Avvenire di giovedì 22 dicembre 2005 pubblica un articolo di Andrea Lavazza su un filosofo inglese che sostiene la legittimità del terrorismo suicida palestinese. Le tesi di Ted Honderich possono essere rifiutate semplicemente invocando il divieto dell'uccisione deliberata di esseri umani innocenti. Spiace che il quotidiano dei vescovi italiani non spenda, nella difesa di questo pricipio, i toni indignati che un attacco come quello di Honderich avrebbe ben meritato. L'articolo di Andrea Lavazza è in ogni caso chiaramente avverso alle tesi del filosofo, tanto che si incentra sulla discussione dei limiti della libertà di espressione da concedere a simili "argomentazioni". Prima ancora di discutere di questo, tuttavia, sarebbe necessario ribadire l'altro motivo per cui Honderich sbaglia su tutta la linea: le promesse fattuali da cui parte sono false.
- Il terrorismo non è una conseguenza dell'occupazione di Cisgiordania e Gaza, esisteva prima di essa e continua ad esistere quando essa cessa (come dopo Oslo, o dopo il ritiro da Gaza)
- I terroristi palestinesi non sono aggrediti da Israele, sono gli aggressori , prova ne sia il loro costante rifiuto di ogni soluzione di compromesso, ciò che vogliono è la distruzione dello Stato di Israele
- Per perseguire i loro scopi nazionali i palestinesi avrebbero a disposizione mezzi più efficaci del terrorismo, primo fra tutti il negoziato; ma, giova ribadirlo ancora una volta, i terroristi non vogliono costruire uno Stato, ma distruggerne un altro
Segnaliamo anche il sommario dell' articolo, che recita
Lo stimato logico britannico non è antisemita,ma denuncia le «aggressioni» del sionismo La provocazione:contro Israele esiste un diritto di ricorrere alla forza. Anche contro i civili
Più correttamente l'articolo di Lavazza si limita a ricordare che Honderich ha negato di essere antisemita, con argomentazioni non all'altezza, ci sembra, di un celebre logico ( ho sposato un 'ebrea, dice per esempio). Che abbia ragione lui, dunque, è ancora tutto da dimostrare. Non è il caso di presentare la sua fiacca smentita come un fatto oggettivo
Londra Ted Honderich sfida Blair appoggiando l’«autodifesa armata» degli arabi. Già due anni fa aveva scandalizzato la Germania con un pamphlet sull’11 settembre: il libro fu ritirato, ma Habermas lo difese È uno stimatissimo filosofo, con l'aplomb di un signore di campagna britannico, una vaga somiglianza con Bertrand Russell, insieme al quale condivise molti anni fa una delle sue rare manifestazioni di protesta, sedendo a Londra sulla piazza del Parlamento. Ora, Ted Honderich vuole finire in prigione, novello Socrate, dopo aver violato «leggi ingiuste» dello Stato. Certo non per bere la cicuta come il maestro ateniese, neppure per morire in cella come lo «scandaloso» psicoanalista Wilhelm Reich. Piuttosto come lo stesso Russell, che nel 1918 fece sei mesi di confortevole carcere per essersi opposto alla guerra. La sua sarà una sfida "personale" a Tony Blair (che da vecchio laburista di sinistra non sopporta) e alle sue norme antiterrorismo, con cui viene punita ogni forma di apologia della violenza. E che potrebbero rendere il caso di Honderich più simile alla poco nobile vicenda del negazionista David Irving, arrestato recentemente in Austria. A 72 anni, professore emerito di Filosofia della mente e di Logica all'University College, autore di due dozzine di saggi assai citati, un'autorità nel campo degli studi sul determinismo, è pronto a dare alle stampe in aprile il suo nuovo libro, Giusto, sbagliato, la Palestina, l'11 settembre, il 7 luglio..., data degli attacchi al cuore di Londra. L'editore inglese? Alla pubblicità, in questo periodo, preferisce il segreto in cui fare lavorare i propri legali (se ne capirà poi il motivo). Si tratta di una riflessione sulla responsabilità morale, sulla democrazia e il ruolo centrale dell'eguaglianza oggi sacrificata, a parere di Honderich, rispetto alla libertà. Ma la parte "calda" del