Theo Van Gogh e i "superstiti" minacciati dall'islamismo in Olanda il multiculturalismo contro la libertà di pensiero
Testata: Il Foglio Data: 07 novembre 2005 Pagina: 1 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Memento Theo - Memorie e paure di chi doveva morire con lui»
IL FOGLIO di sabato 29 ottobre 2005 a un anno dall'omicidio di Theo Van Gogh pubblica a pagina uno dell'inserto un ricordo del regista olandese scritto da Giulio Meotti.
Ecco il testo: "Tempi sciagurati quando dei pazzi fanno da guide a ciechi" (Re Lear, IV, 1) Avevano sognato di vivere nel miglior mondo possibile. Stavano solo dormendo. L’economia non era cresciuta tanto quanto negli ultimi vent’anni, il settantaquattro per cento della popolazione aveva un lavoro fisso, lo stato sociale era un letto caldo, la seconda generazione di immigrati stava facendo grandi passi in avanti. Tutte le tappe dell’agenda multiculturale erano state rispettate. I giovani marocchini parlavano un perfetto olandese, erano i figli benvoluti della patria di ugonotti, libertari, apostati, artisti, puttane e capitalisti corsari. Tutto era libero, ma di una libertà diventata camicia di forza. Solo il tempo in Olanda restava pessimo. Allegramente accettarono la morte di Dio. Nel 1989 più del cinquanta per cento della popolazione olandese non faceva parte di alcuna confessione. Molte chiese furono demolite per mancanza di fedeli. La più celebre, quella di S. Vincentius di Amsterdam, trasformata in moschea. Confessionali, banchi, crocifissi, candelabri, tutto venne messo in fretta all’asta. Fra il 1970 e il 1985 i cattolici olandesi diminuirono del settanta per cento. Ad Eindhoven una chiesa venne convertita in ritrovo per ragazzi. Altre in palestre, piscine e negozi di mobili. Quella che fu la chiesa protestante del Seminatore oggi è la principale moschea di Amsterdam, Fatih. Negli ultimi trent’anni hanno cambiato proprietà più di 250 edifici cattolici, luterani e calvinisti. La chiesa domenicana di Haarlem è stata demolita. Il monastero domenicano di Nijmegen è stato abbandonato nel 2004 e oggi è un ospizio. La Mansion Maria-Louise di Eversweg è diventata un garage. 40 mila libri del monastero dell’Assunzione di Louisaweg sono stati venduti al chilo. Nel settembre del 2004 la storica Katholieke Universiteit di Nijmegen ha cambiato nome in Radboud University. Non aveva più senso riferirsi al cattolicesimo. A L’Aja la comunità ebraica ha venduto ai musulmani una sinagoga del XVIII secolo. Durante la Riforma le pareti affrescate della cattedrale cattolica di Den Bosch furono ricoperte da uno spesso intonaco bianco. Un restauro successivo portò alla luce la figura della Madonna. Le era stato graffiato tutto il viso sino a renderla senza volto. E’ in un’Olanda senza volto che è stato compiuto l’assassinio di Theo van Gogh, sgozzato ritualmente il 2 novembre 2004. Ian Buruma, Christopher Caldwell e Mark Steyn sono convinti che per impedirle di marcire del tutto bisognerebbe metterla sotto ghiaccio. Quella che conosciamo scomparirà, lasciando solo i sintomi. Poi anche quelli e più niente. Come le chiese svendute all’asta. Le proiezioni demografiche sono impressionanti. Entro il 2015 la regione che comprende Amsterdam, l’Aja, Rotterdam e Utrecht sarà a maggioranza islamica. Altri dicono che nel 2020 lo sarà il settanta per cento. I musulmani minorenni sono già oggi maggioranza ad Amsterdam e Rotterdam. Ad Amsterdam accanto ai bordelli (sono 30mila le "sex workers" unite in sindacato), ai coffee- shop dell’Era marijuana-lsd-thc-cocainametadrina e ai manifesti con le bocche da fellatio ci sono decine di locali frequentati dai musulmani in cui le donne non possono entrare. Secondo il New York Times sarebbero migliaia gli olandesi con le valigie pronti a partire entro la fine dell’anno. Nel 2004 lo hanno fatto in 40mila. Aveva capito questo Theo van Gogh, gli olandesi sono rassegnati a una necessaria assenza. E a diventare dhimmi tollerati di una Tebaide capovolta. Il "grosso grasso lurido maiale" la mattina del 2 novembre di un anno fa è diventato una bacheca coranica. La sua morte è stata la notte di San Bartolomeo della libertà europea. L’Olanda che conoscevamo non esisteva già più. Era stato il solo paese in cui Voltaire e l’ebreo apostata Spinoza riuscirono a pubblicare