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Il Foglio Rassegna Stampa
07.11.2005 Theo Van Gogh e i "superstiti" minacciati dall'islamismo in Olanda
il multiculturalismo contro la libertà di pensiero

Testata: Il Foglio
Data: 07 novembre 2005
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Memento Theo - Memorie e paure di chi doveva morire con lui»
IL FOGLIO di sabato 29 ottobre 2005 a un anno dall'omicidio di Theo Van Gogh pubblica a pagina uno dell'inserto un ricordo del regista olandese scritto da Giulio Meotti.

Ecco il testo:

"Tempi sciagurati quando dei pazzi fanno
da guide a ciechi" (Re Lear, IV, 1)
Avevano sognato di vivere nel miglior
mondo possibile. Stavano solo dormendo.
L’economia non era cresciuta tanto
quanto negli ultimi vent’anni, il settantaquattro
per cento della popolazione aveva
un lavoro fisso, lo stato sociale era un letto
caldo, la seconda generazione di immigrati
stava facendo grandi passi in avanti. Tutte
le tappe dell’agenda multiculturale erano
state rispettate. I giovani marocchini parlavano
un perfetto olandese, erano i figli benvoluti
della patria di ugonotti, libertari, apostati,
artisti, puttane e capitalisti corsari.
Tutto era libero, ma di una libertà diventata
camicia di forza. Solo il tempo in Olanda
restava pessimo.
Allegramente accettarono la morte di Dio.
Nel 1989 più del cinquanta per cento della
popolazione olandese non faceva parte di alcuna
confessione. Molte chiese furono demolite
per mancanza di fedeli. La più celebre,
quella di S. Vincentius di Amsterdam,
trasformata in moschea. Confessionali, banchi,
crocifissi, candelabri, tutto venne messo
in fretta all’asta. Fra il 1970 e il 1985 i cattolici
olandesi diminuirono del settanta per
cento. Ad Eindhoven una chiesa venne convertita
in ritrovo per ragazzi. Altre in palestre,
piscine e negozi di mobili. Quella che fu
la chiesa protestante del Seminatore oggi è
la principale moschea di Amsterdam, Fatih.
Negli ultimi trent’anni hanno cambiato proprietà
più di 250 edifici cattolici, luterani e
calvinisti. La chiesa domenicana di Haarlem
è stata demolita. Il monastero domenicano
di Nijmegen è stato abbandonato nel 2004 e
oggi è un ospizio. La Mansion Maria-Louise
di Eversweg è diventata un garage. 40 mila
libri del monastero dell’Assunzione di Louisaweg
sono stati venduti al chilo. Nel settembre
del 2004 la storica Katholieke Universiteit
di Nijmegen ha cambiato nome in
Radboud University. Non aveva più senso riferirsi
al cattolicesimo. A L’Aja la comunità
ebraica ha venduto ai musulmani una sinagoga
del XVIII secolo.
Durante la Riforma le pareti affrescate
della cattedrale cattolica di Den Bosch furono
ricoperte da uno spesso intonaco bianco.
Un restauro successivo portò alla luce la figura
della Madonna. Le era stato graffiato
tutto il viso sino a renderla senza volto. E’ in
un’Olanda senza volto che è stato compiuto
l’assassinio di Theo van Gogh, sgozzato ritualmente
il 2 novembre 2004. Ian Buruma,
Christopher Caldwell e Mark Steyn sono convinti
che per impedirle di marcire del tutto
bisognerebbe metterla sotto ghiaccio. Quella
che conosciamo scomparirà, lasciando solo i
sintomi. Poi anche quelli e più niente. Come
le chiese svendute all’asta.
Le proiezioni demografiche sono impressionanti.
Entro il 2015 la regione che comprende
Amsterdam, l’Aja, Rotterdam e Utrecht
sarà a maggioranza islamica. Altri dicono
che nel 2020 lo sarà il settanta per cento.
I musulmani minorenni sono già oggi maggioranza
ad Amsterdam e Rotterdam. Ad
Amsterdam accanto ai bordelli (sono 30mila
le "sex workers" unite in sindacato), ai coffee-
shop dell’Era marijuana-lsd-thc-cocainametadrina
e ai manifesti con le bocche da
fellatio ci sono decine di locali frequentati
dai musulmani in cui le donne non possono
entrare. Secondo il New York Times sarebbero
migliaia gli olandesi con le valigie pronti
a partire entro la fine dell’anno. Nel 2004
lo hanno fatto in 40mila. Aveva capito questo
Theo van Gogh, gli olandesi sono rassegnati
a una necessaria assenza. E a diventare
dhimmi tollerati di una Tebaide capovolta.
Il "grosso grasso lurido maiale" la mattina
del 2 novembre di un anno fa è diventato
una bacheca coranica. La sua morte è stata
la notte di San Bartolomeo della libertà europea.
L’Olanda che conoscevamo non esisteva
già più. Era stato il solo paese in cui
Voltaire e l’ebreo apostata Spinoza riuscirono
a pubblicare i loro scritti. Oggi uno dei
suoi biglietti da visita più diffusi è simile a
questo, indirizzato al leader della destra:
"Nome: Geert Wilders. Professione: idolatra.
Peccato: derisione dell’islam. Punizione: decapitazione.
Ricompensa: paradiso".
Theo aveva rifiutato la scorta anche dopo
la morte dell’amico Pim Fortuyn: "Chi vorrebbe
uccidere lo scemo del villaggio? Il
proiettile non arriverà per me. Se deve accadere
accadrà". Ne arrivarono nove, fra un
"pietà" e un "non lo fare". Poi quei trenta
centimetri di lama per completare il rituale
salafita. Era dal 1997 che i musulmani
olandesi lo minacciavano di morte. Theo
aveva smascherato l’ipocrisia e circonciso il
multiculturalismo attraverso invettive, litanie,
smorfie e grotteschi. Cosa significava
per lui multiculturalismo? "Che il soggetto
della storia deve essere rimosso dal curriculum
scolastico e sostituito con un orientamento
mondiale; che dobbiamo fornire un
trattamento preferenziale alle ‘scuole dei
neri’, in modo che gli olandesi capiscano
che i loro bambini sono inferiori; che bisogna
balbettare sull’educazione in un unico
linguaggio ed essere sicuri che la legge sia
indebolita, così da dare l’impressione agli
stranieri che qui l’impunità è la norma".
Poche settimane prima di morire disse
che "la polizia non ha interesse a difendere
gli olandesi attaccati da una minoranza aggressiva.
Sospetto che il nostro sindaco sia
un incorreggibile cinico e un mercenario
opportunista. Non c’è Atene senza Sparta o
Roma senza i barbari. E’ possibile che l’occidente
libero perda la guerra delle idee".
Sei mesi prima di quella tragica mattina:
"Vent’anni fa nel mondo civilizzato girava
un film. In quel film la fede cristiana era totalmente
ridicolizzata. C’era un figlio di Dio
imbroglione inchiodato alla croce mentre
cantava. Lo stesso tipo di film sui travagli di
Allah non potrebbe essere girato oggi. Grazie
al nostro multiculturalismo. Ma non penso
che sono autorizzato a dirlo". Solo lui
aveva avuto il coraggio di girare quel film
per denunciare lo schiavismo islamista. Ma
la sua Olanda non lo avrebbe ascoltato nemmeno
da morto. Avrebbe invece sfoggiato
tutto il suo femminismo perbenista anche ai
funerali dell’ex regina Giuliana, celebrati
nel marzo scorso da un donna dei Rimostranti,
la corrente più liberal di un protestantesimo
in via di estinzione.
Al funerale di Theo gli olandesi alzarono
decine di cartelli: "Grazie a trent’anni di politica
da struzzo, l’Olanda è malata terminale
– Sotto i nazisti venivi ucciso se criticavi.
Sta succedendo di nuovo". Lui solo si era offerto
per dire quello che tutti pensavano:
"Se qualcosa caratterizza l’‘identità olandese’
questa è la mancanza di rispetto di sé,
che si esprime nella paura di essere definiti
‘razzisti’ o ‘discriminatori’. La libertà di
parola è l’unica cosa che può salvare i liberi
cittadini dai barbari. Lasciamo che gli
imam restino i pigmei che sono, non facciamone
dei martiri. Il giorno in cui il ministro
Roger van Boxtel sarà giustiziato dagli
imam, allora cominceremo a capire cosa significa
‘dialogo’ per Allah". Pochi minuti
dopo la sua morte anche un timoroso
speaker del Parlamento, Josiah van Arisen,
disse: "Il Jihad è arrivato in Olanda". Il regista
obeso lo diceva da quattro anni. Doveva
morire per suonare la sveglia all’intérieur
borghese olandese. In vita era solo lo
scemo invitato ai talk show per far ridere.
