Monaco 72: aspettando il film, ricordiamo la storia la ricostruzione di Carlo Panella
Testata: Il Foglio Data: 08 dicembre 2005 Pagina: 2 Autore: Carlo Panella Titolo: «Monaco ’72, storia di una strage e di una vendetta di Stato»
IL FOGLIO di giovedì 8 dicembre 2005 pubblica una rticolo di Carlo Panella che riscostruisce la strage degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco del 1972 e la risposta ordinata da Golda Meir.
Ecco il testo: La storia della strage degli atleti israeliani di Monaco non è facile da scrivere, perché in quei pochi giorni, in quelle troppe morti, si condensò tutta la storia dei giorni che la precedettero e la seguirono. Non solo la storia di quelle vite spezzate, ma la storia dei loro popoli. Anche del popolo tedesco. La storia delle vittime, innanzitutto: degli atleti ebrei. Atleti. Ebrei. In Germania. Oggi si stenta a credere che qualcuno possa avere progettato di uccidere ebrei, in Germania, durante i giochi della pace, i giochi olimpici. Questo invece fu progettato, fu organizzato fu portato a termine. Il simbolo, nelle azioni di terrorismo, si sa, è tutto. Il terrorista sceglie una vittima che non è più né uomo né donna né bambino, lo spoglia della sua umanità e lo trasforma in "rappresentazione", "simbolo", idolo da infrangere. Così fu a Monaco, alle tre e quarantacinque del mattino del 5 settembre 1972, quando, in una palazzina del Villaggio Olimpico, il "blocco 31", un commando di otto palestinesi falciò a colpi di mitra, a tradimento, Moishe Weinber, ebreo, israeliano, allenatore. Fu il primo ebreo ammazzato perché ebreo in Germania dal 1945. Iniziò così il sequestro dei nove atleti israeliani. La violazione della sacra tregua olimpica, l’essenza stessa delle Olimpiadi che potevano essere tali, solo perché ogni guerra, ogni conflitto era sospeso. Sentita la raffica di mitra, l’allenatore israeliano Shkottzy, che abitava a fianco, diede l’allarme. Alle cinque del mattino, il capo della polizia di Monaco, Manfred Schreiber, prese il comando delle operazioni. I palestinesi dichiararono di essere di Settembre Nero e chiesero la liberazione di 234 feddayn imprigionati da Israele in cambio degli ostaggi. Ma quel nome – Settembre Nero – e la stessa tecnica dell’irruzione nel "blocco 31", resero subito evidente che non era un rapimento, una trattativa, uno scambio. Era invece parte della guerra del movimento palestinese per eliminare Israele dalla faccia della terra. L’Europa che oggi si indigna per la volontà del presidente iraniano Ahmed Ahmadinejad di cancellare Israele, nel 1972, stranamente, non si indignava affatto quando la stessa, identica cosa, la pensavano, la dicevano, la scrivevano nello Statuto dell’Olp, Yasser Arafat, che del commando di Monaco era il mandante, il leader politico, Abu Iyad, o Salah Khalaf (il braccio destro, l’amico fraterno di Arafat sin dagli anni Cinquanta), comandante militare dell’operazione e i suoi "operativi" Nizar Amar e Abu Odeh. Tutti – generali, ufficiali, feddayn – avevano chiaro in testa che l’obbiettivo strategico della loro lotta era, come da articolo 15 dello Statuto dell’Olp, "la liquidazione in Palestina della presenza sionista". Israele, secondo questi combattenti palestinesi "è razzista e fanatico nella sua natura, aggressivo, espansionista e colonialista nei suoi scopi e fascista nei suoi metodi" (sempre dallo Statuto dell’Olp). Da questa definizione del nemico e dell’obbiettivo strategico discese tutto quanto accadde dall’omicidio di Moishe Weinber in poi: non una presa d’ostaggi, ma un’azione di guerra. Walter Troger, "sindaco" del villaggio olimpico, testimone involontario, così sintetizzò le poco più di diciassette ore in cui durò il dramma: "I terroristi palestinesi avevano ordinato che anche io fossi coinvolto nei negoziati, che iniziarono alle sei del mattino e si conclusero alle otto. Da una parte io, il capo della polizia, una donna poliziotto e dall’altra parte il capo dei terroristi, che avevano una specie di maschera sulle facce annerite. Gli ostaggi israeliani erano legati ai letti e alle sedie ed erano allacciati tutti insieme. Io e il capo della polizia pensammo di fare qualcosa, ma non trovammo alcuna soluzione che permettesse di avere la meglio sui terroristi o