione che continua a prevalere a Teheran sembra essere quella di Javad Vaidi, negoziatore sul nucleare e considerato molto vicino al presidente Ahmadinejad, secondo cui l'Iran «non rinuncerà mai all'arricchimento dell'uranio sul proprio territorio».
«La proposta di Mosca è di creare una società mista russo-iraniana per arricchire uranio sul territorio russo - ha spiegato Vaidi - ma ciò non ci priverà del diritto all'arricchimento che ci è garantito dall'adesione al Trattato contro la proliferazione nucleare». Ciò significa che se anche Teheran dovesse accettare l'offerta russa potrebbe poi continuare il processo di arricchimento in altri impianti sul suo territorio.
Con la diplomazia russa attivamente impegnata, l'amministrazione Bush ha scelto di fare un passo indietro, limitandosi a far conoscere il proprio sostegno per l'iniziativa del Cremlino. E' tuttavia noto che Washington auspica un veloce accordo all'Aiea al fine di far decidere al Consiglio di Sicurezza dell'Onu sanzioni economiche capaci di impedire a Teheran di continuare a sviluppare un programma nucleare tenuto segreto per diciotto anni e divenuto di pubblico dominio solo dopo le rivelazioni fatte da un gruppo di oppositori.
Israele è ancora più allarmato, ritenendo che Teheran sia a pochi mesi di distanza dal raggiungimento del «punto di non ritorno» nella capacità di produrre armi nucleari. Il timore del governo di Gerusalemme è legato al fatto che la dottrina militare iraniana prevede la distruzione dello Stato Ebraico, come anche il presidente Ahmadinejad ha confermato dicendosi a più riprese a favore della «cancellazione di Israele dalla mappa geografica».
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