"Reazionario duro a morire", come gli
piaceva definirsi, Van Gogh era un funambolo
dalla passione fanatica, un istrione
eclettico con la vocazione da ventriloquo,
un genio surrealista in t-shirt che ballava
il tip tap sulle note del Corano. Anche se
era più un pornografo con uno strepitoso
senso dell’assedio, come per ogni oracolo
la sua colpa doveva essere fabbricata in
gran fretta per l’innocenza di chi si sentiva
colpevole. La sinistra parlamentare e la
grande stampa olandese lo dipinsero come
un "insetto immondo, vile, crudele,
egoista" (Dostoevskij, "I demoni"). Un noto
settimanale italiano confinò la notizia
della sua esecuzione nella sezione "spettacoli".
"Un poeta è il combinarsi di uno
strumento e di un essere umano in un’unica
persona", scriveva Josif Brodskij su Marina
Cvetaeva. Theo era un poeta del corpo,
lo ostentava, si vestiva da imam, davanti
ai burqa tirava fuori il perizoma.
Duecentomila persone si ritrovarono davanti
a un grande schermo per seguire la cerimonia
privata della cremazione al cimitero
De Nieuwe Ooster. Fu trasmessa dalla
catena televisiva Nederland 2. "No alla sottomissione
al fondamentalismo", scandirono
molti. Qualcuno sfogliava il quotidiano
liberale The Volkskrant: "Combattenti per
il jihad educati sotto i nostri nasi". La cerimonia
si aprì da un assolo di violino. Prese
la parola la madre di Theo, bionda e altera,
capace come il figlio di far ridere e commuovere
a un tempo. "Siamo qui insieme
perché nostro figlio è morto, ucciso. Io temo
per il futuro". Usò le parole di Van
Randwijk, il poeta della Resistenza olandese:
"Un popolo che cede ai tiranni perderà
più del proprio corpo e dei propri beni".
Il corpo del "lurido maiale" era composto
in una bara bianca coperta da un
manto di fiori. Nella Pythagorasstraat, dove
Theo abitava, le bandiere rimasero a
mezz’asta, un onore che per legge doveva
essere tributato solo alla regina. I suoi amici
più intimi scrissero una lettera ironica a
Mohammed Bouyeri, il suo assassino: "Non
ci rendevamo conto di aver urtato così la
vostra sensibilità. Ma abbiamo imparato la
lezione! Potresti darci alcune regole severe
su quel che possiamo e non possiamo dire?
Faremo di tutto per capire meglio le vostre
convinzioni religiose. Se tu ti trovi in
questa situazione difficile, di sicuro è anche
colpa nostra. Speriamo che in questa
lettera non ci siano cose che potrebbero offendere te o i tuoi correligionari. Bene, ragazzo,
tieni duro, cerca di rilassarti, domani
è un altro giorno. Forza e arrivederci".
L’uomo era una fogna di difetti, ma si sa,
"anche i cani di razza hanno le pulci" (Heine).
Theo era arrogante, indolente, cinico e
candido, feticista e adolescenziale, radicale
e libertario, generoso con gli amici e vendicativo
con i nemici, polemista di razza con
un talento estremo, regista di cortometraggi
che non ebbe pazienza per girare un capolavoro
(ha lavorato con Roman Polanski),
fumatore incallito, consumatore di cocaina
e amante di vini costosi. I nazisti gli uccisero
un cugino. A Theo, nato e cresciuto socialista
e che negli anni Ottanta si era allontanato
definitivamente dalla sinistra
olandese ("la mafia politicamente corretta"),
restava solo il pessimismo sul futuro
della democrazia.
Prima di morire ha scritto: "Gli stivali nazisti
sono di nuovo in marcia, ma stavolta vestono
nei caffettani e si nascondono dietro le
loro barbe". E ancora: "C’è stato detto che
dovevamo essere degli olandesi tolleranti,
che dovevamo adattarci alle tenebre islamiche
medievali, a coloro che odiavano la libertà
dell’individuo, che avevano fatto dell’Occidente
libero il falò del mondo intero. E’
come avere un ospite che sta lentamente rilevando
la tua casa". Aveva chiamato "ruffiano
del Profeta" il capo della European
Arab League, Dyab Abou JahJah.
In "America America", Theo scrive che
"fu l’America, il più affascinante esperimento
della storia, a prevenire che Hitler
unificasse l’Europa nel millenario Reich, fu
l’America che vinse la Guerra fredda per
tutti noi. L’esperto di islam Bernard Lewis
predisse la rivoluzione di Khomeini e non fu
creduto. Oggi che ha più di novant’anni dice
che l’Europa avrà una maggioranza islamica
in dieci anni. Se Lewis ha ragione, come
io credo, ci sono buone ragioni per emigrare
nella terra del McDonald’s. L’America è
odiata perché abbraccia i desideri delle
persone di una vita migliore, di mangiare
carne ogni giorno, di essere libero di adorare
il dio di tua scelta o di non cedere affatto,
di pensare quello che vuoi senza essere lapidato,
di essere donna senza il velo e di
commettere adulterio senza essere per questo
messo a morte". La scrittrice Rosita
Steenbeck lo conosceva da molti anni. Questo
è il suo ricordo per il Foglio: "L’ho incontrato
più di vent’anni fa, per strada. Avevo un
occhio nero. Lui mi disse subito: ‘Hai litigato
con il tuo fidanzato’. E io dissi no no. E lui:
‘Non devi mentire’. Alla fine ho dovuto dire
di sì. Mi ingaggiò per una parte nel suo secondo
film, facevo la lesbica divoratrice di
uomini. Improvvisava sempre, tutti per Theo
dovevano dire quello che pensavano. Durante
la lavorazione del film dormivamo in una
casa editrice nel cuore di Amsterdam, non
c’erano regole, continuavamo a girare anche
di notte. Theo aveva un carisma incredibile.
Diceva sempre ‘se vuoi bere un bicchiere di
vodka prima di girare questa scena fai pure’.
Nel frigo c’erano solo pacchi di latte e una
bottiglia di vodka, non mancava mai. Correggeva
il latte con la vodka. Indossava sempre
un paio di stivali, non li toglieva mai". L’emozione
gli rompe la voce. "Era un figlio dell’Olanda,
biondissimo, occhi azzurri, bastian
contrario. Senza essere un adone faceva stragi
di donne. Non le seduceva, era la sua
estrema curiosità che le attirava. Era grassissimo,
beveva, fumava solo Gauloises senza
filtro, in continuazione. Mi diceva che dovevo
partorire, ripeteva che ‘l’utero deve essere
riempito, le donne sono fatte per questo,
è la cosa più bella al mondo rimanere incinta’.
Era un anarchico non di sinistra, scorrettissimo,
con un alto senso della giustizia. Faceva
bellissime interviste, una delle più
straordinarie con Fortuyn. Di Pim amava
quell’osare continuo, entrambi avevano un
grande senso dell’umour olandese. Hanno
appena ritrasmesso in tv questa lunghissima
intervista. A Theo piaceva scioccare, aveva
un grande senso della decadenza e del relativismo
olandese. Ha visto il pericolo islamico,
ha detto quello che tutti pensavano da anni
ma non osavano dirlo. In Olanda c’è sempre
stata una paura infantile che deriva dall’educazione
naif, in base alla quale dobbiamo
capire tutti. Il suo non era un provocare
fine a se stesso, era autenticamente preoccupato.
Fino a qualche anno fa era vietato dire
che quasi tutti i crimini venivano commessi
dai marocchini, si diceva che era una
coincidenza. Sapevamo, ma mentivamo.
Theo aveva anche degli amici musulmani,
suo figlio andava a scuola con loro, ma lui vedeva
oltre quegli amici, forse ha capito prima
di tutti il futuro dell’Olanda. Lo avevano
minacciato prima che fosse ucciso, sapeva il
pericolo che correva, ma non aveva paura,
forse non si è reso conto".
