martedi` 26 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Il Foglio Rassegna Stampa
08.12.2005 Monaco 72: aspettando il film, ricordiamo la storia
la ricostruzione di Carlo Panella

Testata: Il Foglio
Data: 08 dicembre 2005
Pagina: 2
Autore: Carlo Panella
Titolo: «Monaco ’72, storia di una strage e di una vendetta di Stato»
IL FOGLIO di giovedì 8 dicembre 2005 pubblica una rticolo di Carlo Panella che riscostruisce la strage degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco del 1972 e la risposta ordinata da Golda Meir.

Ecco il testo:

La storia della strage degli atleti israeliani
di Monaco non è facile da scrivere,
perché in quei pochi giorni, in quelle
troppe morti, si condensò tutta la storia dei
giorni che la precedettero e la seguirono.
Non solo la storia di quelle vite spezzate,
ma la storia dei loro popoli. Anche del popolo
tedesco.
La storia delle vittime, innanzitutto: degli
atleti ebrei. Atleti. Ebrei. In Germania.
Oggi si stenta a credere che qualcuno
possa avere progettato di uccidere ebrei, in
Germania, durante i giochi della pace, i giochi
olimpici. Questo invece fu progettato, fu
organizzato fu portato a termine. Il simbolo,
nelle azioni di terrorismo, si sa, è tutto.
Il terrorista sceglie una vittima che non è
più né uomo né donna né bambino, lo spoglia
della sua umanità e lo trasforma in
"rappresentazione", "simbolo", idolo da infrangere.
Così fu a Monaco, alle tre e quarantacinque
del mattino del 5 settembre 1972, quando,
in una palazzina del Villaggio Olimpico,
il "blocco 31", un commando di otto palestinesi
falciò a colpi di mitra, a tradimento,
Moishe Weinber, ebreo, israeliano, allenatore.
Fu il primo ebreo ammazzato perché
ebreo in Germania dal 1945. Iniziò così il sequestro
dei nove atleti israeliani. La violazione
della sacra tregua olimpica, l’essenza
stessa delle Olimpiadi che potevano essere
tali, solo perché ogni guerra, ogni conflitto
era sospeso. Sentita la raffica di mitra, l’allenatore
israeliano Shkottzy, che abitava a
fianco, diede l’allarme. Alle cinque del mattino,
il capo della polizia di Monaco, Manfred
Schreiber, prese il comando delle operazioni.
I palestinesi dichiararono di essere di
Settembre Nero e chiesero la liberazione di
234 feddayn imprigionati da Israele in cambio
degli ostaggi. Ma quel nome – Settembre
Nero – e la stessa tecnica dell’irruzione nel
"blocco 31", resero subito evidente che non
era un rapimento, una trattativa, uno scambio.
Era invece parte della guerra del movimento
palestinese per eliminare Israele
dalla faccia della terra.
L’Europa che oggi si indigna per la volontà
del presidente iraniano Ahmed Ahmadinejad
di cancellare Israele, nel 1972,
stranamente, non si indignava affatto quando
la stessa, identica cosa, la pensavano, la
dicevano, la scrivevano nello Statuto dell’Olp,
Yasser Arafat, che del commando di
Monaco era il mandante, il leader politico,
Abu Iyad, o Salah Khalaf (il braccio destro,
l’amico fraterno di Arafat sin dagli anni Cinquanta),
comandante militare dell’operazione
e i suoi "operativi" Nizar Amar e Abu
Odeh. Tutti – generali, ufficiali, feddayn –
avevano chiaro in testa che l’obbiettivo strategico
della loro lotta era, come da articolo
15 dello Statuto dell’Olp, "la liquidazione in
Palestina della presenza sionista". Israele,
secondo questi combattenti palestinesi "è
razzista e fanatico nella sua natura, aggressivo,
espansionista e colonialista nei suoi
scopi e fascista nei suoi metodi" (sempre
dallo Statuto dell’Olp).
Da questa definizione del nemico e dell’obbiettivo
strategico discese tutto quanto
accadde dall’omicidio di Moishe Weinber in
poi: non una presa d’ostaggi, ma un’azione
di guerra.
Walter Troger, "sindaco" del villaggio
olimpico, testimone involontario, così sintetizzò
le poco più di diciassette ore in cui
durò il dramma: "I terroristi palestinesi
avevano ordinato che anche io fossi coinvolto
nei negoziati, che iniziarono alle sei
del mattino e si conclusero alle otto. Da una
parte io, il capo della polizia, una donna poliziotto
e dall’altra parte il capo dei terroristi,
che avevano una specie di maschera sulle
facce annerite. Gli ostaggi israeliani erano
legati ai letti e alle sedie ed erano allacciati
tutti insieme. Io e il capo della polizia
pensammo di fare qualcosa, ma non trovammo
alcuna soluzione che permettesse di
avere la meglio sui terroristi o che favorisse
un’irruzione di agenti nel blocco 31 senza
mettere in pericolo la vita degli israeliani.