volume sarà la tesi (discussa e assai discutibile) che i palestinesi abbiano diritto di combattere con tutti i mezzi l'occupante israeliano. L'argomento politico è che lo Stato ebraico ha piena legittimità nelle frontiere del 1967, mentre sarebbe inaccettabile l'«espansionismo» che l'ha portato ad allargare i confini a scapito degli arabi. Di q ui l'argomento filosofico: i palestinesi non hanno altra possibilità che l'autodifesa armata e ciò va asserito come constatazione di fatto, nonché attribuzione di un diritto; ciò però non implica né l'esaltazione, né tantomeno l'istigazione al terrorismo. Starebbe qui il discrimine della libertà di espressione, quella che - ricorda Honderich - il giudice della Corte suprema Usa Felix Frankfurter (difensore di Sacco e Vanzetti) riconobbe a chi si esprimeva a favore dell'uso della forza per provocare cambiamenti politici e che il governo britannico è intenzionato a bandire. La stessa dichiarazione Onu sui Diritti umani parla (ma solo in ultima istanza, ndr), di ribellione contro la tirannia e l'oppressione - sottolinea l'autore, trascurando le specificità della situazione mediorientale e il fatto che le azioni suicide prendono spesso di mira la popolazione civile inerme senza nemmeno un esplicito "avviso di guerra". Si preannuncia una replica di quanto è avvenuto due anni fa in Germania all'uscita di After the Terror, il volume che Honderich dedicò all'analisi degli attacchi alle Torri Gemelle da un'altrettanto provocatoria prospettiva, in cui rimarcava le omissioni del mondo ricco verso le regioni povere, prendendo ad esempio le venti milioni di vite che si potrebbero salvare in soli quattro Paesi africani, sulla linea del più famoso intellettuale radicale, Noam Chomsky. Anche in questo testo, però, compariva la critica del «neosionismo», ovvero la presunta versione «aggressiva» del sionismo. Recensioni non scandalizzate in Inghilterra e negli Stati Uniti (dove il libro è stato pubblicato da case editrici universitarie), poi due giornali sollevano il caso in Canada e a Francoforte. La campagna di stampa convince l'Oxfam, una delle più attive ong internazionali, a rinunciare alle cinquemila sterline dei diritti d'autore che Honderich aveva destinato per l'assistenza medica nei Territori occupati (denaro poi accettato da un'altra organizzazione umanitaria). In Germani a la polemica è ben più accesa. L'allora direttore del centro studi sull'Olocausto di Francoforte, Micha Brumlik, lo accusa sulla "Frankfurter Rundschau" di essere un «filosofo che odia gli ebrei». Il dibattito si allarga, una conferenza di Honderich è presidiata da decine di poliziotti; in sua (tiepida) difesa interviene Jürgen Habermas, che rivendica di aver consigliato la traduzione all'editore Suhrkamp il quale, tuttavia, ritira il volume (tremila copie già vendute). L'autore ribatte di non essere antisemita, di aver sposato un'ebrea, di non aver visitato la Germania fino alla caduta del Muro proprio per rispetto alle vittime della Shoah, finché Abraham Melzer, ebreo, per un periodo residente in Israele, si offre di ripubblicare il libro (con alcune modifiche; ad esempio, era esagerato il numero di russi emigrati in Medio Oriente) per i tipi della Melzer Verlag, assai critica verso Gerusalemme. Finirà in manette, stavolta, il filosofo-attivista? Più probabile che, per prudenza, la casa editrice lo convinca a qualche aggiustamento o che il libro veda la luce prima negli Stati Uniti, presso Seven Stories Press. Alcune tesi di Honderich - in particolare il poscritto al libro del 2002 in cui si spingeva a parlare di «terrorismo umanitario» -, pur filosoficamente sofisticate, risultano inaccettabili. In ogni caso pongono un dilemma che ci accompagnerà ancora a lungo: quale condotta bisogna tenere in una società libera davanti a simili argomentazioni, sostenute non da un miliziano ma da un intellettuale che rivendica il diritto d'espressione?
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