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La Repubblica Rassegna Stampa
14.11.2005 Imparare dalla storia: non sottovalutare le minacce iraniane
intervento di Daniel Jonah Goldhagen

Testata: La Repubblica
Data: 14 novembre 2005
Pagina: 1
Autore: Daniel Jonah Goldhagen
Titolo: «Prendere sul serio le minacce dell´Iran»
LA REPUBBLICA di lunedì 14 novembre 2005 pubblica in prima pagina e a pagina 18 un intervento sulla minaccia iraniana dello storico Daniel Jonah Goldhagen, autore del libro "I volenterosi carnefici di Hitler".

Ecco il testo:

Nel 1904 il generale Lothar von Trotta, governatore dell´Africa sud-occidentale colonizzata dalla Germania (l´attuale Namibia) proclamò pubblicamente che «entro i confini dei territori tedeschi tutti gli herero (la popolazione di lingua bantu), armati o meno, con o senza bestiame, saranno passati per le armi». Nel 1939, poco prima di scatenare la seconda guerra mondiale, Hitler dichiarò al mondo che intendeva cogliere l´occasione di un conflitto mondiale per «annientare la razza ebraica in Europa». La settimana scorsa il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha preconizzato pubblicamente l´annientamento dello stato di Israele. E pochi giorni dopo ha ripetuto che Israele dev´essere «cancellato dalla carta geografica».
L´attuazione di un genocidio presuppone due componenti: l´intenzione e l´opportunità. E spesso l´intenzione precede di molto le circostanze e l´acquisizione dei mezzi necessari a porre in atto il proposito. Nel caso dell´Africa sud-occidentale, l´intenzione non avrebbe potuto essere più chiara; e non mancava l´opportunità, data la schiacciante superiorità militare della Germania. Fu così che i tedeschi massacrarono sistematicamente tre quarti della popolazione herero. Quanto a Hitler, aveva esplicitato il suo proposito di «sterminare» gli ebrei fin dal 1920; ma solo la conquista tedesca dell´Europa gli offrì le condizioni per metterlo in pratica. Cosa che non esitò a fare, trucidando sei milioni di persone.
Ora il mondo ha ascoltato le dichiarazioni di Ahmadinejad, epigono retorico di von Trotta e di Hiler. E come ha reagito? C´è stato il silenzio dei leader dei paesi arabi e degli altri stati islamici - con la sola eccezione del portavoce dell´autorità palestinese. I giornali di quei paesi si sono limitati a pubblicare in prima pagina il discorso di Ahmadinejad, senza commenti - con tacita approvazione. Nel mondo democratico, i leader politici e gli editorialisti hanno condannato quelle frasi senza mezzi termini. Resta però in sospeso una domanda cruciale: fino a che punto le dichiarazioni di Ahmadinejad vengono prese sul serio? Più specificamente, c´è da chiedersi se quelle parole esprimano le sue reali intenzioni, e se al presidente iraniano si offrano le opportunità per metterle in pratica.
Per molti commentatori, Ahmadinejad è una testa calda, un ex studente rivoluzionario politicamente immaturo e irresponsabile; oppure un leader politico debole, che fa quel tipo di discorsi ad uso interno. C´è anche chi le considera come frasi a effetto, sostenendo che in ogni modo l´Iran non avrebbe né la possibilità, né la volontà di agire di conseguenza. E spesso si citano leader più responsabili - tra cui l´ex presidente Hashemi Rafsanjani, definito un «moderato» - come esempi più indicativi della realtà del pensiero e della volontà politica iraniani.
Si dimentica che nel dicembre 2001, in occasione di un discorso alla nazione dedicato a Gerusalemme, il «moderato» Rafsanjani è stato anche più esplicito nel preconizzare l´annientamento dello stato ebraico. «Se un giorno il mondo islamico disporrà di armi come quelle oggi in possesso di Israele, la strategia imperialista verrà a trovarsi in una condizione di stallo. Anche una sola bomba nucleare lanciata contro Israele basterebbe a distruggere l´intero paese, mentre il mondo islamico ne uscirebbe soltanto danneggiato. Non sarebbe quindi irrazionale contemplare un´eventualità del genere». In altri termini Rafsanjani, avendo esaminato a fondo tutte le implicazioni di una politica genocida, ha dichiarato che ne varrebbe la pena.
