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La Repubblica Rassegna Stampa
24.11.2005 "Erano terroristi, non guerriglieri", ribaltata la sentenza di Clementina Forleo
ma intanto il danno è fatto, almeno in parte

Testata: La Repubblica
Data: 24 novembre 2005
Pagina: 20
Autore: Ferruccio Sansa - Elena Dusi
Titolo: «La Forleo sbagliò: terroristi, non guerriglieri - Bush voleva colpire Al Jazeera e ora Londra copre la verità»
LA REPUBBLICA di mecoledì 24 novembre 2005 pubblica a pagina 20 l'articolo "La Forleo sbagliò, terroristi, non guerriglieri"
Vi si legge che il Sostituto Procuratore Generale di Milano, Laura Bertolè Viale, condanna con l’accusa di terrorismo, il gruppo integralista operante in Italia, precedentemente assolto dal Giudice delle Indagini Preliminari Clementina Forleo. Quest’ultima infatti non ha considerato terrorista il gruppo che reclutava kamikaze in Iraq. Ma la condanna di ieri ha spiegato che è da considerarsi terrorismo "ogni atto che si propone di causare morte o serie ferite a civili o ad ogni altra persona che non sia parte attiva nelle ostilità in una situazione di conflitto armato". Sono parole forti, importanti dal punto di vista giuridico, ma anche da far leggere a buona parte dei giornalisti che continuano a considerare "guerriglieri" coloro che fanno strage di civili innocenti. Da sottolineare inoltre come nell’articolo emerga la continua contraddizione delle sentenze pubblicate dalla Magistratura Italiana, che ostacolano di fatto la lotta al terrorismo. In particolare quella della Corte d’Assise di Milano che assolse cinque terroristi sebbene emergesse in "modo inequivocabile", "il collegamento alla rete fondamentalista islamica". Questa sentenza infatti rappresenta l’incapacità di comprendere il fenomeno del terrorismo. Magdi Allam, nel suo ultimo libro, fa notare come gli attentatori dell’ 11 settembre, colpevoli di uno dei più grandi crimini contro l’umanità, non sarebbero stati incriminati di nulla, se fossero stati colti prima di salire sugli aerei, in quanto in possesso di soli coltellini di plastica. La vera arma di questi assassini è la cultura dell’odio che diffondono, accompagnata dall’antisemitismo e dall’antiamericanismo.

Ecco il testo:


MILANO - Sono terroristi, non guerriglieri. Per questo Mohammed Daki va condannato a 6 anni. Toumi Ali Ben Sassi e Bouyahia Maher, invece devono essere condannati a 10 anni. È la richiesta del sostituto procuratore generale di Milano, Laura Bertolè Viale, nel processo di appello per i tre imputati di terrorismo internazionale. Gli stessi tre che a gennaio erano stati assolti dall´accusa di terrorismo dal gup Clementina Forleo (che li aveva però condannati per altri reati). Uno degli imputati, Daki, era stato scarcerato suscitando un caso politico. In diritto, ha sostenuto ieri Bertolè Viale, la distinzione tra guerriglieri e terroristi non esiste: «La definizione di guerriglia è sociologica e politica, ma non è rilevante a livello giuridico». Invece è da considerarsi terrorismo «ogni atto che si propone di causare morti o serie ferite a civili o ad ogni altra persona che non sia parte attiva nelle ostilità in una situazione di conflitto armato». La sentenza di Forleo va quindi riformata perché «si basa su fonti di diritto inesistenti, in itinere oppure non ancora contemplate».
Una ricostruzione opposta a quella di Forleo, che ha sempre sostenuto di aver utilizzato il diritto internazionale solo a scopo interpretativo. «Chi compie attentati in un contesto bellico, se non coinvolge civili, non è un terrorista. Le attività violente o di guerriglia poste in essere nell´ambito di contesti bellici - aveva scritto il gup - anche se compiute da forze armate diverse da quelle istituzionali non possono essere perseguite neppure sul piano del diritto internazionale, a meno che non venga violato il diritto internazionale umanitario». Guerriglieri, non terroristi, ma con molti distinguo: primo, gli attentati devono riguardare un paese in guerra, come era l´Iraq quando gli accusati avrebbero pianificato l´azione. Secondo, obiettivo non devono essere i civili. Una pronuncia che ha ricevuto conferme in altri processi. La più clamorosa è arrivata dalla Corte d´Assise di Milano che ha assolto 5 tunisini appartenenti alla stessa cellula: «Il collegamento alla rete fondamentalista islamica» emerge «in modo inequivocabile», ma è «giuridicamente insostenibile un´equazione con il proposito terroristico. Tenuto anche conto delle convenzioni internazionali, non abbiamo ritenuto provato il delitto di associazione per delinquere con fine di terrorismo internazionale».
La decisione per Daki e gli altri due imputati è attesa per il 28 novembre.
Nella stessa pagina di Repubblica, troviamo un’intervista al direttore generale di Al Jazeera Waddah Khanfar, "Bush voleva colpire al Jazeera e ora Londra scopre la verità". L’articolo di Elena Dusi dà per certo che l’intenzione di Bush di bombardare la sede di Al Jazeera fosse esposta in modo serio e credibile, sebbene espressa solo in una conversazione privata con Tony Blair e nonostante le smentite americane per le quali si sarebbe trattato di una semplice "battuta". Ma c’è di più: nell’intero articolo non compare mai il motivo per il quale al jazeera era mal vista dal presidente statunitense. Al Jazeera è il megafono, uno degli strumenti principali, che i terroristi hanno per diffondere la loro cultura dell’odio. Questa emittente del Qatar da spazio ai ragionamenti deliranti degli Imam collusi con il terrorismo allo stesso modo in cui le nostre televisioni danno spazio a dei politici eletti in modo democratico. Contribuisce in questo modo, consapevolmente o inconsapevolmente, al diffondere del terrorismo. Tutto questo è assente nel quotidiano di Repubblica, lasciando immaginare che la presunta ipotesi di bombardamento di Al Jazeera fosse solamente dettata dalla necessità di censura.

