La politica israeliana dopo la svolta di Sharon un ricco dosssier
Testata: Il Foglio Data: 24 novembre 2005 Pagina: 4 Autore: Rolla Scolari - Anna Barducci Mahjar - Amy K. Rosenthal Titolo: «Solito Ariel. "Fondo un nuovo partito", detto (quasi) fatto»
IL FOGLIO di giovedì 24 novembre 2005 dedica pagina 4 dell'inserto a un dossier sulla politica israeliana dopo la decisione di Ariel Sharon di uscire dal Likud e fondare un nuovo partito.
Di seguito, riportiamo l'articolo di Rolla Scolari "Solito Ariel. "Fondo un nuovo partito", detto (quasi) fatto": Il Cairo. "Ahrayut Leumit", Responsabilità nazionale, è, per ora, il nome del nuovo movimento creato dal primo ministro israeliano Ariel Sharon. Il premier ha annunciato lunedì di lasciare il Likud, storico partito di destra che aveva fondato, assieme ad altri, nel 1973, creando così uno dei maggiori terremoti politici degli ultimi decenni nel paese. Il nuovo gruppo è stato formalmente riconosciuto, ieri, dalle istituzioni israeliane come "fazione parlamentare". Sharon si presenterà alle prossime elezioni – previste il 28 marzo – come leader del gruppo. Il nome, proposto dal ministro della Giustizia, Tzipi Livni, è per molti cacofonico e di difficile memorizzazione, rispetto al corto e gestibile Likud. Si attende, però, ancora l’approvazione da parte del primo ministro; il team di Sharon sapeva che non sarebbe stato possibile lanciare un nuovo partito senza prima avergli trovato un nome. Per qualche ora, nel paese, sono circolate versioni diverse: Kadima (Avanti) e il Partito israeliano. Ma sembra che i mass media abbiano ormai registrato Responsabilità nazionale. Laor Choriv, portavoce del nuovo partito, spiega al Foglio che il nome non è ancora definitivo e che i membri si riuniranno oggi per prendere una decisione. Nahum Barnea, editorialista del quotidiano conservatore Yediot Ahronot, ha scritto che il nome migliore sarebbe "il partito di Sharon", visto che il nuovo movimento di centro sembra essere basato interamente sulla figura del premier e per molti analisti israeliani si tratta di un esperimento politico destinato a durare il tempo necessario al leader per conseguire i propri obiettivi. "Ariel Sharon ha organizzato un partito basato sulla lealtà ad Ariel Sharon", scrive sulla stessa linea Arutz Sheva, mass media vicino agli abitanti degli insediamenti. Il primo ministro ha lasciato il Likud perché, dopo il piano di ritiro da Gaza, terminato a settembre, ha trovato sempre maggiori impedimenti, interni al suo ex gruppo, per portare a termine i suoi progetti sulla via di nuovi negoziati con la controparte palestinese. Già prima dell’estate, in vista del disimpegno, il numero dei "ribelli" all’interno del Likud era aumentato. "La vita nel partito era diventata insopportabile". Sharon ha motivato così la sua partenza, in una conferenza stampa che ha tenuto lunedì, chiarendo che il suo ex movimento "non può portare Israele a ottenere obiettivi nazionali". Il compito del nuovo partito, nelle intenzioni del primo ministro, è quello di implementare la road map, il piano – sponsorizzato dal cosiddetto Quartetto, Stati Uniti, Onu, Russia e Unione europea – che prevede la creazione di due Stati, vicini e in pace, arenatosi con lo scoppio, nel settembre 2000, della seconda Intifada. "Disegneremo i confini permanenti dello Stato – ha annunciato Sharon nella conferenza stampa – e allo stesso tempo insisteremo sullo smantellamento del terrorismo" palestinese. Responsabilità nazionale ha attratto a sé già 14 dei 40 deputati della Knesset, il Parlamento israeliano, tra cui Ehud Olmert, attuale ministro delle Finanze, e Tzipi Livni, alla Giustizia. Ieri mattina, Haim Ramon, storico membro e colomba del partito laburista, ha annunciato di volersi unire al nuovo gruppo del premier. L’ex leader laburista, Shimon Peres, ha invece deciso ieri – così ha detto – di voler restare in Avoda. Nonostante l’entusiasmo generale che circonda la nascita della nuova entità politica, sono già arrivate le prime critiche. Secondo l’editorialista di Haaretz, Uzi Benziman, il primo ministro non ha ancora presentato una chiara piattaforma politica. Laor Choriv spiega al Foglio che è ancora troppo presto, che i vertici del nuovo gruppo s’incontreranno la settimana prossima per prendere nuove decisioni e ci sarà anche una riunione speciale del Parlamento. Ma, spiega il portavoce, il programma del partito non prevede soltanto l’impegno sulla road map. Il gruppo si ripropone di fronteggiare il crimine, di trovare una soluzione alla povertà nel paese, di migliorare il sistema educativo e le infrastrutture pubbliche. Un posto particolare nella piattaforma è dedicato all’identità ebraica dello Stato d’Israele. Ma Yossi Sarid, su Haaretz, ha