Il 2 novembre 2004 Rosita era con alcuni
fotografi nella campagna vicino ad Amsterdam.
"La notizia per me, per noi, è stata come
l’11 settembre. Theo era più estremo di
Ayaan, era il simbolo dell’occidente, con
quel suo nome altisonante, è stato premeditato
scegliere lui. Quando i suoi amici parlavano
dei musulmani, lui li fermava e diceva
che c’è una ‘quinta colonna di scopatori
di capre’. Da morto nella sua pancia fu appoggiata
una rosa bianca e un foglio con
scritto ‘Maarty’. La madre di Theo chiese chi
fosse. Una delle sue tante fidanzate. Lascia
un figlio che amava tantissimo, i due genitori
meravigliosi e due sorelle serissime, che
raccontarono al funerale come per lui il Natale
fosse importantissimo. Viveva delle sue
idee, scriveva tutto il giorno. Nel suo sguardo
c’era la stessa severità di un altro Van Gogh,
Vincent. E’ stato come un martirio. Sono
molto pessimista per il futuro dell’Olanda".
Van Gogh è stato anche l’unico intellettuale
olandese con un autentico interesse
per il mondo islamico da cui sarebbe uscito
il suo giovane boia. In "Najib and Julia" racconta
l’amore fra un musulmano e un’olandese,
come le nozze appena celebrate fra
Ivan O’Mahoney Mohammed Allach, il più
noto calciatore musulmano d’Olanda, e la
bionda fiamminga Sanne. Stava girando una
serie tv sui musulmani. Gli islamisti d’Olanda
commentarono così la sua morte: "Abbiamo
macellato l’agnello secondo il metodo
islamico. Questa da ora in poi sarà la tassa
che dovrà pagare chiunque offenderà Allah".
Theo era alle prese con il montaggio di
"06 05", dedicato a Fortuyn, "il divino", ucciso
il 6 maggio 2002 da un animalista che voleva
"proteggere" i musulmani da quel frocio
che si vantava di andare per bordelli.
Nel maggio del 2002, pochi giorni dopo la
sua morte, l’Olanda ebbe il coraggio di incoronare
in tv Fortuyn "più grande olandese
di tutti i tempi", prima di Anna Frank, Spinoza,
Guglielmo d’Orange, Erasmo e Vincent
van Gogh. Van Gogh aveva appena finito
"Medea" e "Submission" doveva soltanto essere
distribuito. Se l’era autofinanziato con
18.000 euro. E’ stato sgozzato per quegli undici
minuti dalla fissità maniaca, per quell’attrice
sospesa fra il vuoto e la barbarie e
che si rivolge sempre e solo a un interlocutore,
Allah, che Ayaan Hirsi Ali aveva chiamato
"il pervertito". Era per lei la lettera lasciata
sul corpo di Theo. "Submission" non
è un bel film, ma uno strepitoso déjà vu, l’incubo
guardato in faccia. Una donna parla di
un matrimonio combinato, come quello di
Ayaan, dello stupro di uno zio e della condanna
per adulterio. Alcuni versetti del Corano
sono tatuati sul suo corpo, la pelle viva
è solcata dalle frustate islamiche. I giudici
applicano la sharia. "Cento frustate e curate
che un gruppo di credenti assista al castigo".
La ragazza piange. "Eravamo ingenui e
innamorati. Confidavamo che Allah fosse
dalla nostra parte". I genitori le scelgono un
altro marito e lei ricorda "l’odore triste della
pelle anche se si era appena lavato". Per
un imam olandese gli ebrei sono solo "legna
da ardere nell’inferno" e i marocchini di
Amsterdam cantano "Hamas, Hamas, agli
ebrei il gas!". Ma i media hanno preferito
paragonare l’espulsione di migliaia di immigrati
alla deportazione di Anna Frank. Gli
ebrei che fuggirono dall’Olanda durante
l’occupazione nazista strapparono le mezzuzà
dagli stipiti delle case. A quelle case
Theo immaginava incise le parole che
Mohammed B. avrebbe lasciato sul suo cadavere:
"Sono sicuro che tu, America, sarai
distrutta. Sono sicuro che tu, Europa, sarai
distrutta. Sono sicuro che tu, Olanda, sarai
distrutta. Sono sicuro che tu, Hirsi Ali, sarai
distrutta. Sono sicuro che voi, fondamentalisti
miscredenti, sarete distrutti". Firmato
Saifu Deen al Muwahhied, "la spada della
fede unita".
Scrive Christopher Marlowe che "la morte
è il salario del peccato". Quello di Theo
van Gogh è stato aver regalato all’Olanda
una possibilità di profezia. Goya dipinse davanti
ai mucchi di fucilati alla Moncloa,
Rembrandt alle autopsie all’università di
Leida, David davanti al corpo di Marat, Caravaggio
a una donna ripescata dal Tevere.
Theo si è affacciato su un futuro da dhimmi
ascoltando quel miracolo sonoro che è l’arabo,
lingua che geme, sussurra, reclama, vive
e sopravvive.
Nel giugno del 2004 i battiti finali di un
destino assurdo. E’ l’ultima cosa che Theo
ha scritto, con cui si immedesima nel tipico
Mohammed B. integrato: "Nella mia fede
una donna infedele viene lapidata. E’ un
miracolo vedere quanto diventino felici le
donne, conoscono il loro posto e temono la
mano del loro marito e hanno paura del loro
padrone. Comparate la loro felicità a
quella delle puttane olandesi, le donne occidentali
che protestano e discutono, una
grande bocca che balbetta eguali diritti. Ci
sono più vantaggi associati alla mia fede.
Ma il più grande vantaggio è che il sindaco
di Amsterdam è un utile idiota che cerca
continuamente il ‘dialogo’ con noi. Come sai
c’è solo una verità, quella di Allah. Apostati,
eretici, omosessuali ed ebrei scompariranno
nel millenario Reich di Allah. Le
donne tengano la loro bocca chiusa e la punizione
per tutti gli altri parassiti sarà terribile.
Ma Cohen pensa che siamo persone
ragionevoli che vogliono vivere in pace. Tu
e io lo sappiamo bene, non vogliono vivere
insieme. Con l’aiuto di Allah voglio servire
i mie fratelli e sorelle in Arabia Saudita, voglio
raccogliere soldi per al Qaida e perpetrare
attacchi così posso andare in paradiso.
Cohen usa la parola ‘rispetto’, un termine
innocuo che usiamo per dare l’impressione
che siamo minoranza discriminata.
Chiediamo rispetto, cioè stiamo per sottomettervi
alla nostra volontà. Risolveremo il
problema Ayaan Hirsi Ali abbastanza presto,
nonostante le guardie del corpo. Allah
lo sa bene. E’ solo questione di tempo, ci
sarà un bel funerale come quello di un altro
infedele, Pim Fortuyn. Ciò che ha di bello la
vostra democrazia è che tutti i problemi si
risolvono da sé. Allah è il flagello con cui
conquisteremo Amsterdam. Dormite bene,
bravi cittadini di Amsterdam".
Amsterdam deve ancora onorare il prezzo
pagato dal suo grillo parlante per aver
suonato la sveglia. E dovrà farlo prima che
il suo martirio venga appeso con uno spillo
al passato. Era un condannato a morte, la
domanda di grazia respinta. Sui muri della
sua cella multiculturale l’11 settembre del
2001 Theo van Gogh incise un verso che segnò
la sua vita: "Allah sta ghignando". "Non
mi verrà eretto nessun tumulo", piange l’Ifigenia
di Euripide che si sacrifica per la
partenza della flotta greca. Forse non lo alzeranno
nemmeno a Theo. Per paura di fare
la stessa fine. Noi lo ricorderemo come il
buffone che dice la verità, un po’ Sancho
Panza e il Leporello del Don Giovanni, che
reclama la sua mercede anche all’inferno.
