Dove trionfa il pensiero unico ad Hollywood come in Francia
Testata: Il Foglio Data: 29 dicembre 2005 Pagina: 3 Autore: la redazione - Max Boot Titolo: «Arno Klarsfeld, "copevole" di essere un ebreo franco-israeliano - Hollywood non ha capito nulla della guerra al terrore, dice Boot»
A pagina 2 Il Foglio di giovedì 29 dicembre 2005 pubblica un articolo su Arno Klarsfeld e sull'opposizione alla sua nomina alla commissione sulle colonie in Francia. ecco il testo:
Parigi. Nella Francia del pensiero unico, essere ebreo e franco-israeliano significa non avere la legittimità per guidare una commissione sulla colonizzazione e le leggi sulla memoria. E’ quel che sta accadendo a Arno Klarsfeld, avvocato del foro di Parigi con doppio passaporto, a cui il ministro dell’Interno, Nicolas Sarkozy, ha chiesto di fare “un lavoro approfondito sulla legge, la storia e il dovere di memoria”, dopo la polemica sul “ruolo positivo” della colonizzazione. Tutto è iniziato il 23 febbraio scorso, quando è entrata in vigore la legge sul “riconoscimento della nazione e il contributo nazionale in favore dei rimpatriati”, uno dei provvedimenti con cui l’Assemblea Nazionale cerca di risarcire quei francesi che, dopo una vita nelle ex colonie, hanno dovuto scegliere tra l’abbandono e il rimpatrio. Nessuno dei parlamentari di sinistra e di destra si era evidentemente accorto dell’articolo 4, secondo cui “i programmi scolastici” devono “riconoscere in particolare il ruolo positivo della presenza francese oltremare”. Apriti cielo. A dire il vero, tutto era filato liscio finché non è scoppiata la crisi delle banlieues. Alla ricerca della miccia che avesse dato fuoco al suo modello di integrazione repubblicano, il pensiero unico ha individuato due responsabili: Sarkozy, colpevole di aver definito “teppa” chi incendia e distrugge, e l’articolo 4 della legge del 23 febbraio. I benpensanti “antioccidentali” vogliono che la scuola insegni “la colonizzazione non come un fenomeno storico terribile e ambiguo, ma come un crimine contro l’umanità”, spiegava il profetico Alain Finkielkraut al Figaro del 15 novembre. In poche settimane, la polemica sull’epoca coloniale ha prodotto petizioni, commissioni, manifestazioni di protesta e migliaia di denunce su stampa, blog e siti internet. Gli storici sono divisi, i politici della sinistra denunciano ma sono imbarazzati per aver approvato la famigerata norma, quelli della destra esitano ad abolirla perché vezzeggia una parte del loro elettorato. Il 9 dicembre, il presidente Jacques Chirac ha istituito una “missione pluralista per valutare l’azione del Parlamento nei settori della memoria e della Storia”, affidata a Jean-Luis Debré, distratto presidente della distratta Assemblea Nazionale. Il 12 dicembre, diciannove storici hanno lanciato un appello alla coerenza per abrogare tutte le leggi che impongono una storia ufficiale: 1990 sul “negazionismo”, 2001 sul “riconoscimento del genocidio armeno” e 2001 sulla “schiavitù e la tratta dei Neri come crimine contro l’umanità”. Ma poi trentadue personalità hanno protestato perché è “pernicioso fare l’amalgama tra un articolo di legge discutibile e tre altre leggi di natura radicalmente diversa”. Si è messo in mezzo pure il Parlamento algerino, che ha espresso la sua indignazione per la legge che arreca “grandi danni al processo di preparazione del Trattato d’amicizia che doveva suggellare la ritrovata amicizia” tra la Francia e la sua ex colonia. Sarko ha allora scelto un insospettabile per guidare la sua commissione sulla colonizzazione. Famoso come avvocato delle parti civili nel processo Papon, Arno Klarsfeld ha ereditato dai genitori Serge e Beate la lotta per la memoria che da decenni l’Associazione dei figli dei deportati conduce in Francia. Difensore della causa del Ruanda, Klarsfeld non ha mai nascosto, nonostante il passaporto israeliano, la sua simpatia per i palestinesi. “Israele non avrebbe mai dovuto conquistare Gaza. Israele occupava e ogni occupazione è insopportabile alle popolazioni conquistate”, aveva detto al Monde il 30 agosto. Ma il Movimento contro il razzismo e per l’amicizia tra i popoli (Mrap) “ritiene che Arno Klarsfeld non abbia le competenze e la legittimità per la missione” che gli è stata affidata. Perché? “E’ un militante attivo della colonizzazione”, dice il segretario del Mrap, Mouloud Aounit. La sua colpa? “Aver servito volontariamente in un’unità delle guardie di frontiera dell’esercito israeliano” e essere “difensore della guerra coloniale contro l’Iraq”. I benpensanti non gli perdonano nemmeno di essere belloccio e mediatizzato e di aver raccontato in un libro la sua storia d’amore – “fusione” – con lo Stato ebraico. Se sulla colonizzazione auspica che la legge riconosca “malefatte e benefici”, Klarsfeld replica al Mrap accusandolo di essere “sulla stessa linea del presidente iraniano che ritiene che gli ebrei non abbiano posto in medio oriente”. Per i militanti del pensiero unico, cominciano a essere ingombranti anche in Francia
A pagina 3 troviamo un articolo di Max Boot sull'incapacità a capire la guerra al terrorismo islamista manifestata da Hollywood.