i loro scritti. Oggi uno dei suoi biglietti da visita più diffusi è simile a questo, indirizzato al leader della destra: "Nome: Geert Wilders. Professione: idolatra. Peccato: derisione dell’islam. Punizione: decapitazione. Ricompensa: paradiso". Theo aveva rifiutato la scorta anche dopo la morte dell’amico Pim Fortuyn: "Chi vorrebbe uccidere lo scemo del villaggio? Il proiettile non arriverà per me. Se deve accadere accadrà". Ne arrivarono nove, fra un "pietà" e un "non lo fare". Poi quei trenta centimetri di lama per completare il rituale salafita. Era dal 1997 che i musulmani olandesi lo minacciavano di morte. Theo aveva smascherato l’ipocrisia e circonciso il multiculturalismo attraverso invettive, litanie, smorfie e grotteschi. Cosa significava per lui multiculturalismo? "Che il soggetto della storia deve essere rimosso dal curriculum scolastico e sostituito con un orientamento mondiale; che dobbiamo fornire un trattamento preferenziale alle ‘scuole dei neri’, in modo che gli olandesi capiscano che i loro bambini sono inferiori; che bisogna balbettare sull’educazione in un unico linguaggio ed essere sicuri che la legge sia indebolita, così da dare l’impressione agli stranieri che qui l’impunità è la norma". Poche settimane prima di morire disse che "la polizia non ha interesse a difendere gli olandesi attaccati da una minoranza aggressiva. Sospetto che il nostro sindaco sia un incorreggibile cinico e un mercenario opportunista. Non c’è Atene senza Sparta o Roma senza i barbari. E’ possibile che l’occidente libero perda la guerra delle idee". Sei mesi prima di quella tragica mattina: "Vent’anni fa nel mondo civilizzato girava un film. In quel film la fede cristiana era totalmente ridicolizzata. C’era un figlio di Dio imbroglione inchiodato alla croce mentre cantava. Lo stesso tipo di film sui travagli di Allah non potrebbe essere girato oggi. Grazie al nostro multiculturalismo. Ma non penso che sono autorizzato a dirlo". Solo lui aveva avuto il coraggio di girare quel film per denunciare lo schiavismo islamista. Ma la sua Olanda non lo avrebbe ascoltato nemmeno da morto. Avrebbe invece sfoggiato tutto il suo femminismo perbenista anche ai funerali dell’ex regina Giuliana, celebrati nel marzo scorso da un donna dei Rimostranti, la corrente più liberal di un protestantesimo in via di estinzione. Al funerale di Theo gli olandesi alzarono decine di cartelli: "Grazie a trent’anni di politica da struzzo, l’Olanda è malata terminale – Sotto i nazisti venivi ucciso se criticavi. Sta succedendo di nuovo". Lui solo si era offerto per dire quello che tutti pensavano: "Se qualcosa caratterizza l’‘identità olandese’ questa è la mancanza di rispetto di sé, che si esprime nella paura di essere definiti ‘razzisti’ o ‘discriminatori’. La libertà di parola è l’unica cosa che può salvare i liberi cittadini dai barbari. Lasciamo che gli imam restino i pigmei che sono, non facciamone dei martiri. Il giorno in cui il ministro Roger van Boxtel sarà giustiziato dagli imam, allora cominceremo a capire cosa significa ‘dialogo’ per Allah". Pochi minuti dopo la sua morte anche un timoroso speaker del Parlamento, Josiah van Arisen, disse: "Il Jihad è arrivato in Olanda". Il regista obeso lo diceva da quattro anni. Doveva morire per suonare la sveglia all’intérieur borghese olandese. In vita era solo lo scemo invitato ai talk show per far ridere. "Reazionario duro a morire", come gli piaceva definirsi, Van Gogh era un funambolo dalla passione fanatica, un istrione eclettico con la vocazione da ventriloquo, un genio surrealista in t-shirt che ballava il tip tap sulle note del Corano. Anche se era più un pornografo con uno strepitoso senso dell’assedio, come per ogni oracolo la sua colpa doveva essere fabbricata in gran fretta per l’innocenza di chi si sentiva colpevole. La sinistra parlamentare e la grande stampa olandese lo dipinsero come un "insetto immondo, vile, crudele, egoista" (Dostoevskij, "I demoni"). Un noto settimanale italiano confinò la notizia della sua esecuzione nella sezione "spettacoli". "Un poeta è il combinarsi di uno strumento e di un essere umano in un’unica persona", scriveva Josif Brodskij su Marina Cvetaeva. Theo era un poeta del corpo, lo ostentava, si vestiva da imam, davanti ai burqa tirava fuori il perizoma. Duecentomila