Insulti ai caduti di Nassirya, vie dedicate ad Arafat viaggio nella Repubblica autonoma di Marano
Testata: La Stampa Data: 21 novembre 2005 Pagina: 2 Autore: Fulvio Milone Titolo: «"A via Martiri di Nassirya preferisco via Arafat"»
Da LA STAMPA di lunedì 21 novembre 2005 riportiamo un articolo di Fulvio Milone.
Ecco il testo: Ci sono morti e morti. I carabinieri trucidati a Nassiriya sono «martiri a pagamento», uomini il cui tipo di lavoro ben remunerato mette pur sempre in conto l'eventualità di un non ritorno a casa: martiri per modo di dire, insomma. Meglio, quindi, una figura come quella di Yasser Arafat, che ha vinto un Nobel per la pace e ha sacrificato la sua vita per il popolo palestinese. E' proprio questo l'estemporaneo pensiero di Mauro Bertini, esponente del Pdci e sindaco di Marano, un paesone alle porte di Napoli. Forte della sua carica istituzionale, Bertini ha cancellato con un colpo di spugna una delibera con cui il commissario prefettizio che lo ha preceduto alla guida del Comune intitolava una strada del paese ai nostri caduti in Iraq. In compenso, da due giorni, Marano ha una via Yasser Arafat, collocato così al primo posto nella personale graduatoria dei martiri stilata dal sindaco. Il caso dell'esclusione dei militari morti durante un assalto dei terroristi a Nassiriya dalla toponomastica del paese ha fatto rumore in paese, diviso sulla valutazione del comportamento del primo cittadino. Ma lui, Bertini, è deciso ad andare avanti per la sua strada. E spiega: «I caduti in Iraq sono vittime che meritano rispetto e solidarietà. Sono rimasto sconvolto per la loro morte, ma non credo siano da considerare dei martiri». Sarebbe a dire? «Martire è colui che sceglie un'idea e per quella si fa uccidere, è uno che volontariamente si espone per l'idea a cui ha dedicato la vita. I militari italiani erano andati a Nassiriya a svolgere un lavoro per il quale erano pagati, ed erano consapevoli dell'eventualità di rischiare la vita. Sono certamente delle vittime, ragazzi che avevano bisogno di uno stipendio e che sono stati mandati lì dal governo che vuole difendere una quantità di interessi, fondamentalmente quelli dei petrolieri italiani». Se la delibera del commissario prefettizio avesse disposto di intitolare una strada di Marano ai «caduti» invece che ai «martiri» di Nassiriya, spiega ancora Bertini, non ci sarebbe stato alcun problema: «Magari si sarebbe potuto dedicare una via a tutti i morti per il lavoro e la disperazione». Archiviata la disquisizione sul titolo da attribuire ai dodici italiani caduti in Iraq, convinto che sia un diritto giusto e sacrosanto essere «forsennatamente di parte», il sindaco di Marano si è messo subito all'opera. Incurante della lettera con cui il prefetto di Napoli, Renato Profili, gli ha ricordato che per legge devono trascorrere almeno dieci anni dalla morte di una persona per intitolarle una strada, ne ha subito individuata una da dedicare al leader palestinese morto un anno fa. L'altro ieri, all'inaugurazione di «via Yasser Arafat premio Nobel per la pace», era presente Fadwa Barghouti, moglie di Marwan, uno dei capi di Al Fatah, che sta scontando quattro ergastoli in un carcere israeliano. C'erano anche l'ambasciatore dell'Autorità palestinese in Italia e il vescovo di Gerusalemme, monsignor Cappucci. Non erano presenti, nonostante fossero stati invitati, i rappresentanti del governo di Tel Aviv. In concidenza con questo infelice "rialzo" del sindaco di Marano nel triste gioco della glorificazione del terrorismo e della denigrazione di chi difende il proprio paese apprendiamo anche, da un lettore di Informazione Corretta, che "anche a Roma è stata affissa una targa dedicata ad Arafat. E' nel quartiere di S.Lorenzo. La cerimonia si è svolta il 12 novembre scorso con tanto di partecipazione di autorità locali e personalità della politica romana".
Un moltiplicarsi di riconoscimenti toponomastici a un assassino, a un tiranno, a un leader che non volle la pace e sostanzialemente tradì le aspirazioni nazionali del suo popolo. E' il caso di dire basta, di fermarsi a considerare chi sia davvero stato Yasser Arafat e anche di capire che, come ci insegna il sindaco di Marano, dedicare targhe e vie al raìs significa non solo negare le ragioni di Israele, ma quelle di ogni altra società libera aggredita dal terrorismo.
Significa consacrare le nostre città all'odio di noi stessi.
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