che favorisse un’irruzione di agenti nel blocco 31 senza mettere in pericolo la vita degli israeliani. I terroristi volevano la liberazione di 234 prigionieri palestinesi in Israele e lanciarono diversi ultimatum. Noi cercammo di prendere tempo, continuavamo a mantenere un dialogo per guadagnare tempo e mettere a punto un piano". Poi la situazione precipitò, perché i terroristi uccisero un ostaggio: Joseph Romano. Mentre Moshe Dayan da Gerusalemme inviava i dirigenti e i migliori uomini del Mossad, le autorità tedesche si mossero animate da una sola ed evidente intenzione, tentare di allontanare la grana dal suolo tedesco. Alle diciotto fu annunciata, con ore di ritardo, l’ovvia decisione di sospendere i Il commando palestinese colpì durante le Olimpiadi, morirono undici atleti israeliani e cinque degli otto terroristi giochi olimpici, nel frattempo, la polizia propose al commando una mediazione: trasferimento degli ostaggi in Algeria dove Settembre Nero avrebbe proseguito le trattative con Israele per uno scambio di prigionieri. La proposta fu accettata. Gli ostaggi e i terroristi vennero così trasferiti su tre elicotteri all’aeroporto militare di Fürstenfeldbruck. Sulla pista, li attendeva un aereo della Lufthansa che avrebbe dovuto condurli in Algeria. Ma quando il primo rapitore palestinese entrò nella cabina di pilotaggio dell’aereo, si accorse che a bordo non c’era l’equipaggio. Cominciò allora a gridare ai suoi compagni: "E’ una trappola, non avvicinatevi!". A questo punto, gli agenti tedeschi del Bundesgrenzchutz (il corpo speciale antisommossa) aprirono il fuoco sul commando palestinese e attivarono potenti riflettori che abbagliarono i feddayn. Due di essi furono colpiti a morte. Il commando palestinese superstite, invece di impegnare tutto il fuoco per rispondere ai tedeschi, o di arrendersi compì la missione: un feddayn lanciò una bomba a mano dentro l’elicottero in cui ancora si trovavano i nove ostaggi. Morirono così dilaniati i lottatori Mark Slavin ed Eliezer Halflin; i pesisti Davide Berger e Zeev Friedman; gli allenatori Kheat Shorr, André Spitzer e Amitzur Shapiro; i giudici di gara Jokov Sprinter e Joseph Gotfreund. Ammazzati gli ebrei, raggiunto l’obbiettivo, i tre palestinesi superstiti del commando si arresero. Ma non restarono a lungo in prigione. Furono infatti liberati subito dopo, il 29 novembre, in cambio di un aereo della Lufthansa dirottato, sempre da Settembre Nero a Zagabria, durante il volo da Francoforte a Beirut. Il cancelliere Willy Brandt definì il comportamento delle autorità tedesche: "Uno sconcertante documento di incapacità". Il ministro degli Interni Hans-Dietrich Genscher scaricò sulla polizia bavarese la responsabilità di avere radunato attorno all’aereo quattrocento poliziotti, di cui però solo cinque erano tiratori scelti che non disponevano neanche di mirini agli infrarossi. Ma, al di là delle evidenti e scabrose responsabilità personali, era indiscutibile un quadro di totale, assoluta, incredibile permeabilità tedesca alle iniziative dei terroristi palestinesi. Un quadro che già si era verificato e ancora si verificherà a fronte di tutte le altre azioni precedenti e successive dei terroristi palestinesi in Europa. Tredici anni dopo, il 30 agosto 1985, il leader palestinese Abu Daud, così spiegò il senso dell’azione al settimanale tunisino Realités, che lo presentò, con simpatia, come uno degli "architetti della strage": "Le azioni speciali ricreano la fiducia delle masse e ridanno entusiasmo ai giovani. In certe situazioni è più importante uccidere un ufficiale che vincere una battaglia classica. Lo Stato sionista è un’entità militare e come militari devono essere considerati i suoi cittadini". La conferma che Monaco ’72 era stato un atto di guerra. Non è formalità ricordare che il movimento palestinese tutto, come tutti gli Stati arabi, nel 1972 si considerassero, anche formalmente, in stato di guerra contro una "entità sionista" che occupava, secondo loro illegalmente, la Palestina. Non è una formalità ricordare che palestinesi e arabi non riconoscevano l’autorità dell’Onu che aveva fondato lo Stato di Israele, e che avevano rifiutato di firmare una pace sia nel 1948, che nel 1956, che nel 1967, con uno Stato che – secondo