Ci sono uccelli che presagiscono bufere e
volano qua e là timorosi, portati dai venti
che i molti non sentono ancora. Van Gogh
era stato tra i pochi a sentire quelli che soffiavano
sull’Olanda. Due settimane prima di
morire doveva andare negli Stati Uniti. Aveva
una paura matta di volare e a un amico
diede disposizioni per il funerale. Disse:
"Voglio molta vodka, tutti devono fumare
Gauloises, le donne devono vestire tailleur e
indossare una collana di splendide perle
bianche". Due settimane dopo fu girata la
scena, l’ultimo capolavoro di uno straordinario
cinemascope. Nel centro della sala rotonda
la bara del regista. Sopra una bottiglia
di champagne. A mezzanotte entra nella sala
una limousine nera e se lo porta via.
Giulio Meotti
Alle pagine 6 e 7 le interviste di Meotti ai "superstiti", dieci intellettuali e docenti olandesi minacciati di morte dopo l'omicidio Van Gogh.

Ecco il testo:

"La civiltà dorme su una miniera
immensa di barbarie" (François Guizot)
Dovete avvicinarvi a loro come se fossero
ragazzi Lonsdale, carichi di una
ideologia violenta e fortemente ostile".
La Lonsdale è la marca di abbigliamento
dei naziskin olandesi. Così Ayaan Hirsi
Ali ha avvertito i parlamentari dell’Aja
dopo la morte di Theo van Gogh. Ma c’era
molto altro sotto la cenere. "Prego Allah
che fermi per sempre il cuore malato
di Tony Blair, sparga cellule cancerose
nella testa di George W. Bush, riduca in
mille pezzi il corpo da maiale di Sharon".
Sono alcune parole di Mohammed B. prima
che incidesse "come una pagnotta" la
gola del grassone che percorreva in bicicletta
la Linnaeusstrat, a poche centinaia
di metri da casa.
Il giorno prima Rifo79, nick name di
Mohammed B., lascia una trentina di messaggi
nel forum marocchino. Uno sulle
truppe in Iraq: "Spero che tornino a casa
come maialini arrosto. Ovviamente senza
testa". L’ultimo sul fatto che nel Corano c’è
scritto di uccidere gli ebrei. "Lo spirito del
jihad sta camminando sulla terra".
Mohammed B. era un insospettabile,
parlava olandese meglio dell’arabo, usava
droghe leggere e viveva da immigrato integrato
nella sua casa di Marianne Philipsstraat.
Aveva lavorato per un giornaletto
di provincia, esaltando le meraviglie del
multiculturalismo. "Ciao, cari lettori! Sono
un nuovo redattore e vorrei presentarmi.
Mi chiamo Mohammed B. e ho 24 anni.
Abito in questo quartiere dal 1985 e desidero
descrivere la situazione dei giovani
che vivono qui". Mohammed B. era uno
studente modello, come Mohammed Sidique
Khan, la mente delle stragi di Londra.
Dopo l’11 settembre del 2001, "il benedetto
undici di settembre" come lo avrebbe
chiamato, Mohammed B. si converte all’ideologia
della morte: "Che l’America
venga spazzata via da una tempesta, che i
suoi aerei possano bruciare nei cieli". Ha
deciso: "Seguirò il Profeta". Vorrebbe rovesciare
i regimi arabi "collusi" con gli
Stati Uniti, li chiama "semi del male". Il 28
luglio del 2004 minaccia di morte il re del
Marocco, "la puttana di Bush". Inizia a tradurre
i testi di Sayd Qutb, il fondatore dei
Fratelli Musulmani. Poi un testo del XIV
secolo di Ibn Taymiyyah, si intitola "L’obbligo
di uccidere coloro che insultano il
Profeta". Era un obbligo medievale uccidere
Theo van Gogh. Mohammed B. va
avanti: "Liberati! Esci dal coffee shop, esci
dal bar, esci dall’angolo. Rispondi al richiamo
di la ilaha illa allah (‘non c’è alcun
Dio ma Allah’). Abbraccia la carovana dei
martiri. E’ solo questione di tempo prima
che le spade di Allah marcino dentro Amsterdam".
"Devo reclutare i giovani per il jihad".
Una mattina viene fermato dai controllori
sull’autobus, sta ascoltando testi coranici
con il lettore mp3. Non ha il biglietto. Li
aggredisce appena si avvicinano. Viene
portato al commissariato di Amsterdam
ovest. "Vi odio, vi odio", ripete. "Prima o
poi ammazzerò qualcuno di voi". Sputa in
faccia agli agenti che lo interrogano. Nelle
tasche ha un suo scritto, l’elogio delle
decapitazioni di Al Zarkawi. Il giorno in
cui si prepara a uccidere Theo lascia scritto:
"Inzuppate nel sangue / Sono queste le
mie ultime parole / Trafitte da pallottole /
Come speravo…". Theo non credeva che
arrivasse a tanto: "Mi considerano più un
matto di paese che un obiettivo serio".
Mohammed B. considera l’Olanda "una
democratica camera della tortura", ripete
fiero che "la bomba dei martiri è innescata",
vuole sostituire il Parlamento
olandese con un tribunale della sharia.
Gli piace firmarsi con un nom de guerre,
Abu Zubair, un capo di al Qaida morto nel
2002. Il suo simbolo è un’Olanda rosso sangue,
nello sfondo una spada di Maometto
e la scritta "la vittoria è nostra". Al processo
confessa di aver ucciso Van Gogh
"in nome della religione" e di essere
pronto a "rifare la stessa cosa" se avesse
una seconda occasione.
In aula indossa una djellabah, una tunica
maghrebina, in mano ha una copia
del Corano. Prende la parola dopo una
preghiera in arabo. "Voglio che sappiate
che ho agito per convinzione e che non ho
preso la sua vita perché era olandese o
perché io sono marocchino e mi sono sentito
insultato". E rivolto alla madre di Van
Gogh: "Non odiavo suo figlio, non era un
ipocrita e non mi sono sentito offeso da
lui come ‘scopatore di capre’. Non sento il
suo dolore in quanto lei è un’infedele".
Secondo Michael Leeden, dell’American
Enterprise Institute, "la morte di Van Gogh
è parte della guerra terroristica all’Occidente,
un’esecuzione rituale come la decapitazione
di Daniel Pearl e di molti altri
occidentali in Iraq. L’assimilazione olandese
è stata una débâcle e un disastro morale
il multiculturalismo. La civilizzazione
europea si spegnerà se le mancherà la voglia
di vivere e difendersi. Non arriverei
però a liquidare con eccessiva fretta l’Olanda,
ci sono nuovi segni di vitalità. Dovrebbe
esserci una presa d’atto da parte
degli intellettuali e dei politici occidentali
per il fallimento degli ultimi trent’anni.
Sembra che i jihadisti non abbiano ucciso
abbastanza persone in Europa per indurre
a cambiare mentalità sull’islamismo".
Il ministro olandese per l’immigrazione,
Rita Verdonk, qualche giorno dopo la morte
di Theo si reca a Soesterberg, per parlare
dei "valori olandesi". Viene introdotta
da un imam, Ahmad Salam, che si rifiuta di stringerle la mano. "Non stringo la
mia mano a una donna, preferirei morire".
Era cittadino olandese da quattordici
lunghissimi anni. Van Gogh aveva detto
che "la più grande menzogna che è stata
venduta agli elettori di buona volontà negli
ultimi trent’anni si chiama società multiculturale".
Di cui quell’imam era stato
uno dei promotori.
Sulla stampa si parla di un paese che
sta tornando lentamente alla normalità.
Nei sondaggi politici i socialdemocratici
sono in testa, il partito di Pim Fortuyn
perderebbe anche l’ultimo seggio e quello
di Wilders ne conserverebbe solo due.
Il tema sicurezza non è più un tabù. Tutti
speravano che Mohammed B. fosse un caso.
Ma il ministro dell’Interno ha detto che
ci sono forse cento Mohammed B. in circolazione.
"Non hanno impedito la auto-ghettizzazione",
dice Aart Heering, corrispondente
da Roma dell’Algemeen Dagblad. "Alcuni
organismi semigovernativi hanno un grande
potere nella divisione degli alloggi in
affitto. Gran parte degli alloggi sono proprietà
di enti senza scopo di lucro e li danno
a chi diventa socio. Questi enti possono
decidere a chi dare una casa e in quale
quartiere. Hanno diviso gli stranieri per
quartieri. Anni fa in Olanda il comune sosteneva
economicamente i centri degli
stranieri e i turchi li usavano per fare una
moschea. Credo che in futuro non si potrà
più fare". Ayaan vorrebbe girare il sequel
di Submission. "Su come l’islam opprime
l’individuo". Il film multiculturale è andato
avanti ancora fresco il cadavere di
Theo. Diceva sempre che "l’Olanda è al di
là della speranza e della ragione". Ma non
conosceva il resto. Non sapeva che il premier
Jean Peter Balkenende avrebbe spedito
gli auguri di felice Ramadan ai musulmani
d’Olanda con una cartolina dove
una donna indossa il burqa e che avrebbe
lodato gli effetti catartici del Ramadan.
