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Il Mattino Rassegna Stampa
05.12.2005 Disinformazione sulla visita di Abu Mazen in Italia e in Vaticano
mentre la visita del presidente israeliano Katsav era stata molto poco seguita dal quotidiano

Testata: Il Mattino
Data: 05 dicembre 2005
Pagina: 8
Autore: la redazione - Nino Spampinato
Titolo: «Ciampi: «Gerusalemme non va toccata» - Abu Mazen: il Vaticano decisivo per la pace - «Anche la città di Gesù isolata dal Muro»»
IL MATTINO di sabato 3 dicembre 2005 pubblica a pagina 8 l'articolo "Ciampi: «Gerusalemme non va toccata»"
Dei richiami di Ciampi contro il terrorismo non c’è traccia né nei titoli né nell’articolo. Come nello stile de IL MATTINO , ai lettori viene proposto il solito sunto unilaterale in cui l’unico monito di Ciampi è quello "a non toccare Gerusalemme". Nell'occhiello, "Il leader palestinese «Fase nuova nella politica israeliana, ma è meglio aspettare le elezioni»", le parti vengono capovolte. L’alteranza e il cambiamento sono caretteristiche proprie di una democrazia, quale è Israele. Quello che sta accadendo in Israele non fa altro che confermare la democraticità di questo Stato. Casomai i cambiamenti sono atesi da tutt’altra parte. Abu Mazen, come sempre negli articoli de IL MATTINO , sembra buono per definizione: mai un’ombra del passato, mai, ad esempio una citazione del suo ruolo nella strage di Monaco (le biografie stereotipate sono riservate soltanto a Sharon) . Un leader palestinese per i nostri media non ha bisogno di dimostrare nulla, a differenza dell’israeliano di turno.
Ecco l'articolo:

Roma. Non saranno emerse soluzioni immediate per la crisi in Medio Oriente, ma i colloqui di ieri hanno portato al presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen, in visita a Roma, la piena fiducia di tutte le autorità italiane: un riconoscimento importante non solo in prospettiva delle prossime elezioni palestinesi, ma anche per rinsaldare i rapporti tra l'Italia e l'Anp che negli ultimi anni non erano stati così forti come in passato. E a manifestare, per primo, stima ed apprezzamento per l'opera di Abu Mazen è stato il Presidente della Repubblica Ciampi che, ricevendolo al Quirinale, lo ha indicato come l'uomo che «incarna la speranza dei palestinesi nel futuro». Il capo dello Stato gli ha anche espresso «il continuo e determinato sostegno dell'Italia al raggiungimento dell'obiettivo del suo popolo: uno Stato, indipendente e sovrano, che conviva con Israele in pace e sicurezza entro confini certi e riconosciuti». Sottolineando come tutti i recenti progressi facciano sembrare questo traguardo più vicino, Ciampi, però, ha anche voluto lanciare un preciso richiamo: «È essenziale non pregiudicare lo status di Gerusalemme» ha detto il capo dello Stato, definendola «una città cara a tutte le culture e religioni». Un punto su cui si è soffermato con chiarezza anche Abu Mazen, visto che per i palestinesi il mantenimento dello status attuale è una condizione imprescindibile: «Gerusalemme deve rimanere aperta a tutti i fedeli e deve rispondere alle esigenze fondamentali del popolo ebraico e palestinese, sia sul piano politico che su quello rappresentativo» ha dichiarato il leader dell'Anp, giunto in Italia senza aver fatto mistero delle sue preoccupazioni per la rapida espansione degli insediamenti ebraici attorno alla parte Est di Gerusalemme, oltre che per il muro di separazione che il governo israeliano sta costruendo in Cisgiordania. In ogni caso, Abu Mazen ha sottolineato più volte la scelta della trattativa come mezzo per risolvere il conflitto e anche dal presidente Ciampi è arrivato un appello perché la comunità internazionale accresca i suoi sforzi: «Lo Stato palestinese non può nascere da una somma di atti unilaterali; può e deve sorgere quale esito di un percorso condiviso, le cui tappe fondamentali sono indicate nella road-map». Dopo aver incontrato i presidenti del Senato e della Camera, Pera e Casini, nel pomeriggio il capo dell'Anp è stato ricevuto dal premier Berlusconi. Anche a Palazzo Chigi Abu Mazen ha ricevuto un pieno sostegno, oltre all'impegno del governo per contribuire a risolvere il conflitto in Medio Oriente: «L'Italia è a disposizione per fare tutto ciò che è utile affinché il processo di pace continui ed abbia un esito positivo» ha detto Berlusconi, rilanciando la possibilità di ospitare ad Erice, in Sicilia, un'eventuale conferenza di pace per il Medio Oriente. Si tratta di una vecchia proposta del premier che per concretizzarsi ha bisogno del via libera delle due parti; in ogni caso, il leader palestinese ha dichiarato di aver accolto l'invito con interesse. Sollecitati dai giornalisti, sia Berlusconi che Abu Mazen hanno poi espresso grande apprezzamento per la svolta di Sharon: «La politica israeliana sta sicuramente vivendo un periodo eccezionale - ha detto il leader palestinese riferendosi anche dell'intesa tra il premier israeliano e l'ex leader dei laburisti Peres - ma per vedere che effetti avrà dobbiamo aspettare le prossime elezioni in Israele». Per Abu Mazen, intanto, oggi un altro incontro importante: in mattinata sarà ricevuto in udienza, in Vaticano, da Papa Benedetto XVI.
DOMENICA 4 dicembre il quotidiano napoletano dedica grande spazio ai colloqui tra il Abu Mazen e Benedetto XVI.
Non era stato così per la visita in Italia del presidente israeliano Moshe Katsav. Le notizie che la riguardavano erano state sistematicamente relegate in piccoli riquadri.

