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La Stampa Rassegna Stampa
03.12.2005 Hamas minaccia anche Abu Mazen
l'analaisi di Fiamma Nirenstein

Testata: La Stampa
Data: 03 dicembre 2005
Pagina: 10
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «L’uomo della pace è in pericolo»
LA STAMPA di sabato 3 dicembre 2005 pubblica
NON sapremo mai quanto Abu Mazen abbia intenzione di aprire il suo cuore al Papa, o quanto abbia parlato apertamente ieri a Ciampi e Berlusconi. Se va al Vaticano per parlare chiaro, oltre che rassicurare sul rispetto dei palestinesi per i cristiani, Benedetto XVI sentirà da lui una richiesta di aiuto molto drammatica. Abu Mazen infatti sta passando giorni difficili: la sua intera carriera è a rischio.
L’uomo il cui vero nome è Mahmoud Abbas, ha già conosciuto tempi difficili, e può darsi che ce la faccia anche adesso, ma il suo potere politico è minacciato. Dopo che Arafat lo volle come primo ministro e di fatto suo delfino, decise di giocarsi la carriera a Taba, dove insieme a Bush e a Sharon nel giugno 2003 condivise la road map e soprattutto dichiarò che il terrorismo era di puro danno per la causa palestinese. Arafat di lì a poco lo licenziò: ma quando il rais è scomparso, la situazione di emergenza e la sua promessa di istituire legge ordine e trasparenza conferirono ad Abu Mazen le credenziali per il suo attuale ruolo. Diventò un simbolo di speranza: per gli israeliani, per la sua popolazione stanca della guerra, e per la comunità internazionale.
Ma ha dovuto fronteggiare muraglie di guai, per cui non è riuscito ad affrontare né la bonifica dalla corruzione del suo stesso Fatah, né il disarmo delle milizie armate. Si è schierata contro Abu Mazen la corazzata Hamas, che cerca di conquistare i palestinesi con l’intransigenza sulla corruzione e il sostegno alla violenza: «E’ tutto merito dei nostri attentati se Israele è scappata dalla striscia di Gaza». Abu Mazen ha puntato su una grande mobilitazione del Fatah, in vista delle elezioni del 25 gennaio. Ma non è andata come previsto: le primaries hanno visto la vittoria dell’ala avversa, dei tanzim di Marwan Barghouty. Fondatore delle Brigate dei Martiri al Aqsa, sconta 5 ergastoli in Israele, e in alcune zone ha preso più del 50% dei voti. In questi giorni il Fatah discute se ricomporre il partito nominandolo vicepresidente.
Non solo: Abu Mazen ha scontato la propria mancanza di controllo sulle milizie armate con una quantità tale di scontri, spari, violenze davanti ai seggi, che in parecchie zone le elezioni dei candidati sono state sospese, e si teme la stessa sorte per il voto stesso. Abu Mazen, che oggi sa di essere la speranza del mondo intero per un processo di pace, non affronta per ora il problema dell’enorme diffusione di armi fra i suoi, della tradizione belligerante. Ieri gli israeliani hanno reso noto che al varco di Rafah sono già entrati 15 ricercati di Hamas, e anche armi pesanti.
Armi puntate contro Israele ma anche contro la linea antiterrorista e trattativista di Abu Mazen. Hamas si rafforza mentre il Fatah si spacca e i «giovani» chiedono trasparenza, ma anche legittimazione della violenza. Abu Mazen soppesa l’idea di indicare lui stesso la lista dei candidati alle parlamentari, in quanto le milizie armate rendono impossibili le primarie. In questo caso si troverà contro un’opposizione vasta e dura. A suo tempo ha sfidato Arafat per la road map, oggi si trova a essere sfidato.
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