persone si ritrovarono davanti a un grande schermo per seguire la cerimonia privata della cremazione al cimitero De Nieuwe Ooster. Fu trasmessa dalla catena televisiva Nederland 2. "No alla sottomissione al fondamentalismo", scandirono molti. Qualcuno sfogliava il quotidiano liberale The Volkskrant: "Combattenti per il jihad educati sotto i nostri nasi". La cerimonia si aprì da un assolo di violino. Prese la parola la madre di Theo, bionda e altera, capace come il figlio di far ridere e commuovere a un tempo. "Siamo qui insieme perché nostro figlio è morto, ucciso. Io temo per il futuro". Usò le parole di Van Randwijk, il poeta della Resistenza olandese: "Un popolo che cede ai tiranni perderà più del proprio corpo e dei propri beni". Il corpo del "lurido maiale" era composto in una bara bianca coperta da un manto di fiori. Nella Pythagorasstraat, dove Theo abitava, le bandiere rimasero a mezz’asta, un onore che per legge doveva essere tributato solo alla regina. I suoi amici più intimi scrissero una lettera ironica a Mohammed Bouyeri, il suo assassino: "Non ci rendevamo conto di aver urtato così la vostra sensibilità. Ma abbiamo imparato la lezione! Potresti darci alcune regole severe su quel che possiamo e non possiamo dire? Faremo di tutto per capire meglio le vostre convinzioni religiose. Se tu ti trovi in questa situazione difficile, di sicuro è anche colpa nostra. Speriamo che in questa lettera non ci siano cose che potrebbero offendere te o i tuoi correligionari. Bene, ragazzo, tieni duro, cerca di rilassarti, domani è un altro giorno. Forza e arrivederci". L’uomo era una fogna di difetti, ma si sa, "anche i cani di razza hanno le pulci" (Heine). Theo era arrogante, indolente, cinico e candido, feticista e adolescenziale, radicale e libertario, generoso con gli amici e vendicativo con i nemici, polemista di razza con un talento estremo, regista di cortometraggi che non ebbe pazienza per girare un capolavoro (ha lavorato con Roman Polanski), fumatore incallito, consumatore di cocaina e amante di vini costosi. I nazisti gli uccisero un cugino. A Theo, nato e cresciuto socialista e che negli anni Ottanta si era allontanato definitivamente dalla sinistra olandese ("la mafia politicamente corretta"), restava solo il pessimismo sul futuro della democrazia. Prima di morire ha scritto: "Gli stivali nazisti sono di nuovo in marcia, ma stavolta vestono nei caffettani e si nascondono dietro le loro barbe". E ancora: "C’è stato detto che dovevamo essere degli olandesi tolleranti, che dovevamo adattarci alle tenebre islamiche medievali, a coloro che odiavano la libertà dell’individuo, che avevano fatto dell’Occidente libero il falò del mondo intero. E’ come avere un ospite che sta lentamente rilevando la tua casa". Aveva chiamato "ruffiano del Profeta" il capo della European Arab League, Dyab Abou JahJah. In "America America", Theo scrive che "fu l’America, il più affascinante esperimento della storia, a prevenire che Hitler unificasse l’Europa nel millenario Reich, fu l’America che vinse la Guerra fredda per tutti noi. L’esperto di islam Bernard Lewis predisse la rivoluzione di Khomeini e non fu creduto. Oggi che ha più di novant’anni dice che l’Europa avrà una maggioranza islamica in dieci anni. Se Lewis ha ragione, come io credo, ci sono buone ragioni per emigrare nella terra del McDonald’s. L’America è odiata perché abbraccia i desideri delle persone di una vita migliore, di mangiare carne ogni giorno, di essere libero di adorare il dio di tua scelta o di non cedere affatto, di pensare quello che vuoi senza essere lapidato, di essere donna senza il velo e di commettere adulterio senza essere per questo messo a morte". La scrittrice Rosita Steenbeck lo conosceva da molti anni. Questo è il suo ricordo per il Foglio: "L’ho incontrato più di vent’anni fa, per strada. Avevo un occhio nero. Lui mi disse subito: ‘Hai litigato con il tuo fidanzato’. E io dissi no no. E lui: ‘Non devi mentire’. Alla fine ho dovuto dire di sì. Mi ingaggiò per una parte nel suo secondo film, facevo la lesbica divoratrice di uomini. Improvvisava sempre, tutti per Theo dovevano dire quello che pensavano. Durante la lavorazione del film dormivamo in una casa editrice nel cuore di Amsterdam, non c’erano regole, continuavamo a girare anche