L'articolo "Abu Mazen: il Vaticano decisivo per la pace" deve invece ricevere molto spazio, dato che riporta le accuse del premier palestiense a Israele e la rivendicazione della sovranità araba di Gerusalemme (che anche per il giornalista, Nino Spampinato, è sicuramente situata nei "territori palestinesi", nonostante sia sempre stata una città a maggioranza ebraica).

Ecco il testo:

Roma. Si è congedato dal Papa consegnandogli un passaporto «taroccato», ma dal forte valore simbolico: una sorta di lasciapassare inviato in dono dagli abitanti di Betlemme per far sentire il Pontefice cittadino onorario della città in cui nacque Gesù Cristo. Ma per il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen è stato anche il modo per invitare ufficialmente Benedetto XVI a visitare Gerusalemme e i luoghi santi che si trovano nei Territori palestinesi. «Non è stata ancora indicata una data, ma il Papa ha risposto positivamente», ha precisato lo stesso leader palestinese, dando grande risalto alla figura del Pontefice: «Per il peso simbolico che ha nella comunità internazionale, può svolgere un ruolo decisivo per la pace in Medio Oriente e in tutto il mondo». Nello scambio dei doni al termine dell'incontro di ieri in Vaticano, oltre al passaporto, i palestinesi hanno portato un'immagine della Madonna in rame, vestita con abiti mediorientali, che Benedetto XVI ha ricambiato offrendo le medaglie del pontificato: il tutto, in un clima cordiale che ha confermato i buoni rapporti tra la Santa Sede e l'Anp. Nel loro colloquio privato durato venti minuti, svoltosi in inglese e senza l'aiuto di traduttori, il Papa e Abu Mazen hanno affrontato i nodi della crisi mediorientale: in particolare, come ha riferito il portavoce vaticano Navarro Valls, «è stata sottolineata l'esigenza di integrare nel processo di pace tutte le componenti del popolo palestinese, ma si è anche parlato delle difficoltà dei cattolici in Palestina e del loro contributo alla società palestinese». Un tema, quest'ultimo, legato anche al nodo dello status dei luoghi santi: nei giorni scorsi Abu Mazen aveva assicurato il mantenimento del regime giuridico internazionalmente riconosciuto, mentre l'altro ieri al Quirinale - supportato dal Presidente Ciampi - aveva sottolineato l'esigenza che «Gerusalemme resti una città aperta a tutti i fedeli e risponda alle esigenze del popolo ebraico e palestinese». E anche ieri, nella conferenza stampa successiva all'incontro con il Papa, il presidente dell'Autorità Nazionale è tornato sulla questione per lanciare un preciso monito al governo israeliano, in vista delle elezioni palestinesi del 25 gennaio: «Se non potremo svolgerle a Gerusalemme, sarà difficile farlo nelle altre zone e allora Israele sarà responsabile del blocco del processo democratico. Noi abbiamo fatto una scelta irreversibile per la democratizzazione della vita politica palestinese e non ci dovrebbero essere ostacoli fra una città e l'altra, sia per i candidati che per la gente che va a votare: in ogni caso, siamo in trattative con il Quartetto diplomatico (Unione Europea, Stati Uniti, Russia e Onu, n.d.r.) perché sia garantita la libertà di voto». Abu Mazen si è anche proiettato oltre, parlando delle elezioni israeliane che si terranno il 28 marzo: «Speriamo che possano avere un esito favorevole al processo di pace, anche se i palestinesi non possono scegliere l'interlocutore israeliano: questo vale per noi e dovrebbe valere anche per loro». Tornando ancora una volta sulle prospettive per una ripresa dei negoziati, il capo dell'Anp ha ribadito l'impegno della dirigenza palestinese verso la Road map e la lotta al terrorismo, lanciando l'auspicio che ogni parte possa mettersi nei panni dell'altra: «Così come noi dobbiamo tenere conto delle esigenze israeliane di sicurezza, loro devono capire le nostre esigenze di libertà e indipendenza».
Se la propaganda non la fanno i palestinesi, del resto, il quotidiano ci pensa in proprio. Molto riuscito, sotto questo punto di vista, l'articolo " «Anche la città di Gesù isolata dal Muro» ".
Nessun cenno al terrorismo suicida che la barriera di sicurezza (espressione sempre rigorosamente scritta tra virgolette) contribuisce a fermare. C'è spazio solo per le difficoltà dei cristiani di Betlemme, secondo una linea di assoluta disinformazione annunciata fin dal titolo: Israele come "nemica" del cristianesimo nei luoghi in cui visse Gesù di Nazareth.
In realtà i veri nemici dei cristiani palestinesi sono l'integralismo islamico e il terrorismo, che genera un'insostenibile situazione di guerra. Nella quale, tuttavia, Israele non fa che difendersi.

