Il Corriere della Sera di martedì 20 dicembre 2005 pubblica a pagina 18 un articolo di Cecilia Zecchinelli che riportiamo:
Se il Grande Satana è Israele (a pari merito con gli Usa), anche chi con lui ha osato far pace va condannato senza appello. E così si spiega il posto d'onore che verrà attribuito in gennaio dal festival cinematografico più importante d'Iran a un film ancora in postproduzione ma già controverso. «34 pallottole per il faraone» è il titolo. Ovvero per Anwar Al Sadat, il presidente egiziano che nel 1979 — primo nel mondo arabo — firmò il trattato di pace con l'ex nemico e due anni dopo fu ucciso da un comando della Jihad Islamica guidato da Khaled Islambuli. Al grido, non a caso, di «A morte il faraone».
Il film «conterrà immagini dal vero dell'assassinio di Sadat e del processo al martire Islambuli e ai suoi compagni... Sarà un omaggio a tutti i martiri della lotta contro i lacchè dell'Occidente», promette la società di produzione. Che fa capo all'ormai noto «Comitato per la glorificazione di martiri per il movimento globale islamico». Un gruppo estremista nato pochi anni fa — con la benedizione dell'attuale presidente Mahmoud Ahmadinejad — per arruolare kamikaze da mandare in Israele, Iraq e Europa e per altre imprese minori. Come il premio di 100 mila dollari per la morte dello scrittore «blasfemo» Salman Rushdie; la costruzione di una torre- monumento a Teheran per i «martiri» nell'attentato ai Marines di Beirut nel 1983; l'arruolamento di kamikaze per difendere gli impianti nucleari iraniani.
E adesso il film. Che parteciperà al 24˚ Festival di Fajr (promosso dal ministero della Cultura, con almeno una pellicola italiana: «Private» di Saverio Costanzo) e che in un momento di già tesissimi rapporti con l'Occidente getterà solo altra benzina sul fuoco. Anche se le reazioni più dure sono attese ovviamente dall'Egitto, unico Paese arabo a non aver relazioni diplomatiche con Teheran a cui rimprovera di aver intitolato una via della capitale a Islambuli (la promessa di cambiarle nome non è stata mantenuta) e ancor più l'appoggio ai gruppi islamici egiziani.
Ma per l'Iran, evidentemente, le reazioni del mondo sono meno importanti di un film degno di far parte «della crema della produzione mondiale», a cui sarà permesso circolare insieme a tutte le altre pellicole «con contenuto spirituale e senza inutili violenze» anche quando il nuovo diktat di Ahmadinejad sarà applicato. Proprio ieri, il presidente ex pasdaran ha infatti annunciato la prossima messa al bando da radio e tv di Stato di «musica decadente e occidentale». E di «film indecenti» da tutti i cinema della Repubblica Islamica.
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