Non sapeva che il ministro Verdonk avrebbe
dichiarato che i musulmani che hanno
glorificato il suo omicidio starebbero solo
cercando una identità. Non sapeva che il
comune di Amsterdam avrebbe lanciato
l’iniziativa "We Amsterdammers", con cui
patrocinare libri, opuscoli e video dell’islam
"moderato".
Theo non sapeva che i socialdemocratici
si sarebbero opposti a un monumento
dedicato alla sua memoria, con queste parole
in cui è racchiuso tutto il dramma
che si sta celebrando nella liberissima
Venezia del Nord: "Loro lo hanno ucciso,
se noi lo memorializziamo, uccideranno
anche noi".
Uccideranno anche noi, avranno pensato
anche il produttore di Submission,
Van de Westelaken, i festival cinematografici
e l’Unione Europea che ha bandito
quegli undici minuti. Non sapeva che la
giovane ministro senza portafoglio Beatrijs
Tolk avrebbe sponsorizzato dei corsi
per giovani musulmani su "come avvicinare
le ragazze". La spiegazione della
Tolk: "Non sanno quello che fanno". Theo
sapeva bene quello che stavano facendo
alla sua Olanda.
Non sapeva infine che il ministro olandese
Hilbrand Nawijn avrebbe chiesto alle
comunità islamiche di tenere i loro sermoni
in olandese. Non sapeva che Ayaan
Hirsi Ali sarebbe stata minacciata da un
diciannovenne olandese, Jason Walter, figlio
di un soldato americano. Convertito
all’islam a quattordici anni, Jason frequentava
la moschea di Eindhoven, era
tutto preghiera e studio dell’arabo e diceva
che il padre faceva parte dell’"esercito
degli infedeli". Alla madre riferì un giorno
di essere "pronto al martirio", di voler
combattere "la guerra santa per la creazione
di uno stato islamico" e che per questo
la somala liberale Hirsi Ali andava uccisa
in nome del Corano. Nel settembre
del 2003, di ritorno da un viaggio a Islamabad,
Jason entra in chat con un ragazzo
egiziano. "Vieni con me in Pakistan e loro
ti insegneranno a usare le armi e a costruire
le bombe. Posso scannare ogni poliziotto,
ministro, ufficiale e soldato, c’è
una fatwa. La decapitazione del primo ministro,
questo sì che rilassa". Si brucia con
questa dichiarazione pochi giorni dopo la
morte di Theo: "Siamo del gruppo di
Mohammed B.".
Il suo idolo è l’"imam dei giovani", Abdul
Jabber van de Ven, nato Jilles, olandese
pelle bianca famiglia cattolica. Convertito
all’islam quattordicenne, abbandona
i multiculturalissimi studi pubblici per
volare a Medina. "Anche se applichi il novanta
per cento della sharia sei un infedele".
Per il nuovo Jilles solo la purezza talebana
è autentica. Nel 2001 dichiara: "Il
Corano è la mia Costituzione". Michael R.
è un altro convertito dell’Hofstadgroup.
Disse che "la morte di Van Gogh è solo l’inizio
di un lungo capitolo". Poi c’è la marocchina
Soumaya S.: "Oh voi che simpatizzate
con i fratelli e le sorelle della Cecenia.
Andate là a fare jihad". Theo alcuni
anni fa scrisse che "ci sono migliaia di
marocchini pronti a sacrificare se stessi e
mio figlio per la causa di Allah. Odiano la
nostra libertà e sono convinti che l’Olanda
senza Dio debba essere eliminata dalla
faccia della terra". Migliaia di marocchini
pronti a paragonare Beslan a un "party".
La chiamano "la gang". Dopo la morte
di Theo sono una decina fra giornalisti, intellettuali,
filosofi e giuristi che hanno
scritto di più contro l’islamismo nel suo letargo
multiculturale. Hanno ricevuto decine
minacce di morte, alcuni da prima che
venisse ucciso Van Gogh. Molti di loro vivono
protetti, giorno e notte. Li abbiamo
intervistati. Paul Scheffer è un agnostico
di origine cattolica, il più celebre intellettuale
socialdemocratico d’Olanda. E’ stato
uno strenuo sostenitore dell’intervento
americano in Iraq. Saggista, politologo (insegna
alla Amsterdam University) e commentatore
per il Nrc Handelsblad, Scheffer
ha aspirazioni da futuro ministro della
cultura in un governo di centrosinistra.
"Nelle settimane successive la morte di
Theo van Gogh l’attenzione è molto cresciuta
e l’opinione pubblica ha finalmente
aperto gli occhi sull’islam. In un anno poco
è cambiato. C’è molta più pressione sulle
comunità islamiche radicali e un coraggio
a parlare apertamente contro l’islamismo.
Il governo si è mosso nella direzione
giusta e il ministro dell’Interno ha criticato
le comunità islamiche per non aver fatto
niente contro il terrore. Ma alle parole
devono seguire azioni vere. Rimane quindi
una domanda aperta. C’è maggiore comprensione
e maggiore volontà di far fronte
comune contro l’islamismo. Ci sono stati
gli attacchi di Londra e abbiamo visto le
comunità musulmane d’Olanda dichiararsi
contro quegli attentati. Ma il cambiamento
nella vita di ogni giorno non c’è stato.
Il governo a livello locale si è rilassato
in maniera incredibile. E’ cresciuto il senso
di urgenza e la popolazione oggi è preparata
ad altri attacchi. Dopo Londra potrebbe
accadere qui". Abu Zayd è un dissidente
egiziano costretto a divorziare dalla
moglie, accusato di apostasia per aver
sostenuto la fallibilità del Corano e oggi,
prestigioso islamista all’Università di Leiden,
dà voce a quel poco di islam davvero
laico che viva nei Paesi Bassi.
"La morte di Theo van Gogh ha fatto
esplodere la tensione già esistente nella
società olandese fra musulmani e non-musulmani.
Risale all’11 settembre 2001. La
tanto agognata integrazione è stata banalizzata
dal fatto che si dovesse per forza
parlare correttamente olandese. Mohammed
B. al processo parlava un olandese
perfetto, senza per questo essere integrato.
Stanno uscendo nell’ultimo anno voci
contro questo riduzionismo politico e approccio
solo legale al fallimento del multiculturalismo.
Serve un nuovo sistema
culturale. Il multiculturalismo e il suo relativismo
hanno miseramente fallito.
Quando le culture sono concepite e considerate
come forme identitarie separate fra
di loro, la tolleranza diventa il principio
del vivere insieme in ghetti separati. E’
questo il grande fallimento della politica
moderna e delle sue utopie tolleranti".
Efshian Ellian è un rifugiato iraniano e
l’intellettuale olandese più minacciato insieme
ad Ayaan. Nato a Teheran e docente
di diritto a Leiden, Ellian è fuggito dal
regime sciita di Khomeini nel 1982, a sedici
anni, passando per il Pakistan e Kabul.
Per la morte di Theo scrisse: "Questo è
jihad. Devo fuggire un’altra volta?". Fu l’unico
nel settembre del 2004 a difendere
Theo dall’accusa di plagio. "E’ assolutamente
nuovo". Ellian ci spiega che "l’Olanda
oggi sembra diventata una contea
mediorientale. La morte crudele di Theo
van Gogh deve essere ricordata come il
primo attacco islamico sul suolo olandese.
E’ stata una morte rituale e un assalto al
valore fondamentale della cultura olandese,
la sua legge e libertà di espressione.
Abbiamo davanti un nemico e si chiama
islam politico. Avevo previsto e scritto in
anticipo degli eventi del 2 novembre. Dissi
che non avevamo il privilegio del compromesso
con l’islam. Ora è sempre più vero
che Mohammed B. non ha ucciso solo
van Gogh e terrorizzato Ayaan Hirsi Ali.