di notte. Theo aveva un carisma incredibile. Diceva sempre ‘se vuoi bere un bicchiere di vodka prima di girare questa scena fai pure’. Nel frigo c’erano solo pacchi di latte e una bottiglia di vodka, non mancava mai. Correggeva il latte con la vodka. Indossava sempre un paio di stivali, non li toglieva mai". L’emozione gli rompe la voce. "Era un figlio dell’Olanda, biondissimo, occhi azzurri, bastian contrario. Senza essere un adone faceva stragi di donne. Non le seduceva, era la sua estrema curiosità che le attirava. Era grassissimo, beveva, fumava solo Gauloises senza filtro, in continuazione. Mi diceva che dovevo partorire, ripeteva che ‘l’utero deve essere riempito, le donne sono fatte per questo, è la cosa più bella al mondo rimanere incinta’. Era un anarchico non di sinistra, scorrettissimo, con un alto senso della giustizia. Faceva bellissime interviste, una delle più straordinarie con Fortuyn. Di Pim amava quell’osare continuo, entrambi avevano un grande senso dell’umour olandese. Hanno appena ritrasmesso in tv questa lunghissima intervista. A Theo piaceva scioccare, aveva un grande senso della decadenza e del relativismo olandese. Ha visto il pericolo islamico, ha detto quello che tutti pensavano da anni ma non osavano dirlo. In Olanda c’è sempre stata una paura infantile che deriva dall’educazione naif, in base alla quale dobbiamo capire tutti. Il suo non era un provocare fine a se stesso, era autenticamente preoccupato. Fino a qualche anno fa era vietato dire che quasi tutti i crimini venivano commessi dai marocchini, si diceva che era una coincidenza. Sapevamo, ma mentivamo. Theo aveva anche degli amici musulmani, suo figlio andava a scuola con loro, ma lui vedeva oltre quegli amici, forse ha capito prima di tutti il futuro dell’Olanda. Lo avevano minacciato prima che fosse ucciso, sapeva il pericolo che correva, ma non aveva paura, forse non si è reso conto". Il 2 novembre 2004 Rosita era con alcuni fotografi nella campagna vicino ad Amsterdam. "La notizia per me, per noi, è stata come l’11 settembre. Theo era più estremo di Ayaan, era il simbolo dell’occidente, con quel suo nome altisonante, è stato premeditato scegliere lui. Quando i suoi amici parlavano dei musulmani, lui li fermava e diceva che c’è una ‘quinta colonna di scopatori di capre’. Da morto nella sua pancia fu appoggiata una rosa bianca e un foglio con scritto ‘Maarty’. La madre di Theo chiese chi fosse. Una delle sue tante fidanzate. Lascia un figlio che amava tantissimo, i due genitori meravigliosi e due sorelle serissime, che raccontarono al funerale come per lui il Natale fosse importantissimo. Viveva delle sue idee, scriveva tutto il giorno. Nel suo sguardo c’era la stessa severità di un altro Van Gogh, Vincent. E’ stato come un martirio. Sono molto pessimista per il futuro dell’Olanda". Van Gogh è stato anche l’unico intellettuale olandese con un autentico interesse per il mondo islamico da cui sarebbe uscito il suo giovane boia. In "Najib and Julia" racconta l’amore fra un musulmano e un’olandese, come le nozze appena celebrate fra Ivan O’Mahoney Mohammed Allach, il più noto calciatore musulmano d’Olanda, e la bionda fiamminga Sanne. Stava girando una serie tv sui musulmani. Gli islamisti d’Olanda commentarono così la sua morte: "Abbiamo macellato l’agnello secondo il metodo islamico. Questa da ora in poi sarà la tassa che dovrà pagare chiunque offenderà Allah". Theo era alle prese con il montaggio di "06 05", dedicato a Fortuyn, "il divino", ucciso il 6 maggio 2002 da un animalista che voleva "proteggere" i musulmani da quel frocio che si vantava di andare per bordelli. Nel maggio del 2002, pochi giorni dopo la sua morte, l’Olanda ebbe il coraggio di incoronare in tv Fortuyn "più grande olandese di tutti i tempi", prima di Anna Frank, Spinoza, Guglielmo d’Orange, Erasmo e Vincent van Gogh. Van Gogh aveva appena finito "Medea" e "Submission" doveva soltanto essere distribuito. Se l’era autofinanziato con 18.000 euro. E’ stato sgozzato per quegli undici minuti dalla fissità maniaca, per quell’attrice sospesa fra il vuoto e la barbarie e che si rivolge sempre e solo a un interlocutore, Allah, che Ayaan Hirsi Ali aveva chiamato "il pervertito". Era per lei la lettera lasciata sul corpo di Theo. "Submission" non è un bel film, ma uno