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La Repubblica Rassegna Stampa
24.12.2005 Betlemme è sempre ostaggio della propaganda
che per attaccare Israele chiama in causa anche Maria e Giuseppe

Testata: La Repubblica
Data: 24 dicembre 2005
Pagina: 19
Autore: Daniele Mastrogiacomo
Titolo: «Betlemme strangolata dai check point»

Da Repubblica del 24 dicembre 2005 riportiamo un articolo dell'inviato Daniele Mastrogiacomo, propagandistico fin dal titolo: Betlemme strangolata dai check point. I check point sono una necessità determinata dal terroirismo, ma non "strangolano" Betlemme, una città dalla quale uomini e merci continuano ad entrare e uscire. Non è in corso nessun assedio medievale-

Ecco il testo:

 Se vivessero oggi, Giuseppe e Maria ci metterebbero due giorni per raggiungere Betlemme da Nazaret: meno di 80 chilometri.

Se vivessero oggi, Maria e Giuseppe conoscerebbero il terrorismo palestinese, sconosciuto nei loro tempi. E, come allora, non sarebbero palestinesi, ma ebrei.

 Dovrebbero passare quindici posti di controllo, cambiare sette volte mezzi, arrampicarsi lungo sentieri sterrati, evitare gli spari dei soldati israeliani,

Mastrogiacomo suggerisce qui l'idea, falsa, che i soldati israeliani sparino a caso sui palestinesi.

aggirare i posti di blocco dei gruppi armati palestinesi

gruppi terroristici 

e poi, con una buona dose di fortuna, entrare in città da qualche viottolo laterale. Il loro non sarebbe certo un ingresso trionfale, lo stesso che ogni anno, il 24 dicembre mattina, l´intera Betlemme, cristiana, ortodossa, armena e perfino musulmana, celebra con un corteo che l´amarezza di un conflitto infinito tra due popoli rende mesto.
Questo Natale, annunciano agenzie di viaggio e organizzazioni religiose, si attendono 30 mila turisti. Ma sembra più un augurio che una previsione realistica. Betlemme per la prima volta nella sua millenaria storia è una città isolata dal mondo. Chiusa dall´imponente muro di cemento armato che ormai la circonda e che la divide dalla vicina Gerusalemme, cerca di sopravvivere confidando sul suo ruolo universalmente riconosciuto. Ma lo fa con uno spirito rassegnato, in un´atmosfera di alta tensione. Quella che si respira quando si raggiunge il nuovo check-point della Tomba di Rachele. La vecchia postazione israeliana è un vero posto di frontiera. Con i suoi metal detector, i nastri che trasportano le valigie, il cunicolo dove si attende il proprio turno, le grate, il filo spinato, le porte circolari che si aprono solo con un comando a distanza. Per i giornalisti o per chi possiede un permesso speciale le procedure sono veloci. Ma per gli abitanti di Betlemme, l´uscita verso Gerusalemme è praticamente vietata.
«Il risultato più vistoso», ci dice padre Ibrahim Faltas, parroco di Gerusalemme e fino al 2002 custode della Basilica della Natività dove per 28 giorni si asserragliarono oltre 100 feddayn,

I terroristi , in realtà sequestrarono la basilica per 28 giorni, mentre padre Faltas, il testimone assai poco attendibile scelto ora da Mastrogiacomo, diffondeva false notizie su ciò che accadeva nel convento.

 «è la divisione di 120 famiglie. Vivevano a Bet Safafa, un villaggio che faceva parte di Betlemme. Israele le ha costrette a una scelta: o di qua o di là del muro. Gente che ha perso il lavoro. Una vita stravolta. Se prima c´era l´Intifada, con gli scontri e poi gli attentati suicidi, oggi c´è il muro, la disoccupazione, la fuga dei cristiani, la disperazione della gente. E´ vero, gli attentati sono praticamente finiti. Ma quel muro fa sentire tutti prigionieri. Betlemme è una grande prigione a cielo aperto».

La barriera difensiva salva vite umane. Il prezzo pagato dai palestinesi sarà superabile in futuro. Il costo del terrorismo, invece, non potrà mai essere risarcito.


Piazza della Mangiatoia si prepara alla grande notte della vigilia. L´atmosfera è carica di attesa. Quest´anno sono riusciti ad addobbare anche il grande pino davanti alla chiesa di Santa Caterina. Dentro fervono i preparativi per la messa di mezzanotte. Ma il resto della città è vuoto. I pochi negozi aperti attendono un miracolo a cui non credono più. A due chilometri di distanza, sotto il doppio muro che protegge la Tomba di Rachele, simbolo sacro del popolo ebraico, la strada è sbarrata. La grande porta scorrevole che apre al resto del mondo è chiusa. E´ stata trovata un´auto sospetta, dicono che sia carica di esplosivo. Due ore di attesa e di tensione. Ma è un falso allarme. Il sindaco Victor Batarseh interrompe la distribuzione dei regali per i bambini offerti dalla Croce rossa internazionale. Protesta: «Israele fa di tutto per impedire l´arrivo dei turisti».

La natura propagandistica dell'affermazione del sindaco, in una situazione in cui i terroristi tentano continuamente di penetrare in Israele, è evidente.

 Ma Israele replica: «Abbiamo dato 3500 permessi speciali in questi giorni per chi vuole andare a Gerusalemme». La frontiera resta chiusa. Bisogna passare per Beit Jallah, arrampicarsi sulle montagne, scendere verso la strada che porta a Hebron, quella del tunnel. Per noi è facile. Per i moderni Maria e Giuseppe sarà una corsa ad ostacoli.

L'articolo si chiude come è incominciato: sfruttando i sentimenti religiosi legati al Natale per attaccare Israele.

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