Al Zarqawi rivendica le stragi in Giordania per regionalizzare il jihad iracheno
Testata: Il Foglio Data: 11 novembre 2005 Pagina: 1 Autore: un giornalista Titolo: «Le stragi di Amman»
IL FOGLIO di venerdì 11 novembre 2005 pubblica in prima pagina un articolo su "Le stragi di Amman".
Ecco il testo: Il Cairo. Abu Mussab al Zarqawi, luogotenente di al Qaida in Iraq, ha firmato il triplo attacco di mercoledì sera ad Amman, rivendicando la strage con un messaggio apparso ieri su Internet. Nella capitale giordana tre terroristi suicidi si sono fatti esplodere all’interno di tre diversi grandi alberghi della città, verso le 9 di sera. I morti sono almeno 57, i feriti più di cento. Secondo testimoni oculari, nessuno degli hotel colpiti era munito di dispositivi di controllo, come metal detector alle porte d’entrata. I grandi alberghi di Amman sono frequentati da giordani ricchi, che la sera si ritrovano nelle luminose hall a bere un drink e a chiacchierare; da americani, membri dell’intelligence, soldati, funzionari di quella che è la più grande ambasciata degli Stati Uniti nell’intero medio oriente; da turisti occidentali e israeliani. Mercoledì sera, nell’esplosione, sono morti 15 giordani, un saudita, due palestinesi, cinque iracheni, tre cinesi, un indonesiano; trenta altre vittime non sono ancora state identificate. I due palestinesi sarebbero un capo dell’intelligence della Cisgiordania, e un funzionario del ministero dell’Interno dell’Autorità nazionale. Secondo alcuni media internazionali, le forze di sicurezza giordane avrebbero fatto evacuare i clienti israeliani da uno dei tre alberghi prima della deflagrazione. Il quotidiano Haaretz smentisce l’informazione, spiegando che i cittadini d’Israele sono stati fatti rimpatriare soltanto dopo l’attacco. Amman pullula di soldi iracheni, società straniere, di spie, giornalisti, arabi del Golfo che sfuggono il rigore comportamentale della vita nei loro paesi. Tutti s’incontrano negli alberghi di lusso delle grandi catene occidentali. La strage, rivendicata da al Qaida, era attesa. Il governo giordano è da mesi in stato d’allerta, come aveva detto al Foglio lo stesso ministro degli Esteri, Marwan Muasher. L’allarme è cresciuto dopo agosto, quando la rete di al Zarqawi ha portato a termine un primo attacco: un razzo ha colpito una nave da guerra americana ancorata nel porto di Aqaba, sul mar Rosso. La lotta all’estremismo e alla predicazione fondamentalista sono una delle priorità del governo: l’esecutivo ha lavorato sull’educazione scolastica, cambiando i curricula, fa attività di monitoraggio nelle moschee, ha sostenuto la dichiarazione di Amman, con cui massime cariche religiose hanno sconfessato i predicatori d’odio. Ieri, la capitale giordana era blindata: le forze di sicurezza presidiavano gli edifici governativi, le ambasciate, i grandi alberghi, scuole e uffici erano chiusi. Nel pomeriggio si è tenuta una manifestazione contro il terrorismo. La comunità internazionale condanna: il presidente americano George W. Bush ha parlato di "attacchi codardi"; il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, atteso ad Amman, ha cancellato la visita; l’alto rappresentante per la Politica estera europea, Javier Solana, ha detto che la distruzione causata dalla follia di un simile attacco è ingiustificabile; il ministro degli Esteri inglese, Jack Straw, ieri era in Iraq, ha detto che la determinazione della Giordania a lottare contro il terrorismo è la stessa del Regno Unito. "I nemici della fede, gli ebrei, i crociati" Al Zarqawi, che ha firmato decine di attacchi suicidi in Iraq, colpisce per la prima volta la Giordania, sua patria. Accusa Amman di sostenere "i nemici della fede, gli ebrei, i crociati" e definisce gli alberghi colpiti "uno sporco luogo di traditori e un centro di prostituzione". Fadel Nazzal al Khalayleh nasce a Zarqa, da cui il suo nome di battaglia. In Pakistan incontra il punto di riferimento dell’islamismo radicale giordano, Abu Mohammed Asem al Maqdisi, suo mentore, imprigionato più volte dalle autorità per le sue prediche contro il governo. Al Maqdisi importa l’islamismo militante di matrice sunnita in Giordania. Al Zarqawi, in carcere per le sue posizioni radicali, è stato liberato sei anni fa grazie a un’amnistia decretata dal sovrano Abdallah II. Nell’ottobre 2002 è stato condannato a morte, in absentia, da una corte militare per l’assassinio di un diplomatico americano. Il luogotenente di al Qaida tenta ora di regionalizzare il fronte del jihad: esce dai confini dell’Iraq per toccare la vicina Giordania, considerata uno degli alleati più fedeli di Washington in medio oriente. L’attacco di mercoledì sembra inoltre essere una risposta alla stretta dell’esercito americano lungo i porosi confini siriani. Le reclute giordane di al Qaida, secondo analisti del paese raggiunti dal Foglio, non provengono da quel 75 per cento di popolazione d’origine palestinese (con passaporto giordano) tenuta al margine della vita politica, ma dalle roccaforti tribali di Maan, Salt e Kerak, città giordane. Nel paese i clan beduini sono la base del potere della dinastia hashemita. C’è un grande dibattito, oggi, in Giordania sul rischio che il regno corre nell’indebolire le tribù per accrescere il potere della monarchia. Molti, infatti, ritengono che proprio il controllo territoriale che i clan esercitano sia il miglior strumento per arginare la predicazione di soggetti pericolosi, come al Zarqawi. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.