strepitoso déjà vu, l’incubo guardato in faccia. Una donna parla di un matrimonio combinato, come quello di Ayaan, dello stupro di uno zio e della condanna per adulterio. Alcuni versetti del Corano sono tatuati sul suo corpo, la pelle viva è solcata dalle frustate islamiche. I giudici applicano la sharia. "Cento frustate e curate che un gruppo di credenti assista al castigo". La ragazza piange. "Eravamo ingenui e innamorati. Confidavamo che Allah fosse dalla nostra parte". I genitori le scelgono un altro marito e lei ricorda "l’odore triste della pelle anche se si era appena lavato". Per un imam olandese gli ebrei sono solo "legna da ardere nell’inferno" e i marocchini di Amsterdam cantano "Hamas, Hamas, agli ebrei il gas!". Ma i media hanno preferito paragonare l’espulsione di migliaia di immigrati alla deportazione di Anna Frank. Gli ebrei che fuggirono dall’Olanda durante l’occupazione nazista strapparono le mezzuzà dagli stipiti delle case. A quelle case Theo immaginava incise le parole che Mohammed B. avrebbe lasciato sul suo cadavere: "Sono sicuro che tu, America, sarai distrutta. Sono sicuro che tu, Europa, sarai distrutta. Sono sicuro che tu, Olanda, sarai distrutta. Sono sicuro che tu, Hirsi Ali, sarai distrutta. Sono sicuro che voi, fondamentalisti miscredenti, sarete distrutti". Firmato Saifu Deen al Muwahhied, "la spada della fede unita". Scrive Christopher Marlowe che "la morte è il salario del peccato". Quello di Theo van Gogh è stato aver regalato all’Olanda una possibilità di profezia. Goya dipinse davanti ai mucchi di fucilati alla Moncloa, Rembrandt alle autopsie all’università di Leida, David davanti al corpo di Marat, Caravaggio a una donna ripescata dal Tevere. Theo si è affacciato su un futuro da dhimmi ascoltando quel miracolo sonoro che è l’arabo, lingua che geme, sussurra, reclama, vive e sopravvive. Nel giugno del 2004 i battiti finali di un destino assurdo. E’ l’ultima cosa che Theo ha scritto, con cui si immedesima nel tipico Mohammed B. integrato: "Nella mia fede una donna infedele viene lapidata. E’ un miracolo vedere quanto diventino felici le donne, conoscono il loro posto e temono la mano del loro marito e hanno paura del loro padrone. Comparate la loro felicità a quella delle puttane olandesi, le donne occidentali che protestano e discutono, una grande bocca che balbetta eguali diritti. Ci sono più vantaggi associati alla mia fede. Ma il più grande vantaggio è che il sindaco di Amsterdam è un utile idiota che cerca continuamente il ‘dialogo’ con noi. Come sai c’è solo una verità, quella di Allah. Apostati, eretici, omosessuali ed ebrei scompariranno nel millenario Reich di Allah. Le donne tengano la loro bocca chiusa e la punizione per tutti gli altri parassiti sarà terribile. Ma Cohen pensa che siamo persone ragionevoli che vogliono vivere in pace. Tu e io lo sappiamo bene, non vogliono vivere insieme. Con l’aiuto di Allah voglio servire i mie fratelli e sorelle in Arabia Saudita, voglio raccogliere soldi per al Qaida e perpetrare attacchi così posso andare in paradiso. Cohen usa la parola ‘rispetto’, un termine innocuo che usiamo per dare l’impressione che siamo minoranza discriminata. Chiediamo rispetto, cioè stiamo per sottomettervi alla nostra volontà. Risolveremo il problema Ayaan Hirsi Ali abbastanza presto, nonostante le guardie del corpo. Allah lo sa bene. E’ solo questione di tempo, ci sarà un bel funerale come quello di un altro infedele, Pim Fortuyn. Ciò che ha di bello la vostra democrazia è che tutti i problemi si risolvono da sé. Allah è il flagello con cui conquisteremo Amsterdam. Dormite bene, bravi cittadini di Amsterdam". Amsterdam deve ancora onorare il prezzo pagato dal suo grillo parlante per aver suonato la sveglia. E dovrà farlo prima che il suo martirio venga appeso con uno spillo al passato. Era un condannato a morte, la domanda di grazia respinta. Sui muri della sua cella multiculturale l’11 settembre del 2001 Theo van Gogh incise un verso che segnò la sua vita: "Allah sta ghignando". "Non mi verrà eretto nessun tumulo", piange l’Ifigenia di Euripide che si sacrifica per la partenza della flotta greca. Forse non lo alzeranno nemmeno a Theo. Per paura di fare la stessa fine. Noi lo ricorderemo come il buffone che dice la verità, un po’ Sancho Panza e il