Ecco il testo:
Quando si pensa alla Seconda guerra mondiale non è facile descriverla o bianca o nera. Certo, i militari tedeschi e giapponesi erano cattivi, ma pure gli inglesi e gli americani fecero cose terribili. Uccisero migliaia di civili tedeschi e giapponesi, si allearono con l’Unione sovietica, cosa spaventosa quanto l’Asse. Il risultato fu ambiguo: anche se i giapponesi e i tedeschi furono sconfitti, scese una Cortina di ferro dall’Europa alla Corea del nord. Ma, per 60 anni, Hollywood non ha avuto problemi nel mostrare la Seconda guerra mondiale come lo scontro tra bene e male (…), ma non riesce a trattare con altrettanta lucidità la guerra al terrorismo. Il conflitto attuale – lo scontro tra le forze della libertà e gli islamofascisti – è chiaro quanto la Seconda guerra mondiale. Ma i registi alla moda insistono nel dipingere entrambe le parti con ombre grigiastre, come se gli agenti segreti israeliani o i soldati americani fossero paragonabili agli assassini di al Qaida. Due dei più importanti film delle vacanze – “Syriana” e “Monaco” – sono esempi di stupido relativismo morale e di patetica pseudo-sofisticatezza. “Syriana” si propone di far luce sulla relazione tra petrolio, terrorismo, Stati Uniti e medio oriente. Putroppo la trama non ha alcun senso. Persino il titolo è enigmatico. Lo sceneggiatore- regista Stephen Gaghan sostiene di aver sentito usare il termine “Syriana” nei “think tank di Washington” in riferimento alla “ridefinizione dei confini del medio oriente”. Io lavoro in un think tank e non ho mai sentito questa parola (…). Il film non ha nulla a che vedere con la redifinizione dei confini del medio oriente. In breve, il titolo è un tentativo di allusione ma finisce per evidenziare soltanto l’incompetenza di Gaghan. Se “Syriana” ha qualche genere di messaggio, è questo: le avide aziende petrolifere, i politici corrotti e i malevoli agenti della Cia sono i “cattivi” in medio oriente. I personaggi positivi sono un membro di Hezbollah – che offre all’agente della Cia Bob Barnes (George Clooney) un passaggio sicuro – e un contadino pachistano che sta per diventare un kamikaze dopo esser stato licenziato da un’azienda petrolifera americana. Il personaggio di Bob s’ispira all’ex agente della Cia Robert Baer, ma “Syriana” non ha niente a che vedere con il libro di memorie di Baer, “See no Evil”. Nella vita reale, Baer ha avuto problemi per un progetto cospiratorio volto a uccidere Saddam, dittatore terribile. Nel film, Bob ha problemi perché vuole uccidere un bel principe del Golfo persico che offende Washington vendendo petrolio a un’azienda cinese. C’è una bella differenza (…). “Monaco” è un film ben più convincente ma moralmente capzioso. Racconta la storia di un team del Mossad che vendica l’assassinio di 11 atleti israeliani alle Olimpiadi del ’72 eliminando 11 terroristi palestinesi. Gli israeliani sono tormentati da questo compito. Come dice un membro del gruppo: “Tutto questo sangue ricadrà su di noi”. Il film rinforza il tema del circolo-di-violenza con riferimenti costanti agli attentati dell’Olp dopo le Olimpiadi. L’implicazione è: se gli israeliani non avessero ucciso gli operativi dell’Olp, questi avrebbero smesso di uccidere gli ebrei. Steven Spielberg ha detto in un’intervista a Time: “Una reazione a un’altra reazione non risolve nulla. Crea soltanto una macchina dal moto perpetuo. Le uniche soluzioni sono una mente razionale, stare seduti e parlare fino a farsi venire il culo a forma di sedia”. Dov’è stato Spielberg negli ultimi 15 anni? Israele ha provato l’approccio “fino a farsi venire il culo a forma di sedia”: il processo di Oslo ha portato a spargimenti di sangue più grandi. Israele ha vinto la seconda Intifada non parlando con i terroristi, ma combattendoli. “Monaco” presenta gli assassinii come se fossero senza scopo. Ma la politica degli omicidi mirati ha ridotto la minaccia di Hamas e di altri estremisti. La lezione della Seconda guerra mondiale vale ancora: i paesi civilizzati devono usare la violenza per sconfiggere i barbari. Perché Hollywood fa così fatica a capirlo?
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