Sono già due i presidenti iraniani che hanno postulato apertamente la distruzione di Israele. Sfidando la generale condanna espressa a livello mondiale, anche recentemente Ahmadinejad ha ripetuto le sue aspirazioni genocide. A suo tempo, neppure le minacce di Hitler furono prese sul serio; si preferì minimizzarle o considerarle semplici spacconate. Eppure, lo stretto rapporto tra le dichiarazioni genocide e la loro concreta attuazione è storicamente dimostrato. E dati anche gli altissimi costi politici cui va incontro oggi un capo di governo che dichiari apertamente ambizioni del genere, sarebbe una vera follia voler vedere nelle sue parole qualcosa di diverso dall´espressione di un preciso proposito. Resta da affrontare, a questo punto, la questione dell´opportunità.
L´Iran dispone già di missili in grado di colpire Israele, e sta mettendo a punto armi nucleari - circostanza questa che ha dato origine a un diverbio con gli Stati Uniti e con gran parte del mondo occidentale. Se l´Iran si dotasse di armi nucleari, potrebbe facilmente distruggere Israele, e provocare un secondo Olocausto. Sotto il profilo geografico, Israele è un paese piccolissimo: la sua superficie corrisponde più o meno a quella dello stato del Maryland. Basterebbero tre missili a rendere inabitabili le sue tre principali città - Gerusalemme, Tel Aviv e Haifa - e a causare centinaia di migliaia di vittime. Del resto, come ben sa Rafsanjani, anche il lancio strategico di un unico missile nei pressi di Tel Aviv, dove il territorio israeliano si riduce a una fascia di sole dieci miglia di larghezza, sarebbe sufficiente a distruggere il paese. E´ vero che grazie ai suoi sottomarini, Israele ha capacità di ritorsione nucleare. Ma il mondo islamico, come Rafsanjani ha detto con tanta chiarezza, ne sarebbe soltanto danneggiato: una contropartita «razionale» alla distruzione di Israele, che varrebbe la pena di prendere in considerazione.
L´intenzione genocida dei leader iraniani è chiara. I mezzi per attuarla potrebbero essere disponibili a breve. Che fare? Non basta trattare il leader iraniano da millantatore, e limitarsi a condannare le sue parole, come ha fatto Kofi Annan, con espressioni tiepide come «sgomento» (dismay). Sono dichiarazioni che vanno prese sul serio, poiché indicano la possibilità di una concreta scelta politica. E´ imperativo impedire all´Iran di dotarsi di mezzi che possano offrire ai suoi leader l´opportunità di «contemplare» seriamente l´attuazione dei loro desideri. I leader israeliani lo sanno, e si sono espressi chiaramente in questo senso. Tommy Lapid, della Commissione difesa e affari esteri della Knesset, ha detto recentemente che se gli Usa e l´Europa non fermeranno l´Iran, e «se la situazione arriverà a un punto di non ritorno, Israele dovrà passare all´azione».
Non è solo paranoia israeliana. Se Bin Laden - la cui ideologia si avvicina molto a quella dei leader iraniani - fosse stato in grado di colpire New York con un missile nucleare, forse non lo avrebbe fatto? E se un Bin Laden o un Ahmadinejad si mettessero a costruire un´arma atomica, dopo aver proclamato l´intenzione di distruggere gli Usa, o la Gran Bretagna, o la Germania, o la Francia, i responsabili di questi paesi starebbero a guardare con le mani in mano? E i loro alleati, gli altri stati democratici non farebbero quanto è in loro potere - compresa la distruzione manu militari di una latente capacità genocida degli aspiranti sterminatori? E perché la reazione è diversa quando è lo stato di Israele a essere oggetto della minaccia?
L´intenzione iraniana di distruggere Israele non ha nulla a che vedere con la risoluzione del conflitto israelo - palestinese: lo hanno dichiarato esplicitamente gli stessi leader iraniani. Per loro, la sola esistenza di Israele è un´offesa contro l´islam, perché questo stato è un avamposto dei valori che più aborriscono: quelli dei paesi democratici e pluralisti. Certo, non tutti i popoli, e neppure tutti i leader islamici desiderano entrare in guerra con l´Occidente democratico. Ma c´è chi lo vorrebbe. Israele potrebbe essere il primo, ma non l´unico bersaglio di un attacco nucleare. Consentire al regime oggi al potere a Teheran di dotarsi di armi nucleari sarebbe un comportamento da irresponsabili. Come lo è stato chi a suo tempo non ha preso sul serio Hitler.

Traduzione di Elisabetta Horvat
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