loro – doveva scomparire e con cui Libano, Siria, Giordania e Egitto avevano definito solo una linea di "cessate il fuoco" temporaneo. Una situazione di guerra carsica, resa ancora più drammatica dall’azione di cui Israele era stata vittima nel maggio del 1972, a opera di un commando di tre giapponesi dell’Armata Rossa, organizzato da Wadi Haddad, leader palestinese che agiva in raccordo con i servizi segreti tedescoorientali (Stasi) e i terroristi tedesco-occidentali della Raf, delle Revolutionären Zellen e della 2 Juni. Sbarcati da un aereo con le macchine fotografiche a tracolla, essi si erano piazzati al centro della hall principale dell’aeroporto, avevano estratto le armi e avevano iniziato a sparare all’impazzata con un volume di fuoco incredibile, che uccise ventisette persone e ne ferì settantanove. Questo è dunque il quadro che si presenta nel settembre 1972 di fronte al governo israeliano di Golda Meir che decise una immediata ritorsione col bombardamento delle basi dell’Olp nel sud del Libano (naturalmente piazzate all’interno dei campi profughi, tra i civili, come era ed è costume incredibile dei combattenti islamici e di nessun altro movimento nazionale al mondo). Ma il governo e il Comitato governativo di difesa di Israele, presero anche un’altra decisione: ordinarono al Mossad, il servizio segreto israeliano, di eliminare tutti i dirigenti della Olp e del Fplp che avevano partecipato all’azione di Monaco, ovunque si trovassero, in Europa o altrove. Fu il primo atto formale, e in seguito riconosciuto e rivendicato, di omicidi mirati da parte del governo legittimo di uno Stato per contrastare il terrorismo. Azioni simili sono state contestate ad esempio dal giudice spagnolo Baltasar Garzon a strettissimi collaboratori dell’ex primo ministro socialista Felipe Gonzales per l’eliminazione dei terroristi dell’Eta basca tramite squadre della morte illegali, i Gal, durante gli anni Ottanta. Altri omicidi mirati sono senza dubbio stati messi a segno dalle forze di sicurezza inglese nei confronti dell’Ira irlandese. Ma mai un governo ha ammesso di avere compiuto questa scelta, che ventuno anni dopo è stata invece svelata e rivendicata proprio dall’uomo che più si applicò per realizzarla, il generale israeliano Aharon Yariv consigliere per il terrorismo del primo ministro Golda Meir e responsabile per i servizi segreti, che arrivò a parlarne in una intervista trasmessa dalla televisione israeliana il 22 novembre 1993: "Noi abbiamo organizzato metodicamente un’operazione di liquidazione dei capi di Settembre Nero. il Mossad uccise tra i dieci e i quindici leader della guerriglia palestinese in Europa e a Beirut, durante un periodo di mesi. A volte, per liquidarli furono messe bombe nelle loro case. Non avevamo limiti geografici li colpivamo ovunque si trovassero. Commettemmo anche un errore: nel luglio del 1973 gli uomini del Mossad uccisero per sbaglio in Norvegia un cameriere marocchino, scambiandolo per uno degli obiettivi palestinesi. Queste azioni del Mossad contro Settembre Nero raggiunsero lo scopo. Il gruppo palestinese infatti cessò le azioni contro israeliani all’estero". La rivendicazione formale della scelta, la stessa ammissione spontanea dell’errore commesso con il povero cameriere marocchino, spiegano meglio di ogni trattato come in Israele sia evoluto drammaticamente il tema della "purezza delle armi" che ha sempre contraddistinto il movimento militare sionista ufficiale dell’Haganah, contrapponendolo spesso – anche manu militari – ai movimenti sionisti terroristi come il Lhei e il Gruppo Stern. A fronte di una iniziativa terroristica senza scrupoli e dalle grandissime disponibilità (il Times di Londra sosterrà il 19 aprile 1976 che l’operazione di Monaco abbia fruttato a Settembre Nero ben sette milioni di dollari); a fronte soprattutto della assoluta mancanza di volontà delle autorità europee di collaborare seriamente con Israele per contrastare il terrorismo (come si vedrà anche in Italia con l’attentato di Fiumicino del 1973 con la pronta restituzione dei terroristi e il caso dell’aereo Argo 9); a fronte della mancanza di ogni e qualunque tutela internazionale, Israele decise di applicare il diritto di guerra. Contro un avversario che sosteneva