Ha attaccato l’intera società olandese. Nella
lettera sul petto di Van Gogh dice di voler
dichiarare guerra alla democrazia. Ci
vorrebbe tutti morti. E’ stato un assalto al
feretro della nostra libertà. In base ai rapporti
dell’Aivd, l’Agenzia olandese di intelligence,
ci sono ancora centinaia di musulmani
pronti a scatenare un’ondata di
violenza contro la nostra società. Solo diciannove
terroristi furono sufficienti per
massacrare 3.000 americani l’11 settembre
del 2001. In occidente poi la libertà è sotto
la pressione macabra del politicamente
corretto. Ancora oggi in Olanda c’è chi dice
che siamo stati attaccati da Bouyeri per
le nostre critiche all’islam e per il film
Submission. E’ il loro modo assurdo di ragionare.
Ma quando una ragazza viene rapita
e stuprata non stiamo a discutere delle
misure della sua camicetta. Sono i teorici
della nostra imperfezione e della nostra
caduta, e anche i primi che capitoleranno
ai nemici della società libera. Il più
grande numero di vittime al mondo dell’islamismo
sono i musulmani e gli ebrei in
Israele. I terroristi islamici hanno sempre
buone ragioni ideologiche per giustificare
l’omicidio di chi la pensa diversamente. In
Iran nel 1988 il regime ha eseguito 8.000
condanne a morte, ha mietuto vittime dalla
sinistra più estrema ai liberali, nello
spazio di poche settimane. Ho visto con i
miei occhi gli Hezbollah, l’esercito della
morte, attaccare con le baionette i dissidenti.
Stiamo semplicemente affrontando
un nemico crudele, che eccede nelle fantasie
più perverse della violenza. I versi
coranici sono la loro droga mentale".
Sylvain Ephimenco è un giornalista
francese che lavora da molti anni in Olanda.
E’ stato corrispondente da Amsterdam
per Libération e oggi è uno dei columnist
più famosi e controversi di Trouw. "Sono
ateo e di sinistra, ma non mi riconosco più
in questa sinistra europea che non ha mai
capito il pericolo che rappresentava una
religione che rifiuta ogni nostro valore. C’è
un odio contro di noi da parte della sinistra
olandese. Ci siamo spinti molto in là
per proteggere Ayaan dopo la morte di
Van Gogh. I giovani musulmani considerano
Mohammed B. un idolo da imitare. La
politica da sola non troverà mai la soluzione.
Il governo olandese ha tentato di
escogitare misure di carta, parole al vento,
quando servirebbe la rivoluzione della
mentalità islamica. Il governo qualche
giorno fa ha provato a far firmare alle moschee
un trattato contro l’islamismo politico
dentro le moschee. Era una misura significativa.
Ha firmato solo quella turca.
La scusa che hanno fornito le moschee marocchine
è che non vogliono diventare la
longa manus della giustizia e del governo.
La verità è un’altra. Mohammed B. non è
stato un caso isolato, molta gente si identifica
in lui. Non c’è nessuna politica capace
di lottare contro questa forma di islamismo.
Non il razzismo né la discriminazione
né la miseria né tutte le scuse sociali
hanno niente a che fare con questa forma
di islam. È un problema religioso".
Hans Jansen è uno dei più celebri islamisti
olandesi. Insegna Pensiero islamico
moderno all’università di Utrecht. "Ho conosciuto
Theo mentre girava ‘Najib and
Julia’, la storia di una ragazza olandese
che si fidanza con un marocchino. Theo
voleva essere sicuro che i suoi attori parlassero
un arabo corretto, un dialetto vero.
Mi chiese una consulenza e fui felice di lavorare
con lui. Amava i dettagli e ci lavorammo
sopra. Ho ricevuto molti attacchi e
minacce negli ultimi due mesi. L’Europa
ha trasformato il multiculuralismo in un
falso vangelo. Le elités del medio oriente
considerano superiori le tecniche mediche
occidentali, Arafat venne a Parigi a
morire e al Sistani volò a Londra per un
problema cardiaco. Ma sui valori dell’occidente
è tutta un’altra storia. Non credo e
non ho mai creduto nel multiculturalismo,
sarebbe tale se ci fossero dei rifugiati occidentali
che scelgono il mondo islamico.
Vede niente del genere? E’ stata una illusione
completa, che ha alienato gli immigrati.
Sostenere che la cultura occidentale
era equivalente a quella marocchina o turca
è stato semplicemente stupido e fatale.
Di Mohammed B. ce ne sono tanti e soprattutto
una intera cultura che lo ha sostenuto.
E’ la nostra di civiltà ad essere incapace
di difendersi, la democrazia non
ha capito dopo la seconda guerra mondiale
che deve ergersi subito contro i propri
nemici. Mettiamo davvero che esista un
islam moderato. E’ sufficiente però che vi
sia un altro un per cento di Mohammed B.
per costituire una minaccia all’Europa".
Herman Philipse è il più celebre ateo
olandese, insegna filosofia a Leiden. "Nessun
politico olandese ammetterà che si
può avere multiculturalismo rinunciando
alla democrazia liberale. La sinistra olandese
ha commesso quest’errore. Volevano
acculturarli, così dicevano. Lo stato olandese
ha pagato per l’insegnamento delle
lingue d’origine degli immigrati e ancora
oggi se usi i mezzi pubblici di Amsterdam
trovi scritte in entrambe le lingue. Tutto
questo in parte sta cambiando, è stato un
approccio patronale. Può una società liberale
consentire che nelle comunità allogene
le donne vengano escluse dal lavoro? O
che si facciano matrimoni forzati?".
Andreas Kinneging è uno dei più famosi
intellettuali conservatori olandesi, insegna
filosofia all’Università di Leiden ed è
il presidente della Edmund Burke Foundation.
Conosce Ayaan Hirsi Ali dai tempi
dell’università. "Dopo il crollo del comunismo
e il declino del socialismo, la sinistra
ha trovato un nuovo obiettivo nella difesa
del multiculturalismo. Vedono il mondo
diviso fra il giusto e lo sbagliato e pensano
di avere un mandato quasi divino
nella difesa del primo contro il secondo. Si
è detto che quello che facevano turchi e
marocchini era solo il riflesso della loro
cultura e che dovevamo rispettarla. In
realtà non c’era comprensione, chiudevamo
solo gli occhi. La storia dell’Olanda degli
ultimi dieci anni è la storia di un graduale
risveglio ai veri problemi mondiali".
Anche Bart Labuschagne insegna all’Università
di Leiden. Come giurista ha parlato
più volte di islam e multiculturalismo
all’American Enterprise Institute. "L’Olanda
ha perso la sua innocenza quel triste
2 novembre di un anno fa, è rimasta sul
nacorpo
steso di Theo van Gogh. Il problema
è nostro, diamo per scontati i nostri valori
e pensiamo che tutte le religioni del mondo
vogliano accettare l’occidente e le sue
libertà. Non è così per l’islam. Il dramma
dell’Olanda si è consumato nella secolarizzazione
e nell’individualismo sfrenato
dei Settanta, siamo diventati autocentrici
e la nostra tolleranza superficiale. Un vago
credere nella bontà umana ha reso impossibile
criticare l’islamico. Quando ho
visto il corpo di Van Gogh, ma bastavano le
Torri Gemelle, ho capito che islam non
vuol dire ‘pace’, ma ‘arrenditi’. Ci sono
molti olandesi convertiti all’islam, hanno
preferito alle loro libertà lo shirk, che in
arabo indica l’impossibilità di criticare il
Profeta, e all’eguaglianza i kafirs, i non
credenti. Maometto era profeta e guerriero,
come possiamo dire che è una religione
paragonabile al cristianesimo? In Olanda
oggi è impossibile criticare l’islam senza
avere un moto di paura, Ayaan Hirsi Ali
e Afshin Ellian lo hanno fatto e vivono protetti.
Il multiculturalismo è una minaccia
alla libertà di pensiero e di espressione".
Continua Paul Scheffer: "Mohammed B.
è circondato da emuli pronti a intervenire.
