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Il Manifesto Rassegna Stampa
29.11.2005 In Israele l'unica vera "novità" politica sarebbe la resa totale
lo sostiene il quotidiano comunista

Testata: Il Manifesto
Data: 29 novembre 2005
Pagina: 9
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Vecchio il partito di Sharon»
IL MANIFESTO di martedì 29 novembre 2005 pubblica a pagina 9 un articolo di Michele Giorgio "Vecchio il partito di sharon".
Il partito Kadima, viene tacciato di avere un programma "antipalestinese" per il rifiuto di riconoscere il "diritto al ritorno dei profughi", cioè di accettare la distruzione di Israele per via demografica.

Ecco il testo:

Kadima, il partito fondato una settimana fa da Ariel Sharon, ha un programma scontato, in gran parte «scritto» 38 anni fa, quando Israele occupò i territori palestinesi di Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme est. Il ministro della giustizia Tzipi Livni, esponente di punta di Kadima, ieri alla Knesset ha spiegato l'unico punto originale del programma - almeno relativamente alle idee sempre manifestate da Sharon - riguardante la costituzione di uno Stato palestinese smilitarizzato al fianco di Israele. «Il principio significa che la costituzione di uno Stato palestinese rimuoverà dall'agenda la questione dei profughi (palestinesi)», ha precisato mettendo in chiaro che l'annullamento della risoluzione 194 dell'Onu, che sancisce il diritto al ritorno per i profughi, è fondamentale per la nuova forza politica. Livni ha aggiunto che la Road map, l'itinerario di pace del Quartetto (Usa, Ue, Russia e Onu), «apre una finestra di opportunità che noi dobbiamo saper sfruttare». Proprio ieri mattina uno dei giornalisti israeliani più autorevoli, Akiva Eldar, ha sapientemente spiegato su Ha'aretz che tutti sanno (non solo in Israele) che il fine di Sharon è proprio quello di evitare e non attuare la Road map e di proseguire con la sua politica unilaterale in Cisgiordania. Il programma di Kadima prevede tra l'altro la sovranità israeliana su tutta Gerusalemme, inclusa la zona araba occupata nel `67 e l'annessione di ampie porzioni di Cisgiordania dove sono situati i blocchi di insediamenti ebraici.

Oltre c'è ben poco: una modifica dell'attuale sistema di governo (premierato) e una disciplina dei rapporti tra stato e religione, ma nessuna soluzione immediata per il grave problema dei circa 300mila israeliani che secondo la legge civile sono ebrei ma non per quella religiosa. Per questa ragione non possono sposarsi ed essere seppelliti in Israele. È un programma vago, specie a proposito dei rapporti con Abu Mazen e l'Autorità nazionale palestinese, ma che non dispiace all'ex leader laburista Shimon Peres. Caduto da cavallo nelle primarie del suo partito, Peres è già pronto a salire sul carro di Sharon che lo vuole in Kadima, allo scopo di isolare il neo-leader laburista Amir Peretz. Sharon avrebbe pronta per Peres la carica di «ambasciatore per la pace», per tutti i contatti regionali e internazionali legati a negoziati futuri. Peres ha detto che darà una risposta entro un paio di giorni ma esponenti politici che hanno parlato con lui, riferiva ieri Ha'aretz, hanno avuto l'impressione che l'ex leader laburista sia pronto ad accettare perché «offeso per il trattamento ricevuto da Amir Peretz». Compreso il gioco che sta avvenendo alle sue spalle, Peretz domenica ha offerto prontamente al suo predecessore l'incarico di presidente del partito laburista pur di tenerlo nel partito. Nel Labour però serpeggia il malumore contro Peres per le tratttive aperte con Sharon mentre gruppi di giovani attivisti hanno manifestato domenica notte sotto la sua abitazione. Ai vertici laburisti la crisi è aperta e, al momento, irrisolvibile come hanno confermato anche le parole gonfie di rabbia e di razzismo pronunciate ieri alla radio militare israeliana da Gigi Peres, fratello di Shimon, che si è scagliato a testa bassa contro Peretz.

«Come il generale Francisco Franco, anche Peretz ha arruolato falangisti del nord-Africa che si sono impadroniti del partito», ha detto in riferimento alle origine marocchine del nuovo leader. «È un corpo estraneo nel Labour, come il generale Francisco Franco lo era in Spagna», ha aggiunto ricordando indirettamente che il partito, nel corso della sua storia, è stato sempre dominato dalla maggioranza ashkenazita (gli ebrei di origine europea o russa). «Erano i falangisti che venivano dal sud della Spagna, che si infiltrarono come quinta colonna a Madrid e rovesciarono quella magnifica Repubblica», ha concluso. Offese gravissime che hanno spinto l'ufficio di Peres a prendere le distanze da Gigi ma intanto in casa laburista molti tremano al pensiero di dover guidati da un ebreo sefardita. L'analista Jerrold Steinberg ha detto di aspettarsi nei prossimi mesi una dura campagna interna al partito volta a far cadere Peretz che spaventa anche per il suo programma volto a rilanciare l'assistenza statale ai settori più poveri della popolazione.
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