I terroristi volevano la liberazione di 234
prigionieri palestinesi in Israele e lanciarono
diversi ultimatum. Noi cercammo di
prendere tempo, continuavamo a mantenere
un dialogo per guadagnare tempo e mettere
a punto un piano". Poi la situazione
precipitò, perché i terroristi uccisero un
ostaggio: Joseph Romano.
Mentre Moshe Dayan da Gerusalemme
inviava i dirigenti e i migliori uomini del
Mossad, le autorità tedesche si mossero animate
da una sola ed evidente intenzione,
tentare di allontanare la grana dal suolo tedesco.
Alle diciotto fu annunciata, con ore
di ritardo, l’ovvia decisione di sospendere i
Il commando palestinese colpì
durante le Olimpiadi, morirono
undici atleti israeliani e cinque
degli otto terroristi
giochi olimpici, nel frattempo, la polizia
propose al commando una mediazione: trasferimento
degli ostaggi in Algeria dove Settembre
Nero avrebbe proseguito le trattative
con Israele per uno scambio di prigionieri.
La proposta fu accettata.
Gli ostaggi e i terroristi vennero così trasferiti
su tre elicotteri all’aeroporto militare
di Fürstenfeldbruck. Sulla pista, li attendeva
un aereo della Lufthansa che avrebbe
dovuto condurli in Algeria. Ma quando il
primo rapitore palestinese entrò nella cabina
di pilotaggio dell’aereo, si accorse che
a bordo non c’era l’equipaggio. Cominciò allora
a gridare ai suoi compagni: "E’ una
trappola, non avvicinatevi!". A questo punto,
gli agenti tedeschi del Bundesgrenzchutz
(il corpo speciale antisommossa) aprirono il
fuoco sul commando palestinese e attivarono
potenti riflettori che abbagliarono i feddayn.
Due di essi furono colpiti a morte.
Il commando palestinese superstite, invece
di impegnare tutto il fuoco per rispondere
ai tedeschi, o di arrendersi compì la
missione: un feddayn lanciò una bomba a
mano dentro l’elicottero in cui ancora si trovavano
i nove ostaggi. Morirono così dilaniati
i lottatori Mark Slavin ed Eliezer Halflin;
i pesisti Davide Berger e Zeev Friedman;
gli allenatori Kheat Shorr, André Spitzer
e Amitzur Shapiro; i giudici di gara
Jokov Sprinter e Joseph Gotfreund.
Ammazzati gli ebrei, raggiunto l’obbiettivo,
i tre palestinesi superstiti del commando
si arresero.
Ma non restarono a lungo in prigione. Furono
infatti liberati subito dopo, il 29 novembre,
in cambio di un aereo della
Lufthansa dirottato, sempre da Settembre
Nero a Zagabria, durante il volo da Francoforte
a Beirut.
Il cancelliere Willy Brandt definì il comportamento
delle autorità tedesche: "Uno
sconcertante documento di incapacità". Il
ministro degli Interni Hans-Dietrich Genscher
scaricò sulla polizia bavarese la responsabilità
di avere radunato attorno all’aereo
quattrocento poliziotti, di cui però
solo cinque erano tiratori scelti che non disponevano
neanche di mirini agli infrarossi.
Ma, al di là delle evidenti e scabrose responsabilità
personali, era indiscutibile un
quadro di totale, assoluta, incredibile permeabilità
tedesca alle iniziative dei terroristi
palestinesi. Un quadro che già si era verificato
e ancora si verificherà a fronte di
tutte le altre azioni precedenti e successive
dei terroristi palestinesi in Europa.
Tredici anni dopo, il 30 agosto 1985, il leader
palestinese Abu Daud, così spiegò il
senso dell’azione al settimanale tunisino
Realités, che lo presentò, con simpatia, come
uno degli "architetti della strage": "Le
azioni speciali ricreano la fiducia delle
masse e ridanno entusiasmo ai giovani. In
certe situazioni è più importante uccidere
un ufficiale che vincere una battaglia classica.
Lo Stato sionista è un’entità militare e
come militari devono essere considerati i
suoi cittadini". La conferma che Monaco ’72
era stato un atto di guerra.
Non è formalità ricordare che il movimento
palestinese tutto, come tutti gli Stati
arabi, nel 1972 si considerassero, anche formalmente,
in stato di guerra contro una "entità
sionista" che occupava, secondo loro illegalmente,
la Palestina. Non è una formalità
ricordare che palestinesi e arabi non riconoscevano
l’autorità dell’Onu che aveva
fondato lo Stato di Israele, e che avevano rifiutato
di firmare una pace sia nel 1948, che
nel 1956, che nel 1967, con uno Stato che –
secondo loro – doveva scomparire e con cui
Libano, Siria, Giordania e Egitto avevano
definito solo una linea di "cessate il fuoco"
temporaneo.