che Israele non doveva esistere, che era fascista e che tutti i suoi cittadini erano obbiettivi leciti perché militari, donne, vecchi e bambini inclusi, un avversario che pochi mesi dopo truciderà, a freddo, ventuno bambini israeliani della scuola di Maariot, Golda Meir e i dirigenti laburisti israeliani, membri dell’Internazionale socialista, decisero nel settembre 1972 che non era più possibile agire dentro i limiti del codice di pace (rogatorie, Interpol, processi), ma che la sicurezza nazionale poteva essere perseguita solo dentro la cornice del codice di guerra. Questo elemento non è formale, anche se è fondamentale sotto il profilo del diritto. E’ innanzitutto un elemento politico, che risponde alle critiche di chi sostiene, a ragione, che non bisogna mai abbandonare, anche contro il terrorista più feroce, i principi dello Stato di diritto. La scelta politica fu infatti quella di non accettare di applicare le regole del codice di pace, contro un nemico che applicava le regole del codice di guerra. Tutto qui. Nel codice di guerra uno Stato è autorizzato a uccidere un nemico, che ti uccide solo perché sei ebreo, senza processi, istruttorie, Interpol. Israele, sin dal 1948 era stata pronta a firmare la pace con i palestinesi. Aveva riconosciuto nel 1948 lo Stato di Palestina. Palestinesi e arabi non vollero però firmare la pace, non vollero lo Stato dei palestinesi a fianco di quello degli ebrei e si comportarono sempre con Israele, e gli ebrei, applicando il codice di guerra. Golda Meir decise, semplicemente, di fare altrettanto. Vinse, perché da allora in poi i palestinesi dell’Olp, di Arafat, non programmarono più stragi di ebrei nel mondo. La prima vittima di questa decisione israeliana, va detto, fu probabilmente innocente; Wael Haadel Zwaiter, rappresentante dell’Olp a Roma, fu freddato mentre tornava nella sua casa di Roma nord con un mezzo litro di latte e due panini nella borsa della spesa, il suo cibo per la giornata. Non aveva soldi, era un uomo mite e colto e stava conquistando il rispetto per la causa palestinese di Alberto Moravia e di molti altri intellettuali italiani. Ma tre dei terroristi di Monaco erano transitati per Roma e questo segnò il suo destino. Lo stesso Abu Iyad, che certo non si è mai vergognato di rivendicare la correttezza della strage di Monaco, scrisse che Zuwaiter non aveva contatti con Settembre Nero (e nessuno più di Abu Iyad poteva saperlo) e che "era radicalmente contrario a ogni forma di terrorismo". Si succedettero poi attentati del Mossad alle rappresentanze dell’Olp in Algeria e in Libia, a Stoccolma, ad attivisti studenteschi a Bonn e Copenhagen, che però furono solo feriti. L’8 dicembre 1972 fu assassinato con una bomba radiocomandata posta sotto la sua scrivania il rappresentante dell’Olp a Parigi Muhammad Hamsari. Poi furono eliminati quattro dirigenti del Fplp e dell’Olp a Cipro, Atene e Parigi. La notte del 9 aprile 1979, l’operazione più complessa: nove vedette lanciamissili fecero sbarcare un commando di incursori israeliani su una spiaggia a sud di Beirut. Gli uomini del commando salirono su automobili lasciate lungomare da agenti del Mossad, si diressero nel centro di Beirut e fecero irruzione in tre appartamenti in due condomini. Uccisero con pistole al silenziatore Muhammad Yusuf al Nijjar responsabile del Servizio segreto di al Fatah (e supervisore di Settembre Nero), Kamal Nassir, portavoce dell’Olp a Beirut e Kamal Adwan. Nell’azione fu uccisa anche la moglie di Najjar, che si buttò sul marito per proteggerlo, ma non furono toccati né i familiari né, ovviamente, i figli. Il primo a sparare fu il capo dei commando: Ehud Barak. Diventerà premier di Israele. Altri commando fecero esplodere la sede del Fplp dopo un conflitto a fuoco in cui morirono due incursori israeliani, una officina di al Fatah per la fabbricazione di esplosivi e altri obbiettivi. Il 22 gennaio 1979 il Mossad uccise a Beirut Salameh, uno dei dirigenti dell’attacco a Monaco e ferì gravemente a Varsavia l’altro dirigente Abu Daud. Abu Iyad, divenne vice di Arafat e fu ucciso nel 1991 a Tunisi, ma non dal Mossad, da un arabo. Come la maggior parte delle vittime palestinesi dal 1948 a oggi. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.