Lo vediamo nelle scuole, in internet e
nelle pubblicazioni. Una ventina di giovani
magrebini e di imam sono stati accusati
di coinvolgimento nella preparazione di
altri attacchi. Moltissimi simpatizzano con
le parole degli imam che hanno gioito della
morte di Van Gogh. In Europa c’è una
profonda mancanza di volontà di reagire
al terrorismo. E’ colpa della cultura del
relativismo che si manifesta nella mancanza
di volontà di essere coinvolti in un
dibattito pubblico sull’islam e le sue comunità.
Gli europei sono totalmente incoscienti
del problema islamico, l’11 settembre
avrebbe dovuto aprire loro gli occhi.
Dobbiamo organizzarci per difendere
la società aperta. Siamo di fronte a un
nuovo nemico. Mai prima di oggi erano
stati minoranza in un ambiente secolarizzato.
L’ultima volta che sono andato a parlare
in una moschea ho detto loro: ‘Se volete
vivere qui dovete accettare il prezzo
della società aperta’. E il prezzo è che possiamo
criticare il vostro libro sacro. Tutte
le moschee altrimenti diventeranno bacino
di odio. E i musulmani dovranno accettare
che tra di loro ci sia chi dice
‘goodbye’ e se ne va".
Vink Jaffe è uno degli amici più intimi
di Ayaan Hirsi Ali. E’ un celebre editorialista
del quotidiano Trouw, dove tiene una
rubrica, "Lettere e spirito", in cui critica
l’islamismo: "Mohammed B. ha pensato
che potesse morire e che avrebbe dovuto
farlo per il suo islamissimo paradiso, dove
lo aspettavano 72 vergini. La polizia non
gli ha sparato al cuore, ma a una gamba.
Ora deve passare il suo tempo in prigione,
un luogo ben differente dal paradiso delle
vergini. Non dovremmo anche noi discutere
e capire l’immagine di questo paradiso?
Medioevo, rinascimento, Riforma, rivoluzione
scientifica e illuminismo, in occidente
si è sempre mosso uno spirito critico
e autocritico sulla natura e la religione,
lo stato, l’uomo e la società. I musulmani si
considerano superiori ai non fedeli barbari.
Sarà difficile per loro accettare culturalmente
il fatto che hanno prodotto società
retrogade e regimi repressivi. Il filosofo
cristiano siriano Antoine Maqdessi dice
che il problema vero è l’islam. ‘Puoi citarmi
un filosofo arabo vivente? Ho insegnato
filosofia a Damasco per quarant’anni,
non riescono a pensare criticamente.
Nessuno riesce a dirlo, ma il problema è
l’islam. Non solo bin Laden, l’islam’. L’islam
non deve essere liberato dalle sue
catene, ma dalle tenebre che lo avvolgono,
deve fare introspezione e partorire il suo
Nietzsche che dica ‘Allah è morto’". Conclude
Abu Zayd: "Serve conoscenza e coraggio
culturale. L’Europa non può permettersi
di cedere agli islamisti, ma nemmeno
le società musulmane hanno questo
lusso di distrarsi".
Amico di un altro dissidente iraniano,
Akbar Ghanji, difeso pubblicamente da
Bush, Ellian ci dice che "gli europei, con
l’eccezione dei soli inglesi, sono inclini a
capitolare in fretta. La battaglia contro il
comunismo sovietico fu combattuta solo
sotto la pressione americana. Se fosse stato
per gli europei, moltissime città europee
sarebbero state occupate dall’Armata
Rossa. Ha a che fare con il nichilismo europeo.
La socialdemocrazia spagnola e
olandese preferirebbe consegnare il popolo
iracheno ad al Qaida. Il multiculturalismo
era il supplemento ideologico necessario
alla potenza islamista. Il filosofo
francese Claude Lefort ha scritto che lo
spazio del potere è simbolicamente vuoto.
Per questo penso che una società libera
sia una società piena di abissi. Se questo
spazio viene occupato dagli islamisti, gli
ultimi giorni della società libera sono iniziati.
Nessuno ha mai pensato di fare della
società olandese una società cattolica,
protestante, umanistica, comunista o vegetariana.
La Costituzione olandese ha un
muro di legalità oltre il quale non si va. Lo
spirito di questa grammatica giudiziaria
non è stato tanto infangato quanto nel periodo
multiculturale. La religione multiculturale
è morta il 2 novembre 2004. Ma il
vecchio europeo, il sognatore, pensa che il
nemico sia ancora la destra repubblicana.
La libertà non è negoziabile". Secondo
Ephimenco "dopo Van Gogh ora siamo
bersagli. Prima o poi ci sarà un attentato
in Olanda. Lo si palpa ogni giorno. La sinistra
olandese e i multiculturalisti dicono
che era colpa di Theo, che se l’è cercata.
Ma Mohammed B. ha detto che amava molto
van Gogh, perché non era ipocrita e diceva
quello che pensava. Non era possibile
farlo con Ayaan, era troppo protetta.
L’Olanda è un paese di grandissimi contrasti,
quello che amava ieri odia il giorno
dopo. E’ per questo che è difficile capire
gli olandesi. In passato si diceva sempre
che erano molto tolleranti, ma non era vero;
oggi che sono fascisti e non è vero nemmeno
quello. Per trent’anni è stata adottata
una politica sbagliata per l’integrazione.
Hanno sempre detto che prima dovevano
somigliare a noi. Gli emigrati islamici pensano
che non abbiamo più una spina dorsale.
Non hanno più voglia di far finta di
assomigliarci. Quando una persona viene
a sposarsi in Olanda deve superare degli
esami di lingua per telefono ed è ridicolo.
E l’olandese non ne può più di pagare. Gli
stessi olandesi che non però hanno avuto
coraggio di affrontare l’islamismo".
Per Jansen "i musulmani vedono la superiorità
dell’occidente come un pericolo
e stanno cercando di restaurare un ordine
divino musulmano. Questo è successo con
Van Gogh. Il loro scopo è molto simile a
quello degli anarchici del XIX secolo, distruggere
e cambiare. E’ sulla lunga distanza
che vedremo i risultati. Questi sono
i giorni dell’inizio del ramadan, crescerà
la tensione ad Amsterdam, Van Gogh fu
ucciso all’inizio del periodo sacro per i
musulmani della Umma mondiale, è stato
un omicidio islamico rituale in piena regola.
Sono ottimista nel lungo periodo, ma
forse avremo vent’anni molto difficili. Per
l’occidente, ma anche per quei musulmani
col coltello alla gola dei terroristi". Conclude
Philipse: "La maggior parte dei politici
olandesi si è formata nell’amore permissivo
dei Sessanta, non avevano idea di
cosa volesse dire avere a che fare con
un’immigrazione non europea. Sono convinto
che dovremmo restringere sempre di
più l’immigrazione musulmana e i centri
che espandono il wahabismo".
Labuschagne è il più esplicito sui rapporti
fra l’occidente e l’islam: "Dimentichiamo
sempre le crociate, che furono
guerre di difesa dall’aggressione musulmana.
Chi ricorda più Poitiers, 732, la
Chanson de Roland? E Costantinopoli nel
1453? E Vienna nel 1683? La storia dell’islam
è una storia di aggressione alla cristianità,
ma oggi lo neghiamo. Gli intellettuali
di sinistra hanno detto che Mohammed
B. era un estremista, un fanatico, anche
se in tribunale era calmo e sereno, più
del procuratore. Bisognava andare in quel
tribunale per capire cosa fosse l’islam,
una religione violenta incomparabile con
il perdono cristiano e incompatibile con la
nostra civiltà. Non lo abbiamo riconosciuto
in Olanda anche perché qui l’Olocausto
è stato una cosa serissima, ci furono migliaia
di olandesi che si resero colpevoli
della deportazione di migliaia di ebrei. Un
ruolo terribile l’ha giocato la correttezza
culturale che ci porta a parlare dei musulmani, ma mai dell’islam stesso, non si
fa. Ci siamo rifiutati di studiare e capire le
fonti del diritto islamico, ‘ci sono decine di
scuole nell’islam, non puoi parlare in generale
dell’islam’, è con queste parole che
mettono fine a ogni dissenso. Jansen ha capito
bene qual’è il nostro destino, si chiama
dhimmitudine, se non ci svegliamo e
non decidiamo davvero di difendere la libertà
di cui andiamo tanto fieri diventeremo
una minoranza tollerata. L’Islam si vede
come la religione finale, la Umma nelle
loro teste si espanderà a macchia d’olio
sull’Europa, e con essa la sharia e il califfato.
