Da pagina 3 del Foglio di domenica 29 dicembre 2005 riportiamo un articolo sul programma elettorale del partito Kadima:
Gerusalemme. Avi Dichter, ex capo dello Shin Bet, i servizi segreti interni israeliani, ha annunciato ufficialmente la sua entrata nel partito del premier Ariel Sharon, Kadima. Dichter è l’ultimo di una serie di importanti politici che hanno raggiunto, nel giro di poche settimane, le fila del gruppo, nato dopo l’uscita del primo ministro dal “suo” partito, il Likud. Israele andrà a elezioni anticipate, il 28 marzo. Kadima ha già lanciato la sua campagna elettorale, nonostante sia ancora in costruzione e le iscrizioni continuino ad arrivare numerose, soprattutto via Internet. Pochi giorni fa, Kadima ha presentato il suo programma, nel mezzo delle preoccupazioni per la salute di Sharon, da poco colpito da un lieve ictus. Il premier sarà sottoposto a un piccolo intervento al cuore nelle prossime settimane. Il documento del partito assicura che il conflitto israelopalestinese sarà risolto attraverso la creazione di due Stati nazionali, come vuole la road map, sostenuta dal Quartetto (Stati Uniti, Russia, Unione europea, Nazioni Unite) e mezza abbandonata mesi fa con il crescere del terrorismo palestinese. Anche la stella nascente del gruppo, il ministro della Giustizia, Tzipi Livni, ha chiarito che “la nostra piattaforma è quella della road map”. Il partito di Sharon, che si vuole di centro e che fa dei negoziati di pace con la controparte il suo principale obiettivo, sottolinea che i confini di questi due Stati includeranno in Israele zone di sicurezza, tutta la città di Gerusalemme, aree di “significato storico e nazionale” e “vasti blocchi d’insediamenti”. Non si tratta dunque dei confini di prima del 1967, come nel documento sponsorizzato dal Quartetto. Nel manifesto, però, è scritto che per l’esistenza d’Israele “è necessario rinunciare a una parte della terra”. La road map originale chiede il congelamento della costruzione d’insediamenti. Pochi giorni fa, il governo Sharon ha però dato gli appalti per la creazione di nuovi centri abitati in Cisgiordania. Il capo dei negoziatori palestinesi, Saeb Erekat, ha condannato la mossa e ha chiesto l’intervento degli Stati Uniti. La presentazione della piattaforma di Kadima ha innescato reazioni critiche soprattutto all’interno dell’ex partito di Sharon, il Likud, guidato oggi dall’ex ministro delle Finanze, Benjamin Netanyahu, dopo il successo alle primarie. Bibi era stato a capo di una fronda interna al gruppo che si era opposta, durante l’estate, al ritiro unilaterale dalla Striscia di Gaza, voluto dal primo ministro. Con l’uscita di Sharon, e dei deputati a lui più legati, e la conseguente nascita di un’entità più moderata e di centro, il Likud ha subìto un inevitabile spostamento a destra. Per opporsi al nuovo partito di Sharon, ha radicalizzato le sue posizioni. Netanyahu, ora accusa Sharon di stare “segretamente pianificando un ritiro unilaterale dal 90 per cento della Cisgiordania”. Il leader del Likud ha dichiarato che il premier favorisce il terrorismo e dimentica la sicurezza del paese. Ieri mattina, dal Libano, le milizie di Hezbollah hanno sparato su Israele razzi Katiusha, mentre continuano lanci di Qassam dalla Striscia di Gaza. L’aeronautica israeliana ha subito reagito, colpendo le postazioni del gruppo libanese. Poche ore prima che Kadima facesse partire la campagna, il ministro degli Esteri, Silvan Shalom, ha detto alla tv di Stato che il suo partito “non concederà terra”, in opposizione con i piani di Kadima, ma che “nel quadro di negoziati, saremo pronti a compromessi”. La piattaforma del Likud, in vista delle elezioni, è fondata su tre punti: la sicurezza nazionale, le questioni socio-economiche, la lotta contro la corruzione del governo. Kadima è già in testa ai sondaggi. Inaspettatamente, anche per molti suoi membri, si muove verso l’ottenimento di 45 seggi in Parlamento. Il successo del partito,però, dicono in Israele, è tanto legato alla salute del premier.Sharon è tornato al lavoro questa settimana, dopo un breve soggiorno in ospedale. Ma la sua malattia ha aperto un grosso dibattito sulla successione. E’ la prima volta, nella giovane storia d’Israele, che i dottori rivelano dettagli e particolari del bollettino medico di un leader politico, comehanno fatto in una conferenza stampa per i giornalisti
Sempre a pagina 3 troviamo un editoriale su un investimento che "premia" la politica di Sharon:
Intel, il maggiore produttore del mondo di chip elettronici, ha annunciato che costruirà a Kyriat, in Israele, una nuova impresa di tecnologia d’avanguardia del costo di tre miliardi e mezzo di dollari, che occuperà duemila addetti. Intel ha già, in Israele, seimila dipendenti, suddivisi in quattro stabilimenti. Il fatto che questa compagnia abbia deciso di costruirne un altro indica che questo mercato è in crescita a livello mondiale. Ma anche che appare, adesso, conveniente puntare sull’economia di Israele, che aveva registrato nel precedente periodo, una situazione di recessione. Nel 2004 l’economia israeliana si è ripresa, con una crescita del pil del 4 per cento; nel 2005 la crescita si è rafforzata, e per quest’anno si può stimare un aumento del pil del 5 per cento. Le esportazioni di prodotti tecnologici costituiscono il 40 per cento delle esportazioni totali e sfiorano i 13 miliardi di dollari.
Ci sono vari fattori in questo miracolo tecnologico di Israele. Il primo è costituito dal dinamismo che si registra grazie all’avvenuta riconversione dell’economia, originariamente ispirata a un’ideologia dirigista, con ampi spazi per le imprese pubbliche e per quelle di “economia collettiva”. La riconversione è avvenuta, dagli anni 90 in poi, tramite l’espansione delle imprese estere, ma anche attraverso lo sviluppo delle iniziative private che le fiancheggiano, nei parchi industriali e tecnologici che sono stati, nel frattempo, costituiti e ampliati. Ma ha giocato un ruolo rilevante anche il nuovo indirizzo della politica economica a favore e a sostegno dell’economia di mercato.
Un secondo, fondamentale fattore del nuovo miracolo tecnologico è costituito dal recupero della sicurezza. Nel 2000 i lavoratori delle industrie tecnologiche erano 66 mila. La minaccia palestinese ha generato un crollo e una fuga di personale specializzato e di investimenti. Con la politica di Ariel Sharon, la situazione si è ribaltata. Gli investimenti e gli specialisti di alta tecnologia sono tornati. Particolare interessante: per la nuova impresa, però, il governo ha concesso a Intel una riduzione della tassa sui profitti (al 10 per cento).
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