Venerdì 23 dicembre 2005 Il Mattino non pubblica articoli su Israele Continua la censura sugli attacchi terroristici palestinesi a colpi di Qassam. In compenso l’attenzione si sposta sull’altro bersaglio prediletto da Il Mattino:gli Stati uniti. Se non passa (alcuni giorni fa) il Patriot Act è uno schiaffo a Bush; poi l’accordo si raggiunge su un rinnovo per sei mesi ma: “Patriot Act solo per sei mesi, Bush in difficoltà”. A proposito di difficoltà. Dove sono finiti i sondaggi pubblicati fino a pochi giorni fa che dicevano di un Bush ai minimi storici? Semplice: il job approval è salito, i sondaggi non fungono più ad uso propaganda. Il processo a Saddam? Mica si pone l’accento sulle testimonianze che descrivono gli orrendi crimini dell’ex dittatore? No, si dà spazio, sempre in chiave anti USA, alle infondate accuse dello stesso Saddam: “Saddam: menzogne dall’America” (titolo); “Mi hanno torturato e lo negano. Bugie come sulle armi chimiche” (sottotitolo). Poteva mancare, poi, un riferimento che sminuisce il successo delle elezioni legislative irachene e che descrive una situazione a tinte fosche? Certo che no: “Da 35 gruppi politici no al risultato del voto”. Infine,troviamo un articolo sui neconservatori americani disinformato e zeppo di stereotipi che non trovano nessuna conferma nella realtà. L’autore, Sebastiano Maffettone, li descrive come un movimento mosso da una visione religiosa estremista.
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Di seguito, l'articolo di Maffettone
Tempi di polemiche. Anche a Natale. In America l'ultima in ordine di tempo, e speriamo anche di importanza, riguarda il Natale. La maggioranza una volta silenziosa, ora sboccatissima, dei conservatori ha piantato una grana proprio sul Natale. Vuole promuoverlo. Renderlo speciale. Contro le istanze multiculturaliste, che tendono a rendere il Natale simile a tutte le altre feste dell'anno. Si noti anche che in inglese Natale si dice «Christmas» e che quindi
la parola Cristo
è parte intrinseca del Natale anche foneticamente (mentre da noi il richiamo è blando)È iniziata così, con rumore di grancassa,
la campagna. La American
Family Association ha deciso di boicottare alcuni negozi rei di non adoperare la dizione «Merry Christmas» in nome della più ecumenica «Good holidays» (buone feste).
La Catholic League
ha boicottato anche Wal-Mart la catena più importante di supernegozi di vendita al dettaglio degli Stati Uniti, sempre per la mancanza nella sua pubblicità della parola «Christmas». La campagna di stampa è rafforzata da Fox e altre emittenti pro neo-conservatori. Senza dubbio si tratta di una campagna anomala, dato che non siamo in Arabia Saudita, dove si può essere arrestati per festeggiare il Natale, ma in un paese come gli Stati Uniti, prevalentemente cristiano. Dove il Natale lo si festeggia dappertutto e con clamore spesso eccessivo. Resta, così, difficile comprendere tanto accanimento contro qualche venditore di «alberi per feste» invece di «alberi di Natale» o qualche stampatore di cartoncini augurali con su scritto «Buone Feste» invece di «Buon Natale». Gli esperti dicono però che
la questione Christmas
è antica negli Stati Uniti. Pare infatti che i Puritani non amassero particolarmente la festività natalizia, colpevole a loro dire di distrarre dalla fede autentica e seria. E la neo-cristianizzazione forzata vorrebbe redimere il paese anche da questo peccato originario. Lo fa anche insistendo sulla commercializzazione del fenomeno, che la destra neo-con e cristiana vede ora con favore, mentre prima era favorita dai commercianti ma avversata dai religiosi. Gruppi non-cristiani, a cominciare dagli ebrei, hanno espresso preoccupazione per questo andamento. Trasformare il Buon Natale in Buone Feste era a loro avviso un modo per proteggere le minoranze religiose. Tanti «Christmas parties» diventati «Holidays parties» dimostravano - a sentire le minoranze - una cura per gli altri più robusta di quella dimostrata dall'attuale maggioranza. E di certo in questo forzare l'identità religiosa di una parte della nazione si può notare minore preoccupazione per
la diversità. L'America
starebbe diventando - dice qualcuno, senza dubbio esagerando - una specie di teocrazia. Per fortuna il buon senso sembra resistere e così i commercianti persistono nell'affidarsi a oggetti-regalo per le feste e non per Christmas e la gente alterna indifferentemente il «Buone Feste» con il «Merry Christmas». Anche io facevo così prima. Ma, francamente, basta sentire parlare di una campagna come questa perché venga voglia di augurare a tutti solo e sempre: «Buone Feste!»