definito il centrismo del nuovo gruppo "opportunismo" politico: "Invece di una chiara posizione, s’adottano due posizioni alla volta", e ha descritto i membri del movimento "persone per tutte le stagioni". Qui sotto riportiamo: "Il premier lascia a destra alcuni suoi baluardi. Li guida Mofaz" di Anna Barducci Mahjar: Washington. Il premier israeliano, Ariel Sharon, è partito per la sua nuova avventura nel centro della politica israeliana, ma ha lasciato nel Likud alcuni baluardi che gli erano stati vicini durante il suo mandato. Shaul Mofaz, ministro della Difesa, è uno di questi: ha rifiutato la richiesta di Sharon di seguirlo in Responsabilità nazionale, il nuovo partito. Ma il premier non se l’è presa, anzi. Ieri, infatti, il ministro degli Esteri, Silvan Shalom, assieme a Mofaz, ha ironizzato con una certa malizia sull’ex ministro delle Finanze, Benjamin "Bibi" Netanyahu, che fino a pochi giorni fa sembrava essere il leader indiscusso del Likud. Il ministro della Difesa ha poi criticato la politica economica di Bibi, definendolo "uno della Gerusalemme bene che non si preoccupa dei poveri" e di essere un uomo "nato con il cucchiaio d’argento in bocca". Lunedì, Mofaz aveva detto di essere rimasto colpito dal discorso di Bibi per la candidatura e dal suo impegno per i disagiati. Ieri, invece, sembra essersi aperta un’altra frattura in seno al Likud, che lo rende ancor più instabile. Mofaz – che durante il disimpegno da Gaza aveva appoggiato il piano di Sharon, difendendolo in ogni occasione contro le accuse dei settlers – non è mai stato eletto e non ha mai fatto parte della Knesset. Ora il ministro della Difesa pensa di poter avere un ruolo più influente rimanendo nel Likud. Sharon non ha fatto obiezioni: Mofaz non è noto tra gli isrealiani per la sua forte personalità e il premier sa che, se vincesse le elezioni, ritornerebbe da lui. Il primo ministro non ha paura dell’attuale Likud, che vede ora Shalom, appoggiato da Mofaz, e Netanyahu in lotta per le primarie. Questa situazione di frattura e di instabilità rende anche meno probabile che altri politici legati a Sharon lo abbandonino. La battaglia politica sembra quindi essere non su chi lascia il Likud per il premier, ma chi del partito laburista (Avoda) si allontanerà dal neoleader, Amir Peretz, che si sta distanziando dalla politica di sinistra di Yossi Beilin, leader del partito Yahad, per adottarne una più centrista (ma sempre di matrice socialista). Shalom ha capito che Bibi, nonostante durante il suo mandato abbia portato buoni risultati per le imprese, non è apprezzato dalla popolazione: il tasso di povertà in Israele è aumentato, alcune persone vivono sotto la soglia minima. Peretz, invece, per il suo background di sindacalista, sefardita e socialista, rappresenta un pericolo per il Likud e per Sharon. Mofaz quindi gioca il ruolo del sefardita che conosce bene le problematiche dei poveri, dichiarando di "non essere meno socialista di Peretz". E Shalom, con l’appoggio del ministro della Difesa, accusa Bibi di essere troppo estremista per allontanarsi così dalle sue opinioni, ammettendo che "soltanto un leader di centro potrà vincere le elezioni". Sharon si sente forte dopo l’ultimo sondaggio che lo indica come il prossimo primo ministro: 30 seggi per il nuovo partito di centro, 26 per i laburisti e 14 per il Likud. La distanza tra Peretz e Sharon sembra essere minima: se il premier vuole mantenere questo status deve destabilizzare l’unità del partito laburista. Haim Ramon, membro della Knesset, ha già abbandonato il neoleader per seguire Sharon. Peretz, dopo questa perdita, aveva temuto che anche Shimon Peres, ex leader laburista, lo abbandonasse: il suo spostamento nel partito di centro legittimerebbe altri membri di Avoda a unirsi con Sharon. Dopo varie promesse e offerte, Peres ha per il momento accettato le proposte di Peretz. Nelle fila del nuovo partito di centro si è anche aggiunto David Tal, che ha abbandonato lo Shas, di orientamento religioso. Ancora si attende invece qualche mossa esplicita da parte del partito laico, Shinui. Questi spostamenti sono stati trattati dalla stampa israeliana come il preludio alla vera battaglia elettorale, che sarà fatta per le strade, cercando di convincere gli israeliani. Il tema più importante – oltre alla sicurezza – sarà quello del miglioramento della situazione economica. Peretz attaccherà l’operato di Bibi durante il suo mandato e parlerà da sindacalista e da socialista. Sharon cercherà di togliere elettori ad Avoda, dando l’incarico a Ehud Olmert, vice primo ministro, di distribuire più soldi alla popolazione. Amy K. Rosenthal in "Chi resta nel Likud" ci offre un ritratto di Uzi Landau, uno dei possibili futuri leader del Likud.
