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Il Giornale Rassegna Stampa
07.12.2005 Strage di Netanya: Israele ora si difende
una cronaca corretta

Testata: Il Giornale
Data: 07 dicembre 2005
Pagina: 10
Autore: Gian Micalessin
Titolo: «Cisgiordania, Israele scatena la caccia all'uomo»
Con un titolo in parte fuorviante, tenendo presente la generale disinformazione che dipinge le azioni antiterroristiche israeliane come brutali, indiscriminate e persecutorie (meno equivoco sarebbe stato scrivere "caccia al terrorista" anziché "caccia all'uomo"), IL GIONALE di mercoledì 7 dicembre 2005 pubblica un corretto articolo di Gian Micalessin che riportiamo:
Lo Jihadistan adesso è un deserto. I capi fuggono, i militanti si nascondono. Il regno della Jihad islamica e delle sue Brigate Al Quds, il triangolo di Cisgiordania settentrionale tra Jenin, Tulkarem e Nablus, è assediato dai militari israeliani e dagli uomini dello Shin Bet scesi in campo per vendicare il lutto di Netanya. I servizi di sicurezza sono però impegnati anche su un altro fronte. Il consiglio di Difesa riunito ieri mattina dal premier Ariel Sharon ha affrontato la delicata situazione del Sinai dove una cellula di Al Qaida è pronta a colpire. La minaccia è stata confermata dall'ordine perentorio con cui il governo israeliano ha chiesto ieri sera a tutti i cittadini di abbandonare i luoghi di vacanza del Sinai.
Emergono intanto nuovi particolari sull'attentato di Netanya. Secondo indiscrezioni, le cinque vittime della bomba di Lutfi Abu Saada, un ragazzo semianalfabeta addestrato al terrorismo suicida, potevano essere salvate. Yad Abu Rob, il capo militare delle Brigate Al Quds mentore e mandante dell'attentatore, era stato catturato a fine novembre. Nonostante i durissimi interrogatori lo Shin Bet non era, però, riuscito a fargli confessare nulla sull'imminente attentato. Abu al Muaman, un dirigente delle Brigate al Quds, ha intanto spiegato al quotidiano Yedioth Ahronoth che «l'operazione di Netanya è stata una reazione agli attacchi d'Israele perché la lotta armata è un nostro diritto-dovere».
Adesso l'ordine è di far piazza pulita. Le città sono sotto assedio, i posti di blocco chiudono le strade, la popolazione è confinata nei villaggi
tra le file della Jihad islamica scappa perfino chi sta già in esilio. Ramadan Shallah, il capo supremo che dirige la lotta da Damasco, sarebbe già partito alla volta di una meta più sicura. E ieri mattina nel villaggio di Ilar, alle porte di Tulkarem, sono stati arrestati il padre, due fratelli e un cugino dell'attentatore di Natanya.
Poche ore dopo nello stesso villaggio si svolgeva un funerale simbolico per quel terrorista suicida spinto a uccidere secondo i suoi amici «dalla rabbia per l'uccisione di un amico militante delle Brigate Al Quds caduto sotto i colpi israeliani». A Nablus per fermare la Jihad sono scesi in campo anche i servizi di sicurezza palestinesi, ma il tentativo d'arrestare alcuni militanti è stato bloccato dai militanti delle Brigate dei martiri di al-Aqsa che hanno sbarrato la strada con le armi agli agenti dell'Anp. Amos Ghilad, consigliere del ministro della Difesa israeliano Shaul Mofaz, non ha perso l'occasione per criticare «l'apatia» palestinese.
Spronato dal segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, che gli chiede maggior decisione, il presidente palestinese Abu Mazen è tornato a Gaza per incontrare un'altra volta i dirigenti dei gruppi armati. Ma Gaza, da dove continuano a partire missili che esplodono sul territorio israeliano, rischia di diventare il nuovo epicentro della violenza.
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