Ecco il testo:

Betlemme. L'Intifada è finita e le incursioni militari israeliane sono cessate quasi del tutto nel distretto di Betlemme ma per la città dove vide la luce Gesù Cristo si prevede ugualmente un Natale sotto tono. Il Muro voluto da Israele (la «barriera di sicurezza» costruita in Cisgiordania), la crisi economica sempre più profonda e i timori degli abitanti di fede cristiana (35% della popolazione) per la crescita dell'integralismo islamico non lasciano per il momento intravedere un futuro di prosperità e serenità per la città culla del Cristianesimo. «Negli ultimi mesi, con la fine dell'Intifada, avevamo visto una leggera ripresa del flusso turistico - racconta la signora Giacaman, appartenente ad una delle famiglie cristiane più note di Betlemme - Era ancora poco rispetto alle nostre esigenze ma finalmente ricominciavamo a respirare. Poi gli israeliani hanno inaugurato il nuovo posto di blocco tra Betlemme e Gerusalemme e turisti e pellegrini si sono fatti più rari perchè intimoriti dai controlli in entrata ed uscita dalla città». La barriera israeliana ha isolato la città e i due vicini centri cristiani di Beit Sahur e Beit Jala da Gerusalemme che dista appena qualche chilometro. Il nuovo posto di blocco ha l'aspetto di un terminal di frontiera, dove i soldati effettuano controlli particolareggiati su turisti stranieri e residenti palestinesi. Per realizzare la barriera intorno a Betlemme, ha spiegato il geografo Suheil Khalaileh del Centro ricerche «Arij», le autorità israeliane «hanno confiscato 300 ettari di terra (in parte di proprietà di famiglie cristiane) e quando il progetto verrà completato, circa 80 kmq del distretto verranno isolati totalmente e molte centinaia di contadini non avranno più accesso alle loro terre». L'area abitata di Betlemme a ridosso della Tomba di Rachele - il sito religioso annesso di fatto al territorio controllato da Israele - si sta lentamente spegnendo. Molti abitanti, ha aggiunto Khalaileh, sono andati via per non dover vivere a ridosso del muro. «Il mese scorso ho dovuto chiedere prestiti alle banche per pagare i salari ai 180 dipendenti del Comune. Con il 50% di disoccupazione, la popolazione non è in grado di pagare le tasse», dice il sindaco Victor Batarseh, un cattolico eletto sei mesi fa, che guida una coalizione atipica sostenuta dal Fronte popolare (il suo partito), dal movimento islamico Hamas, da otto consiglieri cristiani indipendenti e con l'appoggio esterno della Jihad islamica. Di recente Batarseh ha anche incontrato in Vaticano Benedetto XVI. «Ho descritto al Papa la difficile condizione di Betlemme, spero che le sue preghiere abbiano effetto e, soprattutto, che l'Occidente cristiano ci aiuti un po’ di più».
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