Ecco il testo:

George W. Bush aveva espresso l´intenzione di bombardare la sede di Al-Jazeera in Qatar. Ma di questa notizia la stampa aveva il divieto di parlare, pena l´incriminazione per violazione del segreto di stato. Nel tentativo di impedirlo si è mobilitato anche il procuratore generale britannico. Lord Peter Goldsmith ha intimato il silenzio ai tre quotidiani inglesi che avevano ottenuto l´informativa. La trascrizione del dialogo fra Bush e il premier britannico Tony Blair avvenuta a Washington il 16 aprile 2004 era finita nelle redazioni del Daily Mirror, del Guardian e del Times. Ma solo il primo ha deciso di violare la censura, pubblicando martedì alcuni stralci. I presunti responsabili della fuga di notizie sono due impiegati dell´ufficio di Blair e dell´ex deputato laburista Tony Clarke. Compariranno in tribunale la prossima settimana, accusati di violazione del segreto di stato. Nelle cinque pagine di memorandum segreto, Bush ammetteva la possibilità di bombardare la redazione della Tv a Doha e Blair lo metteva in guardia dalle conseguenze catastrofiche. Ieri Washington ha definito il memorandum «un´assurdità» e Londra ha scelto la linea del «no comment». Alla buona fede dei due alleati occidentali non crede Waddah Khanfar, che di Al-Jazeera è il direttore generale. Giordano di origine palestinese, il 36enne Khanfar è a Roma oggi per la presentazione di un libro di Donatella Della Ratta dedicato alla sua emittente.
Crede davvero che gli Usa potessero bombardarvi?
«Il fatto che si sia mossa la magistratura britannica per impedire la diffusione della notizia aumenta le mie preoccupazioni. Abbiamo già perso due giornalisti sotto le bombe americane, a Kabul nel 2001 e in Afghanistan nel 2003. Secondo gli Stati Uniti si era trattato di incidenti. Ora non crediamo più a questa versione e chiediamo un´investigazione completa sia sulle minacce odierne che sui due episodi del passato».
Quali ripercussioni ha avuto la notizia nel mondo arabo?
«Abbiamo avuto molte espressioni di solidarietà, da telespettatori, colleghi giornalisti e associazioni per la libertà di stampa. La credibilità degli Stati Uniti come latori della democrazia nel medio oriente ha ricevuto un altro colpo. È questo il messaggio che vogliono trasmetterci? Mi sembra piuttosto un insulto alla razionalità».
Per quale strada il Medio Oriente può arrivare alla democrazia?
«La democrazia fa parte di un concetto più ampio di riforme, che comprendono libertà, educazione, sviluppo, informazione, benessere, sicurezza. Tutti questi elementi camminano a braccetto. La guerra in Iraq ha avuto l´effetto positivo di rimuovere Saddam. Ma il prezzo che il medio oriente sta pagando è troppo alto e alla fine la politica statunitense sta ottenendo l´effetto contrario a quello sperato: rallenta il processo di riforme. Al-Jazeera al contrario di questo processo è protagonista. La nostra Tv rappresenta il mezzo più affidabile e rapido per le riforme. Ci accusano di estremismo? Noi replichiamo con i milioni di spettatori che ci scelgono in piena libertà perché si fidano di noi e si riflettono nella nostra linea».
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