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La Stampa Rassegna Stampa
27.12.2005 Il regime egiziano incarcera Ayman Nour e le speranze di rinnovamento democratico
il commento di Fiamma Nirenstein

Testata: La Stampa
Data: 27 dicembre 2005
Pagina: 1
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Mubarak sfida l'America»

La Stampa di martedì 27 dicembre 2005 pubblica in prima pagina e a pagina 12 un editoriale di Fiamma Nirenstein sull'arresto da parte del regime egiziano del dissidente liberale Ayman Nour.

Ecco il testo:

 Che Mubarak abbia deciso di spedire in galera per cinque anni Ayman Nour è triste e perfino ripugnante. Triste, perché Ayman Nour è uno dei migliori democratici in lotta contro una delle satrapie mediorientali, uno dei pochi che propugnano la superiorità di una società libera sulla dittatura e non di uno Stato teocratico su una autocrazia secolare. Però la fratellanza musulmana, che certo minaccia Mubarak molto più di Ayman (egli ha preso alle elezioni il 7 per cento dei voti, mentre i Fratelli Musulmani hanno conquistato 90 seggi) fa paura; la sua influenza è grande ed è innervata in tutto il Medio Oriente. E’ legata all’Iran, alla Siria, agli Hezbollah, ad Hamas. Quindi Mubarak, e questo è ripugnante, ha mandato loro un segnale della sua potenza e della sua determinazione a distruggere i nemici rinchiudendo il debole Nour.
Le tanto sbandierate intenzioni democratiche del raiss egiziano sono dunque ben fragili come già si era capito quando manovrò a settembre le elezioni che aveva propagandato come democratiche prendendo l’88 per cento. Forse tuttavia Mubarak si è scordato che già una volta, appena a marzo, Condoleezza Rice minacciò di cancellare la sua visita di Stato se Nour non fosse stato subito liberato. E lo fu. Si è scordato che oggi, avviata la prima fase della rivoluzione democratica nel Medio Oriente, è forse giunto il tempo di fare politica per promuovere i dissidenti democratici del mondo islamico. Questa, e le democrazie lo sanno, è la migliore arma per evitare che dal seno delle vecchie dittature ne sorgano delle nuove, magari teocratiche.
E peccato che almeno qui l’Europa non arrivi per prima. Di nuovo sono gli Usa a gestire questa tornata dello scontro. Non ci sono soltanto opposizioni teocratiche e terroriste alle vecchie dittature nel mondo arabo. Per questo Bush tiene per le elezioni palestinesi, ma è contro la partecipazione di Hamas. E anche in Libano, in Siria, in Iran, e soprattutto in Iraq, le forze democratiche da aiutare, più o meno grandi, sono là, aspettano solo di uscire allo scoperto col nostro aiuto. Bisogna chiamarle per nome, promuoverle e aiutarle come ha fatto ieri il dipartimento di Stato americano gridando a Mubarak: «Libera subito Ayman».
Non è possibile dimenticare che le mura dell’Urss caddero quando finalmente i dissidenti furono ascoltati e fu chiesta pubblicamente da Reagan la loro liberazione. Oggi è indispensabile ascoltare i vari Farid Ghadri, Azar Nafisi, Omar Karsou e soprattutto Ayman Nour. Loro, non noi, domani vinceranno i Fratelli Musulmani e Hamas e tutti gli integralisti. Ma da soli non possono farcela: è il tempo della seconda fase, i dittatori sono in crisi, adesso dobbiamo aiutare l’opposizione democratica. Anche per l’Europa è il tempo della politica.

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