Lo spirito di Monaco condiziona ancora l'Europa anche verso l'Iran di Ahmadinejad
Testata: Il Foglio Data: 15 dicembre 2005 Pagina: 3 Autore: la redazione Titolo: «Per chi ancora non l'avesse capito - La vertigine d’impunità di Ahmadinejad sposta più in alto l’asta dell’odio»
IL FOGLIO di giovedì 15 dicembre 2005 pubblica a pagina 3 un editoriale sulle ultime dichiarazioni del presidente iraniano Ahmadinejad. Ecco il testo:
Per chi ancora non l’avesse capito, il presidente iraniano Ahmadinejad considera l’olocausto degli ebrei un "mito" e Israele uno Stato da cancellare dalla mappa o da spostare in Carinzia o giù di lì. Per chi ancora non lo avesse capito, l’Iran si sta dotando – mancano pochi mesi per ammissione perfino dell’Agenzia atomica internazionale – della bomba nucleare. Se non ci fosse in ballo Israele, se una parte dell’occidente non fosse stanca, se l’Europa non si stesse suicidando nelle more di un dibattito su come continuare a foraggiare gli agricoltori chiracchiani della Corrèze, forse saremmo qui a discutere di un conflitto che sta per diventare inevitabile, di una minaccia intollerabile alla pace e alla stabilità. Invece nulla. Una nazione così minacciosa, un presidente così dichiaratamente bellicoso e un regime torturatore e fomentatore di odio sono trattati con la degnazione dei pavidi, dei volenterosi carnefici di se stessi. Si dice che in realtà Ahmadinejad è debole, che con l’Iran si può trattare, che la democrazia non arriva sulla punta delle baionette. Il dramma è che una dittatura può colpire con la punta di uno Shahab 3, magari lo Stato democratico d’Israele. Per fortuna ci sono i veri resistenti iracheni (sunniti compresi) che oggi vanno a votare – sotto le bombe, e dunque il loro voto vale doppio, non la metà – per tentare di allontanare quello spirito di Monaco che l’Europa non riesce proprio a togliersi di dosso, mentre cavilla ipocrita sui voli della Cia che tutti conoscevano o sui foglietti d’intelligence tarocca che nulla hanno a che fare con la guerra che il terrorismo jihadista ha dichiarato alla civiltà l’11 settembre 2001. Per fortuna si scopre che Chirac sta al minimo storico nei sondaggi in un paese, la Francia, che è e che inizia a sentirsi in declino, ma che continua a processare sulla pubblica piazza i pochi pensatori liberi alla Finkielkraut che hanno il coraggio di dire che il re è nudo. Ma più che vedere con i propri occhi che l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder ha la visione e la statura e il ruolo e lo stipendio di un alto impiegato dell’impero petrolifero putiniano (ma il greggio non era lo spirito guida e maligno di Bush?) e nulla più, che cosa deve accadere perché le anime pie riconoscano l’importanza del momento? Che cosa deve accadere perché gli Zucconi di tutto il mondo ammettano che è una fortuna che il premier inglese Tony Blair, proprio ieri, abbia fatto capire che lascerà sì la politica, ma non prima della fine del suo mandato? In prima pagina troviamo l'articolo "La vertigine d’impunità di Ahmadinejad sposta più in alto l’asta dell’odio":
Roma. "Hanno fabbricato una leggenda denominata ‘massacro degli ebrei’ e l’hanno innalzata al di sopra di Dio, delle religioni e dei profeti. Tanto che se qualcuno osa criticare il mito dell’eccidio degli ebrei le casse di risonanza sioniste e i governi al loro soldo cominceranno a protestare". Alla sua terza invettiva anti israeliana, il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad parla ancora più chiaro, quasi a voler misurare la soglia della riprovazione internazionale. L’olocausto è un mito, un falso problema occidentale che Israele sfrutta per opprimere la nazione palestinese. "Se gli europei insistono nel dire di aver commesso questo crimine, la nostra proposta è questa: mettete un pezzo di terra a disposizione in Europa, negli Stati Uniti, in Canada o in Alaska". Il cuore della questione israelo-palestinese non è per Ahmadinejad un "conflitto politico", no, l’illegittimità di Israele non sarà mai negoziabile: quella in medio oriente è una "guerra etico-religiosa", che dovrà portare alla distruzione dell’"entità sionista". Posizioni condivise dalla dirigenza iraniana, in particolare dall’ayatollah Khamenei: "Il compromesso con i sionisti non migliorerà la situazione – ha detto nel corso di un affettuoso incontro con il leader di Hamas, Khaled Meshal – la vittoria sarà raggiunta attraverso la resistenza". Indignazione, scandalo e turbamento nel susseguirsi di reazioni. "Il presidente iraniano si è posto al di fuori della decenza internazionale", ha commentato Mark Regev, portavoce del ministero degli Esteri israeliano. Condanne decise in Europa. Inaccettabili le parole del presidente iraniano pure per la portavoce dell’Agenzia atomica, Melissa Fleming, che ha tuttavia chiarito: sul dossier nucleare "niente è cambiato". Il Nobel per la pace ElBaradei chiede agli Stati Uniti "garanzie per la sicurezza" nel pacchetto di incentivi al dialogo, la Casa Bianca risponde che non è questo il momento delle concessioni e i mullah a Teheran dicono sprezzanti che, tanto, di quelle garanzie non se ne fanno nulla.
Un cortocircuito da aggiustare Questo è lo stesso Iran che invoca la distruzione di Israele e che muove le sue pedine in Iraq – ieri il New York Times riportava la notizia di un camion di schede "votate" dall’Iran per influenzare il voto alle parlamentari irachene – e in Libano – i ministri di Hezbollah hanno lasciato il Parlamento a sostegno di Damasco – e che arma le organizzazioni terroristiche e che brama il nucleare e che si riempie di missili russi. La comunità internazionale evade il problema compartimentalizzando "la questione Iran" in inconcludenti dossier. La minaccia non è un artificio retorico. Hassan Abbasi, consigliere del presidente, ha detto: "Abbiamo una strategia per la distruzione della civiltà occidentale e anglosassone. Dobbiamo utilizzare tutti gli strumenti per raggiungere questo obiettivo". La consapevolezza del cortocircuito diplomatico occidentale invade Ahmadinejad con la vertigine dell’impunità. Sa che l’Europa è divisa, che i farraginosi meccanismi dell’Aiea consentiranno infinite disquisizioni sino a che ElBaradei sarà persuaso di avere"la pistola fumante", che la Russia si definirà scandalizzata dalle sue esternazioni, ma non abbastanza da porre veti al Consiglio di sicurezza (né fermare la vendita dei missili Tor), che gli scambi commerciali con la Cina entro la fine del 2006 schizzeranno a 10 miliardi di dollari e che le rendite petrolifere consentirebbero al paese di affrontare un nuovo regime di sanzioni. C’è ben più di una ragione per aggiustare il cortocircuito. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.