Ecco il testo: Uzi Landau è un membro storico del Likud, alla Knesset dal 1984: è stato ministro della Sicurezza, poi ha guidato alcuni dicasteri senza portafoglio, ma, negli ultimi anni, si è distinto come uno dei più veementi critici del premier, Ariel Sharon, e del suo piano di ritiro dalla Striscia di Gaza. Landau ha definito Arik "un leader debole propenso alla corruzione", ma non ha mai lasciato il partito, convinto com’è – diversamente da Natan Sharansky e Benjamin Netanyahu – che il modo migliore per vincere la battaglia sia dentro al Likud, non fuori. Lindau è conosciuto come "Mr Clean", per i suoi richiami alla lotta alla corruzione, come "ribelle" per la sua opposizione a Sharon, come "l’unico vero ideologo rimasto nel Likud", secondo i suoi sostenitori. Ora al Foglio dice che la fuoriuscita di Sharon "segna un migliore e più chiaro futuro per il Likud" perché "il partito tornerà ai suoi principi fondanti, basati su una politica estera che combatte il terrore, che considera la sicurezza di Israele la sua priorità e che cerca una pace che non fa concessioni senza garanzie. Sarà un partito che ritornerà a essere sensibile alle problematiche sociali, e alla politica ‘pulita’". Appena s’accenna al problema della corruzione, Landau si butta in un’aspra requisitoria – come già ha fatto Bibi Netanyahu due giorni fa – contro Sharon: "Il primo ministro è colui che ha introdotto la corruzione nel Likud, e ora che se ne va spero che questa se ne vada con lui". Landau spera in una destra compatta, una nuova opportunità per il suo partito: "Il Likud emergerà come un partito unito, ci riuniremo dopo il tentativo di Sharon di lasciarci nel caos", dice con tono trionfante. Sul processo di pace con i palestinesi, Landau dice: "Sono contro a ogni futura concessione, sono una minaccia per la nostra sicurezza. Sharon ci sta mettendo in pericolo, aprendo la porta a maggior terrorismo in futuro. Da questa strategia non può arrivare nulla di buono: la vera pace può venire soltanto dalla forza e dalla gestione dei fallimenti". Poi Lindau non nasconde le sue ambizioni alla leadership del Likud: "Sono in corsa e mi aspetto di vincere". E se poi non fosse così? "Sosterrei il nuovo leader del Likud, chiunque sia – conclude – Voglio rimanere nel mio partito e lavorare sui nostri principi, per portare il partito al successo". Rolla Scolari in "Chi va via da Avoda" si occupa invece di Haim Ramon, il leader laburista che entrerà nel nuovo partito fondato da Sharon.
Ecco il testo: Haim Ramon ha lasciato ieri ufficialmente il partito laburista per unirsi al nuovo partito del primo ministro Ariel Sharon, Responsabilità nazionale. Ramon, ministro senza portafoglio nell’attuale governo, è un membro storico del suo partito. E’ stato attivista laburista per gran parte della sua vita. E’ una delle colombe del Labor, insieme con Yossi Beilin, Avraham Burg, Yael Dayan, figlia di Moshe Dayan, e lo stesso neoleader, Amir Peretz. L’elezione, pochi giorni fa, della nuova guida del partito ha accelerato l’avvicinamento di Ramon al gruppo appena creato del premier: il ministro, infatti, ha sostenuto alle primarie la rielezione di Shimon Peres. Da diversi anni Ramon è sostenitore della creazione di un’entità politica di centro, come quella appena fondata dal premier, che riunisca membri del Likud, laburisti e laici di Shinui. Il ministro ha più volte discusso della questione con lo stesso figlio del primo ministro Sharon, Omri. Ramon, nato nel 1950, nella città costiera di Jaffa, è avvocato di professione. E’ già stato due volte ministro dell’Interno, nel 1993 prima, e dal 2000 al 2001 poi. E’ stato responsabile del ministero della Sanità dal 1992 al 1994, quando si è dimesso. E’ membro della Knesset, il Parlamento israeliano, dal 1983. Nella conferenza stampa che ha tenuto ieri per annunciare ufficialmente il suo distacco dai laburisti e l’entrata nel nuovo gruppo del primo ministro, Ariel Sharon, ha dichiarato che, secondo lui, il nome del gruppo, Responsabilità nazionale, "riflette la sostanza del nuovo partito". Il movimento può portare "sicurezza, coesistenza e giustizia sociale", ha spiegato. Ha detto che Sharon "è l’uomo più adatto a guidare Israele", perché "è pronto a prendere rischi per conseguire un obiettivo in cui crede"; ha detto anche che la politica israeliana non rappresenta più nulla: i partiti non rappresentano le azioni della loro leadership, i leader agiscono in maniera differente rispetto alla storia dei propri movimenti e il pubblico scopre che il grande rivale di una volta è il miglior partner di oggi. "Gli elettori israeliani hanno votato per Sharon e si ritrovano con Ramon e la sua corte di sinistra", è stato il commento amaro di Yisrael Katz, membro della Knesset all’annuncio del ministro senza portafoglio. Ramon non sembra interessato. Augura buona fortuna ai suoi ex colleghi laburisti. Dice di non provare nessun risentimento nei loro confronti. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.