Nel passato c’era la militarizzazione
del conflitto, oggi la loro infiltrazione. Almeno
la metà dei musulmani d’Olanda
vorrebbe imporre la sharia. Noi però vorremmo
che gli imam parlassero di pace".
Joseph Punt è il vescovo della diocesi di
Amsterdam e dell’esercito olandese. Al Foglio
dice che "nella società olandese la diversità
non è stata solo questione di colore,
lingua e cultura, ma di ricezione di questioni
fondamentali come Dio e l’uomo, la
vita e la morte, il matrimonio e la sessualità.
Non vale solo per gli immigrati musulmani.
Pym Fortuyn fu ucciso da un ambientalista
olandese. Nel nostro cesto dei
valori ormai c’è di tutto, tra cui una eutanasia
e libertà sessuale estrema. Qualcuno
chiede che si arrivi al modello francese,
cioè la messa al bando della religione dalla
vita pubblica. E’ un approccio totalmente
ipocrita, che al posto del dialogo celebra
l’indifferenza. Poi ci sono i limiti del nostro
laicismo permissivo di fronte all’islam".
Scheffer è stato uno dei pochi intellettuali
della sinistra europea ad aver difeso
pubblicamente la strategia americana in
medio oriente: "Penso che quella in Iraq
fosse una guerra umanitaria e lo penso ancora
oggi. Non possiamo essere ostaggi del
veto delle Nazioni Unite. Solo la democratizzazione
dei paesi islamici può sconfiggere
il terrorismo, è come il 1989. Non abbiamo
il lusso di commettere lo stesso errore
commesso dall’occidente con i paesi
dell’Europa orientale. Non puoi comprare
la stabilità nel lungo tempo. Dobbiamo
avere un deterrente nel confronto con i
musulmani. La vera sfida è nell’educazione,
in un paese come l’Olanda totalmente
relativista. E’ la visione postmoderna della
storia, in cui ogni ‘noi’ viene immediatamente
sospettato. Moltissime persone
hanno smesso di pronunciarsi pubblicamente
sull’islam per paura di fare la fine
di Van Gogh. Oriana Fallaci e Michel
Houellebecq rischierebbero molto di più
se vivessero ad Amsterdam. Theo è il simbolo
della libertà di espressione. Restiamo
una società ottimistica e molto rilassata.
Il problema olandese è il problema del
liberalismo. Due anni fa, durante una commemorazione
della deportazione ebraica
dall’Olanda ci furono molti incidenti antisemiti
da parte dei musulmani".
Era una domenica pomeriggio del 31 ottobre
2004, Scuola Internazionale di filosofia,
un palazzo bellissimo ricoperto dalle
foglie dell’autunno appena iniziato. Due
giorni dopo De Telegraaf avrebbe aperto
con questo titolo: "Slaughtered". Il meeting
filosofico era sull’imbarazzo del mondo
ricco, si parlava di Bataille e Marx.
Vink Jaffe era tra gli oratori. "Ero imbarazzato
per un altro motivo. Iniziai a parlare
di Ayaan Hirsi Ali, dissi che era mia
amica, che quando ci incontravamo c’erano
due guardie del corpo e che quando andavamo
fuori a cena diventavano quattro.
E che ogni volta che la salutavo pensavo
sempre a quanti fossero coloro che la volevano
vedere morta. Ma l’odio che circondava
Ayaan mi aveva avvelenato. Nel
1992 fuggì in Germania, poi in Olanda,
quello che chiamano il mondo libero, no?
E’ qui che è odiata altrettanto che in
Kenya. E Afshin Ellian, il rifugiato iraniano?
Odiato nel mondo libero. Molte persone
in Olanda vivono con la valigia, pronte
ad andarsene. Pensavamo fosse pace, erano
solo i terroristi in mezzo a noi. Non possiamo
cedere davanti a bombe e coltelli,
abbiamo perso il senso del pericolo e del
destino. Non siamo preparati a combattere
il terrorismo perché siamo troppo assorbiti
nella nostra dolcezza umanitaria.
‘Abbiamo dimenticato che c’era una categoria
dell’esperienza umana chiamata nemico’,
ha scritto il filosofo americano Lee
Harris. E’ quello che è successo a noi prima
dell’11 settembre. Abbiamo bandito la
parola nemico dal nostro vocabolario morale
e politico. Eravamo persone civili.
Siamo andati a Srebrenica, un villaggio
dei Balcani grande quanto Old-Leusden.
Non vedevamo che un nemico stava dalla
parte opposta davanti a noi. Un nemico
reale, qualcuno che devi abbattere violentemente?
E’ come oggi con l’islamismo".
Secondo Ephimenco sta crescendo un
numero sempre maggiore di professori e
giornalisti bollati dagli islamisti come amici
di Ayaan. "E’ un piccolo gruppo di dieci
persone, ed è già sotto protezione della polizia.
Per avere molta pubblicità, è molto facile
ammazzare un pubblicista. Anch’io sono
sorvegliato dalla polizia giorno e notte.
L’islam moderato non esiste, ma non potrei
usare queste parole qui in Olanda. È importante
anche sensibilizzare i musulmani:
se si dice che non c’è, si chiude la porta ad
ogni soluzione. Dobbiamo fare il possibile
per crearlo. La soluzione può venire solo
dall’interno dell’islam. Se ci sarà un attentato
come a Londra vivremo in un ambiente di pre-guerra civile. Sono d’accordo con
chi parla di questa possibilità, come Mark
Steyn, sono anch’io molto pessimista, perché
è anche quello che cercano gli islamisti
in Europa. In Olanda ci sono gruppi di
rapper che hanno messo su Internet canzoni
contro gli ebrei e che chiedono di ammazzare
gli ebrei".
Ephimenco porterebbe "Submission" in
tour per l’Europa: "Lo facciamo sui protestanti
e la Chiesa cattolica, non vedo perché
non possiamo farlo con l’islam? Rifiutare
di farlo vedere è un segno di resa al
nemico. Qui c’è gente che dice che Gesù era
omosessuale e nessuno lo ha ammazzato. E
se dicessi che Maometto era un pedofilo?".
Riprende Ellian: "Oggi i multiculturalisti
sono disperati, il paradiso che avevano
in mente si è rivelato una apartheid e l’antisemitismo
è una nuova piaga in Olanda.
Una società multiforme ha sempre bisogno
di un ordine monoculturale. Bouyeri
parla il linguaggio dell’odierno Iran e fa
parte dell’esercito islamico-fascista che ha
fatto centinaia di migliaia di morti. L’islam
deve essere umanizzato dall’occidente.
Questo dovrebbe essere lo slogan: ‘Make
jokes about islam’. Il primo ‘nemico dell’islam’
si chiamava K’ab ibn al-Ashraf, un
poeta ucciso per ordine del Profeta con un
coltellaccio. Maometto è stato un esempio
per Bouyeri, che ha sgozzato Van Gogh in
nome dell’islam. Benvenuto in medio
oriente? No, siamo in Europa. La storia ci
insegna che terrore e cultura islamica sono
correlati. L’islam inizia con un attacco
terroristico agli oppositori. Jihadisti, salafiti
e islamisti sono i nemici della nostra
società. Stanno preparando il clima per il
jihad olandese. Il solo libro di Allah è nato da una volontà di dominazione politica.
Allucinazione, coraggio e crudeltà erano
le caratteristiche per la dominazione di
tutti i popoli. Ma la cultura ufficiale olandese
ha sempre trattato l’islam come un
territorio proibito al pensiero critico".
Dice Bart Labuschagne che "siamo arrivati
ad adorare la separazione fra stato e
chiesa proprio mentre moltissime moschee,
quelle di Amsterdam e Eindhoven
soprattutto, sono diventati luoghi di culto
wahabita. Il pericolo è una guerra civile
europea. Gli olandesi sono indolenti, anche
dopo l’omocidio Van Gogh. La secolarizzazione
ha devastato la possibilità di
credere in qualcosa, sembra che non ci sia
più niente da difendere. Negli anni Trenta
era difficile stare contro i nazisti, oggi lo
è contro gli islamisti. In fondo i due regimi
si somigliano nel tentativo di stabilire un
regime religioso attrave

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