Leporello del Don Giovanni, che reclama la sua mercede anche all’inferno. Ci sono uccelli che presagiscono bufere e volano qua e là timorosi, portati dai venti che i molti non sentono ancora. Van Gogh era stato tra i pochi a sentire quelli che soffiavano sull’Olanda. Due settimane prima di morire doveva andare negli Stati Uniti. Aveva una paura matta di volare e a un amico diede disposizioni per il funerale. Disse: "Voglio molta vodka, tutti devono fumare Gauloises, le donne devono vestire tailleur e indossare una collana di splendide perle bianche". Due settimane dopo fu girata la scena, l’ultimo capolavoro di uno straordinario cinemascope. Nel centro della sala rotonda la bara del regista. Sopra una bottiglia di champagne. A mezzanotte entra nella sala una limousine nera e se lo porta via. Giulio Meotti Alle pagine 6 e 7 le interviste di Meotti ai "superstiti", dieci intellettuali e docenti olandesi minacciati di morte dopo l'omicidio Van Gogh.
Ecco il testo: "La civiltà dorme su una miniera immensa di barbarie" (François Guizot) Dovete avvicinarvi a loro come se fossero ragazzi Lonsdale, carichi di una ideologia violenta e fortemente ostile". La Lonsdale è la marca di abbigliamento dei naziskin olandesi. Così Ayaan Hirsi Ali ha avvertito i parlamentari dell’Aja dopo la morte di Theo van Gogh. Ma c’era molto altro sotto la cenere. "Prego Allah che fermi per sempre il cuore malato di Tony Blair, sparga cellule cancerose nella testa di George W. Bush, riduca in mille pezzi il corpo da maiale di Sharon". Sono alcune parole di Mohammed B. prima che incidesse "come una pagnotta" la gola del grassone che percorreva in bicicletta la Linnaeusstrat, a poche centinaia di metri da casa. Il giorno prima Rifo79, nick name di Mohammed B., lascia una trentina di messaggi nel forum marocchino. Uno sulle truppe in Iraq: "Spero che tornino a casa come maialini arrosto. Ovviamente senza testa". L’ultimo sul fatto che nel Corano c’è scritto di uccidere gli ebrei. "Lo spirito del jihad sta camminando sulla terra". Mohammed B. era un insospettabile, parlava olandese meglio dell’arabo, usava droghe leggere e viveva da immigrato integrato nella sua casa di Marianne Philipsstraat. Aveva lavorato per un giornaletto di provincia, esaltando le meraviglie del multiculturalismo. "Ciao, cari lettori! Sono un nuovo redattore e vorrei presentarmi. Mi chiamo Mohammed B. e ho 24 anni. Abito in questo quartiere dal 1985 e desidero descrivere la situazione dei giovani che vivono qui". Mohammed B. era uno studente modello, come Mohammed Sidique Khan, la mente delle stragi di Londra. Dopo l’11 settembre del 2001, "il benedetto undici di settembre" come lo avrebbe chiamato, Mohammed B. si converte all’ideologia della morte: "Che l’America venga spazzata via da una tempesta, che i suoi aerei possano bruciare nei cieli". Ha deciso: "Seguirò il Profeta". Vorrebbe rovesciare i regimi arabi "collusi" con gli Stati Uniti, li chiama "semi del male". Il 28 luglio del 2004 minaccia di morte il re del Marocco, "la puttana di Bush". Inizia a tradurre i testi di Sayd Qutb, il fondatore dei Fratelli Musulmani. Poi un testo del XIV secolo di Ibn Taymiyyah, si intitola "L’obbligo di uccidere coloro che insultano il Profeta". Era un obbligo medievale uccidere Theo van Gogh. Mohammed B. va avanti: "Liberati! Esci dal coffee shop, esci dal bar, esci dall’angolo. Rispondi al richiamo di la ilaha illa allah (‘non c’è alcun Dio ma Allah’). Abbraccia la carovana dei martiri. E’ solo questione di tempo prima che le spade di Allah marcino dentro Amsterdam". "Devo reclutare i giovani per il jihad". Una mattina viene fermato dai controllori sull’autobus, sta ascoltando testi coranici con il lettore mp3. Non ha il biglietto. Li aggredisce appena si avvicinano. Viene portato al commissariato di Amsterdam ovest. "Vi odio, vi odio", ripete. "Prima o poi ammazzerò qualcuno di voi". Sputa in faccia agli agenti che lo interrogano. Nelle tasche ha un suo scritto, l’elogio delle decapitazioni di Al Zarkawi. Il giorno in cui si prepara a uccidere Theo lascia scritto: "Inzuppate nel sangue / Sono queste le mie ultime parole / Trafitte da pallottole / Come speravo…". Theo non credeva che arrivasse a tanto: "Mi considerano più un matto di paese che un obiettivo serio". Mohammed B. considera