Una situazione di guerra carsica, resa
ancora più drammatica dall’azione di cui
Israele era stata vittima nel maggio del
1972, a opera di un commando di tre giapponesi
dell’Armata Rossa, organizzato da
Wadi Haddad, leader palestinese che agiva
in raccordo con i servizi segreti tedescoorientali
(Stasi) e i terroristi tedesco-occidentali
della Raf, delle Revolutionären Zellen
e della 2 Juni. Sbarcati da un aereo con
le macchine fotografiche a tracolla, essi si
erano piazzati al centro della hall principale
dell’aeroporto, avevano estratto le armi
e avevano iniziato a sparare all’impazzata
con un volume di fuoco incredibile,
che uccise ventisette persone e ne ferì settantanove.
Questo è dunque il quadro che si presenta
nel settembre 1972 di fronte al governo
israeliano di Golda Meir che decise una immediata
ritorsione col bombardamento delle
basi dell’Olp nel sud del Libano (naturalmente
piazzate all’interno dei campi profughi,
tra i civili, come era ed è costume incredibile
dei combattenti islamici e di nessun
altro movimento nazionale al mondo).
Ma il governo e il Comitato governativo di
difesa di Israele, presero anche un’altra decisione:
ordinarono al Mossad, il servizio segreto
israeliano, di eliminare tutti i dirigenti
della Olp e del Fplp che avevano partecipato
all’azione di Monaco, ovunque si
trovassero, in Europa o altrove. Fu il primo
atto formale, e in seguito riconosciuto e rivendicato,
di omicidi mirati da parte del governo
legittimo di uno Stato per contrastare
il terrorismo.
Azioni simili sono state contestate ad
esempio dal giudice spagnolo Baltasar Garzon
a strettissimi collaboratori dell’ex primo
ministro socialista Felipe Gonzales per
l’eliminazione dei terroristi dell’Eta basca
tramite squadre della morte illegali, i Gal,
durante gli anni Ottanta.
Altri omicidi mirati sono senza dubbio
stati messi a segno dalle forze di sicurezza
inglese nei confronti dell’Ira irlandese.
Ma mai un governo ha ammesso di avere
compiuto questa scelta, che ventuno anni
dopo è stata invece svelata e rivendicata
proprio dall’uomo che più si applicò
per realizzarla, il generale israeliano Aharon
Yariv consigliere per il terrorismo del
primo ministro Golda Meir e responsabile
per i servizi segreti, che arrivò a parlarne
in una intervista trasmessa dalla televisione
israeliana il 22 novembre 1993: "Noi
abbiamo organizzato metodicamente un’operazione
di liquidazione dei capi di Settembre
Nero. il Mossad uccise tra i dieci e
i quindici leader della guerriglia palestinese
in Europa e a Beirut, durante un periodo
di mesi. A volte, per liquidarli furono
messe bombe nelle loro case. Non avevamo
limiti geografici li colpivamo ovunque
si trovassero. Commettemmo anche
un errore: nel luglio del 1973 gli uomini
del Mossad uccisero per sbaglio in Norvegia
un cameriere marocchino, scambiandolo
per uno degli obiettivi palestinesi.
Queste azioni del Mossad contro Settembre
Nero raggiunsero lo scopo. Il gruppo
palestinese infatti cessò le azioni contro
israeliani all’estero".
La rivendicazione formale della scelta, la
stessa ammissione spontanea dell’errore
commesso con il povero cameriere marocchino,
spiegano meglio di ogni trattato come
in Israele sia evoluto drammaticamente il
tema della "purezza delle armi" che ha
sempre contraddistinto il movimento militare
sionista ufficiale dell’Haganah, contrapponendolo
spesso – anche manu militari
– ai movimenti sionisti terroristi come il
Lhei e il Gruppo Stern.
A fronte di una iniziativa terroristica senza
scrupoli e dalle grandissime disponibilità
(il Times di Londra sosterrà il 19 aprile
1976 che l’operazione di Monaco abbia fruttato
a Settembre Nero ben sette milioni di
dollari); a fronte soprattutto della assoluta
mancanza di volontà delle autorità europee
di collaborare seriamente con Israele per
contrastare il terrorismo (come si vedrà anche
in Italia con l’attentato di Fiumicino del
1973 con la pronta restituzione dei terroristi
e il caso dell’aereo Argo 9); a fronte della
mancanza di ogni e qualunque tutela internazionale,
Israele decise di applicare il diritto
di guerra.
