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Il Foglio Rassegna Stampa
07.12.2005 David Frum sugli interrogatori ai sospetti terroristi
critico con Bush, ma non perché vuole la resa agli islamisti

Testata: Il Foglio
Data: 07 dicembre 2005
Pagina: 2
Autore: David Frum
Titolo: «Sbagliando s'impara»
Riportiamo dal FOGLIO di mercoledì 7 dicembre 2005:
Ecco una famosa battuta di Oscar Wilde
"Faccio sempre passaparola di buoni
consigli. E’ la sola cosa a cui servono. Non
serve a niente usarli per se stessi". Come
aveva ragione il grande commediografo inglese.
Due anni fa io e il mio amico Richard
Perle abbiamo scritto "An End to
Evil: How to Win the War on Terror", un
manuale di buoni consigli (o così noi credevamo)
per affrontare la guerra globale
contro il terrorismo. (Una traduzione italiana
è disponibile presso la casa editrice
Lindau).
Ecco alcuni nostri consigli: raccomandavamo
che l’amministrazione collaborasse
con il Congresso per scrivere un codice
per il trattamento dei terroristi stranieri
prigionieri. Gli Stati Uniti sono una società
fortemente legalistica, e il presidente
deve dimostrare di avere l’autorità legale
per ogni sua iniziativa. Se il presidente
non chiede al Congresso il permesso
di detenere i prigionieri, prima o poi le
corti o il Congresso stesso gli toglieranno
questa autorità. Ora, naturalmente, l’amministrazione
Bush è caduta proprio nelle
difficoltà legali e politiche di cui avevamo
parlato con preoccupazione nel 2003.
Considerate questo esempio: perché gli
Stati Uniti si impegnano in questo tipo di
cose? Perché ci sono prigioni segrete nell’Europa
orientale? Perché si subappaltano
gli interrogatori agli egiziani, ai marocchini
e ai sauditi? Non sapevano che, prima
o poi, questo genere di azioni vengono
inevitabilmente scoperte e creano grossi
guai? L’Italia è stata definita un paese senza
segreti ma con molti misteri. Gli Stati
Uniti sono piuttosto il contrario: un paese
con molti segreti ma senza misteri. Alla fine,
ogni cosa viene spiegata. In questo caso,
la spiegazione è evidente: l’amministrazione
Bush ha subappaltato il cruciale
compito della detenzione e dell’interrogatorio
dei prigionieri perché non voleva accollarsene
la responsabilità sotto la giurisdizione
delle corti americane. E’ stato un
errore. Nel 2003, il Congresso avrebbe volentieri
garantito al presidente ampi poteri
sui terroristi stranieri, e armata di questi
poteri l’amministrazione avrebbe potuto
detenere i terroristi, senza alcuna
preoccupazione legale, in territori americani
d’oltreoceano come Guam, Samoa e
Guantanamo, svolgendo direttamente tutti
gli interrogatori. Come avevamo scritto
allora: "Ci sono ovvi pericoli nel collaborare
con servizi segreti di paesi che hanno
interessi del tutto opposti ai nostri. Naturalmente,
non ci faranno mai sapere ciò
che ritengono non sia nel loro interesse
farci sapere. Ci inganneranno quando troveranno
conveniente farlo, il che avviene
quasi sempre. Durante la guerra fredda, il
Kgb spesso ingannava la Cia nutrendola di
informazioni sbagliate fatte passare attraverso
i servizi segreti, ufficialmente ‘indipendenti’,
di paesi del blocco orientale,
come la Romania. Oggi, possono essere i
servizi segreti giordani, sauditi o egiziani
a influenzare l’opinione che la Cia si fa di
una certa regione".
Terroristi, non prigionieri di guerra
In altre parole. Se vuoi che il lavoro sia
fatto bene, devi farlo tu stesso.
Per farlo non c’è bisogno di trattare i
terroristi come prigionieri di guerra. Al
contrario, la Convenzione di Ginevra stabilisce
che i terroristi non hanno lo status
di prigionieri di guerra. Per avere questo
status, bisogna innanzitutto essere dei soldati.
E la legge internazionale su questo
punto è molto chiara: per essere qualificato
come un soldato un combattente deve
a) portare armi in modo visibile, b) indossare
un’uniforme e avere segni di riconoscimento
visibili a distanza, c) rispettare le
leggi e le convenzioni di guerra d) obbedire
a un ufficiale di grado superiore. I terroristi
di al Qaida non soddisfano nessuna
di queste tre definizioni.
Ma bisogna comunque elaborare un
qualche tipo di status legale per i terroristi
prigionieri e, inoltre, negoziare una
qualche forma di accordo sui terroristi
con gli alleati democratici dell’America.
Pochissimi americani – e non molti europei
– avrebbero qualcosa da obiettare contro
regole che definiscano precisamente il
terrorismo, che permettano di detenere a
tempo indefinito i terroristi stranieri e che
consentano ai governi Nato di interrogare
i terroristi usando tutte le tecniche a loro
disposizione fatta eccezione per quelle
che prevedono il ricorso all’inflizione del
dolore o di altra umiliazione fisica.
Se avessimo scritto queste regole due
anni fa, oggi non ci troveremmo con una
crisi transatlantica fra le mani. Ma non è
mai troppo tardi per rimediare a un errore.
Dobbiamo imparare la lezione e metterci
a lavorare.
David Frum
(traduzione di Aldo Piccato)
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