l’Olanda "una democratica camera della tortura", ripete fiero che "la bomba dei martiri è innescata", vuole sostituire il Parlamento olandese con un tribunale della sharia. Gli piace firmarsi con un nom de guerre, Abu Zubair, un capo di al Qaida morto nel 2002. Il suo simbolo è un’Olanda rosso sangue, nello sfondo una spada di Maometto e la scritta "la vittoria è nostra". Al processo confessa di aver ucciso Van Gogh "in nome della religione" e di essere pronto a "rifare la stessa cosa" se avesse una seconda occasione. In aula indossa una djellabah, una tunica maghrebina, in mano ha una copia del Corano. Prende la parola dopo una preghiera in arabo. "Voglio che sappiate che ho agito per convinzione e che non ho preso la sua vita perché era olandese o perché io sono marocchino e mi sono sentito insultato". E rivolto alla madre di Van Gogh: "Non odiavo suo figlio, non era un ipocrita e non mi sono sentito offeso da lui come ‘scopatore di capre’. Non sento il suo dolore in quanto lei è un’infedele". Secondo Michael Leeden, dell’American Enterprise Institute, "la morte di Van Gogh è parte della guerra terroristica all’Occidente, un’esecuzione rituale come la decapitazione di Daniel Pearl e di molti altri occidentali in Iraq. L’assimilazione olandese è stata una débâcle e un disastro morale il multiculturalismo. La civilizzazione europea si spegnerà se le mancherà la voglia di vivere e difendersi. Non arriverei però a liquidare con eccessiva fretta l’Olanda, ci sono nuovi segni di vitalità. Dovrebbe esserci una presa d’atto da parte degli intellettuali e dei politici occidentali per il fallimento degli ultimi trent’anni. Sembra che i jihadisti non abbiano ucciso abbastanza persone in Europa per indurre a cambiare mentalità sull’islamismo". Il ministro olandese per l’immigrazione, Rita Verdonk, qualche giorno dopo la morte di Theo si reca a Soesterberg, per parlare dei "valori olandesi". Viene introdotta da un imam, Ahmad Salam, che si rifiuta di stringerle la mano. "Non stringo la mia mano a una donna, preferirei morire". Era cittadino olandese da quattordici lunghissimi anni. Van Gogh aveva detto che "la più grande menzogna che è stata venduta agli elettori di buona volontà negli ultimi trent’anni si chiama società multiculturale". Di cui quell’imam era stato uno dei promotori. Sulla stampa si parla di un paese che sta tornando lentamente alla normalità. Nei sondaggi politici i socialdemocratici sono in testa, il partito di Pim Fortuyn perderebbe anche l’ultimo seggio e quello di Wilders ne conserverebbe solo due. Il tema sicurezza non è più un tabù. Tutti speravano che Mohammed B. fosse un caso. Ma il ministro dell’Interno ha detto che ci sono forse cento Mohammed B. in circolazione. "Non hanno impedito la auto-ghettizzazione", dice Aart Heering, corrispondente da Roma dell’Algemeen Dagblad. "Alcuni organismi semigovernativi hanno un grande potere nella divisione degli alloggi in affitto. Gran parte degli alloggi sono proprietà di enti senza scopo di lucro e li danno a chi diventa socio. Questi enti possono decidere a chi dare una casa e in quale quartiere. Hanno diviso gli stranieri per quartieri. Anni fa in Olanda il comune sosteneva economicamente i centri degli stranieri e i turchi li usavano per fare una moschea. Credo che in futuro non si potrà più fare". Ayaan vorrebbe girare il sequel di Submission. "Su come l’islam opprime l’individuo". Il film multiculturale è andato avanti ancora fresco il cadavere di Theo. Diceva sempre che "l’Olanda è al di là della speranza e della ragione". Ma non conosceva il resto. Non sapeva che il premier Jean Peter Balkenende avrebbe spedito gli auguri di felice Ramadan ai musulmani d’Olanda con una cartolina dove una donna indossa il burqa e che avrebbe lodato gli effetti catartici del Ramadan. Non sapeva che il ministro Verdonk avrebbe dichiarato che i musulmani che hanno glorificato il suo omicidio starebbero solo cercando una identità. Non sapeva che il comune di Amsterdam avrebbe lanciato l’iniziativa "We Amsterdammers", con cui patrocinare libri, opuscoli e video dell’islam "moderato". Theo non sapeva che i socialdemocratici si sarebbero opposti a un monumento dedicato alla sua memoria, con queste parole in cui è racchiuso tutto il dramma che si sta celebrando nella liberissima