Contro un avversario che sosteneva che
Israele non doveva esistere, che era fascista
e che tutti i suoi cittadini erano obbiettivi
leciti perché militari, donne, vecchi e bambini
inclusi, un avversario che pochi mesi
dopo truciderà, a freddo, ventuno bambini
israeliani della scuola di Maariot, Golda
Meir e i dirigenti laburisti israeliani, membri
dell’Internazionale socialista, decisero
nel settembre 1972 che non era più possibile
agire dentro i limiti del codice di pace
(rogatorie, Interpol, processi), ma che la sicurezza
nazionale poteva essere perseguita
solo dentro la cornice del codice di guerra.
Questo elemento non è formale, anche se
è fondamentale sotto il profilo del diritto.
E’ innanzitutto un elemento politico, che
risponde alle critiche di chi sostiene, a ragione,
che non bisogna mai abbandonare,
anche contro il terrorista più feroce, i principi
dello Stato di diritto. La scelta politica
fu infatti quella di non accettare di applicare
le regole del codice di pace, contro un
nemico che applicava le regole del codice
di guerra. Tutto qui.
Nel codice di guerra uno Stato è autorizzato
a uccidere un nemico, che ti uccide solo
perché sei ebreo, senza processi, istruttorie,
Interpol.
Israele, sin dal 1948 era stata pronta a firmare
la pace con i palestinesi. Aveva riconosciuto
nel 1948 lo Stato di Palestina. Palestinesi
e arabi non vollero però firmare la
pace, non vollero lo Stato dei palestinesi a
fianco di quello degli ebrei e si comportarono
sempre con Israele, e gli ebrei, applicando
il codice di guerra. Golda Meir decise,
semplicemente, di fare altrettanto.
Vinse, perché da allora in poi i palestinesi
dell’Olp, di Arafat, non programmarono
più stragi di ebrei nel mondo.
La prima vittima di questa decisione
israeliana, va detto, fu probabilmente innocente;
Wael Haadel Zwaiter, rappresentante
dell’Olp a Roma, fu freddato mentre tornava
nella sua casa di Roma nord con un
mezzo litro di latte e due panini nella borsa
della spesa, il suo cibo per la giornata. Non
aveva soldi, era un uomo mite e colto e stava
conquistando il rispetto per la causa palestinese
di Alberto Moravia e di molti altri
intellettuali italiani. Ma tre dei terroristi di
Monaco erano transitati per Roma e questo
segnò il suo destino. Lo stesso Abu Iyad, che
certo non si è mai vergognato di rivendicare
la correttezza della strage di Monaco,
scrisse che Zuwaiter non aveva contatti con
Settembre Nero (e nessuno più di Abu Iyad
poteva saperlo) e che "era radicalmente
contrario a ogni forma di terrorismo". Si
succedettero poi attentati del Mossad alle
rappresentanze dell’Olp in Algeria e in Libia,
a Stoccolma, ad attivisti studenteschi a
Bonn e Copenhagen, che però furono solo
feriti. L’8 dicembre 1972 fu assassinato con
una bomba radiocomandata posta sotto la
sua scrivania il rappresentante dell’Olp a
Parigi Muhammad Hamsari. Poi furono eliminati
quattro dirigenti del Fplp e dell’Olp
a Cipro, Atene e Parigi.
La notte del 9 aprile 1979, l’operazione
più complessa: nove vedette lanciamissili
fecero sbarcare un commando di incursori
israeliani su una spiaggia a sud di Beirut.
Gli uomini del commando salirono su automobili
lasciate lungomare da agenti del
Mossad, si diressero nel centro di Beirut e
fecero irruzione in tre appartamenti in due
condomini. Uccisero con pistole al silenziatore
Muhammad Yusuf al Nijjar responsabile
del Servizio segreto di al Fatah (e supervisore
di Settembre Nero), Kamal Nassir,
portavoce dell’Olp a Beirut e Kamal
Adwan. Nell’azione fu uccisa anche la moglie
di Najjar, che si buttò sul marito per
proteggerlo, ma non furono toccati né i familiari
né, ovviamente, i figli. Il primo a sparare
fu il capo dei commando: Ehud Barak.
Diventerà premier di Israele.
Altri commando fecero esplodere la sede
del Fplp dopo un conflitto a fuoco in cui
morirono due incursori israeliani, una officina
di al Fatah per la fabbricazione di
esplosivi e altri obbiettivi.
Il 22 gennaio 1979 il Mossad uccise a Beirut
Salameh, uno dei dirigenti dell’attacco
a Monaco e ferì gravemente a Varsavia l’altro
dirigente Abu Daud.
Abu Iyad, divenne vice di Arafat e fu ucciso
nel 1991 a Tunisi, ma non dal Mossad,
da un arabo. Come la maggior parte delle
vittime palestinesi dal 1948 a oggi.
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.


lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT