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Il Foglio Rassegna Stampa
22.12.2005 Dossier Spielberg: nuova puntata
Abraham Foxman dell'Anti Defamation League lo difende

Testata: Il Foglio
Data: 22 dicembre 2005
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: «Avviso per Spielberg, il marketing del silenzio non paga»

Abraham Foxman, presidente dell'Anti Defamation League, dfende il film di Spielberg "Munich", fortemente criticato in Israele.

Ecco l'articolo:

Roma. “Mi si nota di più se vengo e me ne

 

sto in disparte o se non vengo per niente?”.

 

La domanda di Nanni Moretti in “Ecce bombo”

 

potrebbe essere oggi girata a Steven

 

Spielberg, accusato, a un giorno dall’uscita

 

americana del film “Munich”, di essersela

 

tirata troppo a forza di dire “no” alle interviste,

 

“no” alle anteprime, “no” al presenzialismo.

 

“Se tu non racconti la tua storia,

 

qualcun altro lo farà per te, e ci sono molte

 

possibilità che non ti piaccia quello che ne

 

verrà fuori”. Questa frase del signor Allan

 

Meyer, esperto di management e consulente

 

di Spielberg, si è rivelata, direbbero gli psicanalisti,

 

“una profezia che si autoverifica”.

 

Secondo il Los Angeles Times, infatti, il regista

 

ha fatto parlare gli altri fino a ritrovarsi

 

con una serie di critiche boomerang. A

 

che cosa è servito – si chiede Patrick Goldstein

 

sul quotidiano californiano – nascondere

 

“Munich” sotto una coltre di top secret

 

e lasciar fiorire un dibattito preventivo sul

 

tema del film (la reazione del Mossad all’attentato

 

di Monaco, nel 1972, in cui persero la

 

vita undici atleti della squadra olimpica

 

israeliana)? Non è servito a nulla, si risponde

 

il giornalista. Soprattutto se poi, come

 

Spielberg, si capitola di fronte alla prospettiva

 

di una bella copertina sul settimanale

 

Time. Tutto sbagliato, scrive Goldstein. Troppo

 

mistero, troppa ipocrisia e pure un velato

 

conflitto di interessi, visto che l’intervista

 

a Time, uscita il 4 dicembre scorso, era scritta

 

“da Richard Schickel…che ha girato un

 

documentario prodotto da Spielberg”.

 

Ma il Los Angeles Times non è il solo a sezionare

 

gli errori di strategia del regista. A

 

forza di stare in silenzio, scrive Variety,

 

Spielberg non ha “testato” la tenuta di “Munich”:

 

“Gli spettatori guarderanno l’orologio

 

piuttosto che interrogarsi sulla pace nel

 

mondo”. Peggio ancora è andata alle nomination per i Golden Globe, quando i giornalisti

 

si sono trovati in mano fotocopie dell’articolo

 

di Time al posto di Spielberg in conferenza

 

stampa. Pare insomma che Spielberg,

 

a forza di fare il prezioso, abbia lasciato le

 

magagne politiche della trama di “Munich”

 

in balia dei detrattori. Il New York Times, all’indomani

 

di una delle poche anteprime, ha

 

accusato il regista di aver riempito “Munich”

 

di “false generalizzazioni”: “Non ammette

 

l’esistenza del male, ma, siccome il male esiste,

 

mistifica la realtà”. “Capirei se fosse un

 

negoziatore in medio oriente, ma è un regista”,

 

ha scritto ancora Goldstein, mettendo

 

così un epitaffio sul “marketing del silenzio”

 

adottato da Spielberg. In effetti il silenzio è

 

fitto soprattutto sugli aspetti politicamente

 

controversi del film, considerato da alcuni

 

troppo critico verso il Mossad.

 

Ma è proprio dove ci si sarebbe aspettati

 

un avversario feroce che si è trovato un aladino del regista. Abraham Foxman, direttore

 

dell’organizzazione ebraica Anti Defamation

 

league, ha infatti elogiato “Munich”

 

(che invece in Israele è stato preventivamente

 

accusato di pressappochismo storico

 

e parzialità politica, tanto che Spielberg, per

 

lanciare il film, ha assunto Eyal Arad, il guru

 

delle pubbliche relazioni di Ariel Sharon).

 

“Noi non pensiamo che il ‘Munich’ sia

 

un attacco a Israele”, ha detto Foxman dopo

 

una proiezione-pilota. “Gli israeliani del

 

1972, nel film, si pongono le stesse domande

 

degli israeliani di oggi a proposito della difesa

 

dagli attentati. E Spielberg mostra con

 

rispetto e comprensione la necessità di rispondere

 

al terrorismo, tanto che Munich

 

può essere visto come una difesa dell’azione

 

americana in Iraq”, ha aggiunto Foxman.

 

Forse Spielberg, in vista dell’uscita del film

 

in Israele (il 26 gennaio prossimo) doveva assumere

 

Foxman al posto di Arad.

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