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Europa Rassegna Stampa
02.12.2005 "Cercasi israeliano che detesti Sharon e reputi Peres un guerrafondaio"
il quotidiano della Margherita ha messo questa inserzione per le sue interviste ?

Testata: Europa
Data: 02 dicembre 2005
Pagina: 2
Autore: Daniele Castellani Perelli
Titolo: «»
Sharon e Peres, anche se hanno dichiarato di voler arrivare alla pace con i palestinesi, in realtà "vogliono riportare "Israele agli anni sessanta" e a una "politica di guerra".
Lo sostiene, in un'intervista a EUROPA di venerdì 2 dicembre 2005, lo scrittore israeliano di sinistra Sami Michael, per il quale anche il passato di Peres uno degli artefici degli accordi di Oslo, anche lui, come ovviamente, Sharon, è un militarista guerrafondaio.

Israele è una democrazia che giustamente "coltiva" e protegge le opinioni più disparate e le più granitiche rigidità ideologiche.
Per sua e nostra fortuna tuttavia, non tutti i suoi intelletuali sono settari intransigenti.
Basta leggere quello che lo scrittore pacifista e di sinistra Amos Oz ha recentemente scritto su Sharon per rendersene conto.
come mai allora EUROPA intervista solo voci israeliane del tipo di Sami Michael?
Forse per giustificare una condanna aprioristica della politica di Sharon la cui faziosità è stata ormai rivelata dai fatti?

Ecco il testo:

Sami Michael boccia Shimon Peres: «È un generale senza truppe, non porterà voti a Sharon». E boccia la piega che sta prendendo la politica israeliana: «Ricorrere a due leader così anziani è il segno di un paese che ha paura di cambiare». Il romanziere israeliano, nato a Bagdad e tradotto in tutto il mondo (in italiano ha pubblicato Victoria), vede segnali di cambiamento solo nella nuova leadership laburista. E attacca: «Kadima, il partito di Peres e Sharon, vuole riportare Israele agli anni Sessanta».
I sondaggi mostrano che l’appoggio di Shimon Peres potrebbe portare voti al partito di Sharon.
Non ci credo, anzi. Peres è una star all’estero, ma dentro Israele è un generale senza armi. È qualcosa come un simbolo, non di più.
Ma perché è così poco amato dal suo popolo?
Per molte ragioni. Non ha mai tentato di usare il suo potere per colmare il gap sociale nel paese. Dagli israeliani orientali viene visto come un rappresentante degli ebrei dominanti, gli Ashkenazi.
È un freddo, e per questo non può essere amato in Medio Oriente, dove tutto è "caldo". È visto come un politico intellettuale, più che come un politico d’azione. Un po’ come Abba Eban, un altro politico israeliano molto amato all’estero, ma non in patria.
Su quali temi possono intendersi Peres e Sharon?
Faranno tornare indietro il paese alla politica della loro adolescenza, quella che pensa che solo la guerra può risolvere i problemi.
Peres era uno dei leader dell’industria delle armi in Israele, era il braccio destro di Ben Gurion, era parte della politica di Golda Meir, che negava perfino l’esistenza del popolo palestinese. E Sharon, come generale, metteva in pratica la politica di Peres.
Sta descrivendo una politica di destra...
Certamente.
Ma Benjamin Netanyahu, il leader del Likud, dice che Sharon è di sinistra...
Non conosco nessuno che prenda sul serio quello che dice Netanyahu, forse nemmeno lui si prende troppo sul serio.
Sharon ha detto che non ha alcuna intenzione di liberare Marwan Barghouti, il popolare leader di Fatah. Che ne pensa?
È molto triste che noi israeliani cerchiamo d’imporre ai palestinesi, nei negoziati, le persone con cui vogliamo parlare. Dovremmo concedere a Barghouti la possibilità di uscire di prigione, e al popolo palestinese la possibilità di eleggerlo.
Che ne penserà Peres?
Quello che pensa Sharon.
Destra e sinistra insieme nello stesso partito. Possiamo dire che è una piccola "Grande coalizione", come in Germania?
In un certo senso sì. Penso che nel lungo termine, dopo le elezioni, ci sarà un’alleanza tra il partito di Sharon e i laburisti. Sarà un governo che renderà meno forte il potere religioso. Il Kadima toglierà voti ai centristi dello Shinui, e il Labour li toglierà alla sinistra radicale, al Meretz. Sono loro, in questo momento, le due grandi forze del paese.
Ma Labour e Kadima sapranno trovare un accordo anche sui temi economici?
Le questioni economiche sono decise fuori da Israele. Negli Stati Uniti.
Unità nazionale tra destra e sinistra. Vecchi leader saldamente al comando. Non sono tutti segnali di una crisi del sistema politico?
Questo è uno dei grandi problemi d’Israele: la paura del cambiamento.
Si preferisce una leadership molto vecchia perché garantisce che non si faranno cambiamenti radicali. È un peccato.
E chi rappresenta il cambiamento?
Il leader del Partito laburista, Amir Peretz. È molto popolare presso i sindacati, e non è considerato nemmeno troppo radicale. Penso che abbia tutte le carte in regola per far vincere il suo partito.
Come vede la società israeliana? La politica non le dà grandi punti di riferimento...
Il conflitto israeliano-palestinese è il fattore che condiziona di più la politica israeliana. Temo che fino a quando non si troverà una soluzione, difficilmente potremo avere una società ed una politica stabili.
Con Abu Mazen vede dei progressi all’interno della leadership palestinese?
Non penso che sia una questione di uomini. Il problema è che noi israeliani non siamo ancora pronti ad abbandonare la nostra politica di espansione all’interno dei territori palestinesi. La politica di Sharon è di avere una controparte debolissima, senza esercito e perfino senza polizia. Come può l’autorità palestinese combattere il terrorismo se non ne ha la forza?
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