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Il Foglio Rassegna Stampa
25.11.2005 Per restare antisraeliano e filo-Saddam
il Pdci lascia il tavolo per la politica estera dell'Unione

Testata: Il Foglio
Data: 25 novembre 2005
Pagina: 3
Autore: un giornalista
Titolo: «Il Pdci, bisbetico dell’Unione, non si fa domare su Iraq e Israele»
Riportiamo dal FOGLIO di venerdì 25 novembre 2005:
Roma. Sono bastate sei parole: "In consultazione con le
autorità irachene". Le sei parole del testo "congiunto" sul
ritiro dall’Iraq a cui ieri il Pdci ha legato l’abbandono del
tavolo programmatico dell’Unione sulla politica estera. Sei
parole che hanno interrotto la già nuvolosa luna di miele
degli "alleati a sinistra", accusati proprio ieri dal Corriere
della Sera di "programmismo" – cioè di verbosità inconcludente
sui programmi. Il Pdci sembra insomma scavalcare a
sinistra non solo i Ds, ma pure Rifondazione, per definizione
a sinistra del Pdci. Non solo. Secondo il Pdci, i Ds e
Rifondazione, rifiutandosi di "riscrivere la madre di tutte le
schede programmatiche", per dire che il ritiro deve essere
immediato e non concordato, non rispettano "il patto tra l’Unione
e il popolo della pace". Come se non bastasse, rischiano
di venire "superati a sinistra" dal ministro della Difesa
Antonio Martino "sul tema delle basi Usa". Il Prc, per
tutta risposta, ha accusato il Pdci di assenteismo ("per abbandonare
un tavolo bisogna esserci stati"), di opportunismo
("il Pdci, quando si è seduto al tavolo, lo ha fatto per ottenere
visibilità"), e forse pure di stalinismo: "Noi pensiamo"
– ha detto Gennaro Migliore, responsabile esteri del
Prc – "che debba essere un lavoro partecipato, a differenza
del Pdci che vorrebbe una mera discussione tra segretari".
Il caso vuole che sempre ieri alcuni illustri esponenti della
sinistra programmista, tra cui il segretario dei Ds Piero
Fassino e quello di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti,
fossero riuniti a Roma – con la supervisione del direttore
del Riformista Antonio Polito, di Libertà eguale e dell’associazione
Appuntamento a Gerusalemme – proprio per
affrontare, nell’ambito del convegno "La sinistra e Israele",
un’altra abituale fonte di dissenso estero a sinistra. E mentre,
in apertura dell’incontro romano, Peppino Caldarola discettava
del "bello della parola sionismo", proponendo una
"rivoluzione culturale" per cambiare segno a "un termine
che molti hanno usato come anatema", il Pdci faceva sapere
che il lancio nazionale dell’associazione milanese "Sinistra
per Israele", presieduta da Furio Colombo, non faceva
che "capovolgere i termini della questione israelo-palestinese"
bollando "come pregiudizialmente israeliano chi a sinistra
si è schierato dalla parte del popolo palestinese aggredito,
invaso e massacrato". E qualcosa, mentre la sinistra
celebrava a Roma l’amicizia con Israele, si agitava ieri a sinistra
della sinistra, e persino a destra della sinistra, sul tema
di Israele nell’Ue: Rifondazione, diceva Bertinotti a margine
del suddetto convegno, non è convinta dall’ipotesi; Bobo
Craxi, che forse nell’Unione finirà, auspica che prima
Israele sconfigga "gli integralismi". Chissà allora se reggeranno,
fuori dal programmismo, quelle che sembrano solo lievi differenze lessicali. Fassino diceva a Polito che in medio
oriente esistono "due ragioni e non una ragione e un torto",
Bertinotti che esistono "due popoli e due Stati e che ci
sono non ‘la’ ma ‘le’ sinistre e Israele.
Qualcosa, fuori, sotto forma di comunicati del Pdci, tramava
contro Piero e Fausto che festeggiavano insieme,
ognuno a suo modo, la svolta di Ariel Sharon, coadiuvati
dalle ricostruzioni storiche di Umberto Ranieri e dalle battute
di Luigi Angeletti che, alla domanda: "Ma il leader laburista
israeliano Peretz è un Cofferati o un Angeletti?" rispondeva:
"Non può essere un estremista, come tutti i sindacalisti"
(e Bertinotti rideva non si sa se imbarazzato o stizzito:
era un elogio o la dimostrazione che ormai son tutti più
a sinistra di lui?). D’altronde se n’è accorto persino il nipotino
di Fausto, ha raccontato Bertinotti stesso al convegno,
che il rapporto tra estrema sinistra e Israele è complesso:
"All’ultimo congresso di Rifondazione ho concluso l’intervento
dicendo: ‘Sono gay, sono lesbica, sono nero, sono
ebreo’", ha ricordato il leader di Rifondazione. Pare che il
nipotino di Fausto sia rimasto talmente colpito da quella
frase da ripeterla nei giorni successivi come un mantra, per
strada. Ma, dopo averla urlata un paio di volte, si è fermato
e ha detto pensoso a suo padre: "Ma il nonno non era amico
dei palestinesi?".
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