Venezia del Nord: "Loro lo hanno ucciso, se noi lo memorializziamo, uccideranno anche noi". Uccideranno anche noi, avranno pensato anche il produttore di Submission, Van de Westelaken, i festival cinematografici e l’Unione Europea che ha bandito quegli undici minuti. Non sapeva che la giovane ministro senza portafoglio Beatrijs Tolk avrebbe sponsorizzato dei corsi per giovani musulmani su "come avvicinare le ragazze". La spiegazione della Tolk: "Non sanno quello che fanno". Theo sapeva bene quello che stavano facendo alla sua Olanda. Non sapeva infine che il ministro olandese Hilbrand Nawijn avrebbe chiesto alle comunità islamiche di tenere i loro sermoni in olandese. Non sapeva che Ayaan Hirsi Ali sarebbe stata minacciata da un diciannovenne olandese, Jason Walter, figlio di un soldato americano. Convertito all’islam a quattordici anni, Jason frequentava la moschea di Eindhoven, era tutto preghiera e studio dell’arabo e diceva che il padre faceva parte dell’"esercito degli infedeli". Alla madre riferì un giorno di essere "pronto al martirio", di voler combattere "la guerra santa per la creazione di uno stato islamico" e che per questo la somala liberale Hirsi Ali andava uccisa in nome del Corano. Nel settembre del 2003, di ritorno da un viaggio a Islamabad, Jason entra in chat con un ragazzo egiziano. "Vieni con me in Pakistan e loro ti insegneranno a usare le armi e a costruire le bombe. Posso scannare ogni poliziotto, ministro, ufficiale e soldato, c’è una fatwa. La decapitazione del primo ministro, questo sì che rilassa". Si brucia con questa dichiarazione pochi giorni dopo la morte di Theo: "Siamo del gruppo di Mohammed B.". Il suo idolo è l’"imam dei giovani", Abdul Jabber van de Ven, nato Jilles, olandese pelle bianca famiglia cattolica. Convertito all’islam quattordicenne, abbandona i multiculturalissimi studi pubblici per volare a Medina. "Anche se applichi il novanta per cento della sharia sei un infedele". Per il nuovo Jilles solo la purezza talebana è autentica. Nel 2001 dichiara: "Il Corano è la mia Costituzione". Michael R. è un altro convertito dell’Hofstadgroup. Disse che "la morte di Van Gogh è solo l’inizio di un lungo capitolo". Poi c’è la marocchina Soumaya S.: "Oh voi che simpatizzate con i fratelli e le sorelle della Cecenia. Andate là a fare jihad". Theo alcuni anni fa scrisse che "ci sono migliaia di marocchini pronti a sacrificare se stessi e mio figlio per la causa di Allah. Odiano la nostra libertà e sono convinti che l’Olanda senza Dio debba essere eliminata dalla faccia della terra". Migliaia di marocchini pronti a paragonare Beslan a un "party". La chiamano "la gang". Dopo la morte di Theo sono una decina fra giornalisti, intellettuali, filosofi e giuristi che hanno scritto di più contro l’islamismo nel suo letargo multiculturale. Hanno ricevuto decine minacce di morte, alcuni da prima che venisse ucciso Van Gogh. Molti di loro vivono protetti, giorno e notte. Li abbiamo intervistati. Paul Scheffer è un agnostico di origine cattolica, il più celebre intellettuale socialdemocratico d’Olanda. E’ stato uno strenuo sostenitore dell’intervento americano in Iraq. Saggista, politologo (insegna alla Amsterdam University) e commentatore per il Nrc Handelsblad, Scheffer ha aspirazioni da futuro ministro della cultura in un governo di centrosinistra. "Nelle settimane successive la morte di Theo van Gogh l’attenzione è molto cresciuta e l’opinione pubblica ha finalmente aperto gli occhi sull’islam. In un anno poco è cambiato. C’è molta più pressione sulle comunità islamiche radicali e un coraggio a parlare apertamente contro l’islamismo. Il governo si è mosso nella direzione giusta e il ministro dell’Interno ha criticato le comunità islamiche per non aver fatto niente contro il terrore. Ma alle parole devono seguire azioni vere. Rimane quindi una domanda aperta. C’è maggiore comprensione e maggiore volontà di far fronte comune contro l’islamismo. Ci sono stati gli attacchi di Londra e abbiamo visto le comunità musulmane d’Olanda dichiararsi contro quegli attentati. Ma il cambiamento nella vita di ogni giorno non c’è stato. Il governo a livello locale si è rilassato in maniera incredibile. E’ cresciuto il senso di urgenza e la popolazione oggi è preparata ad altri attacchi. Dopo Londra potrebbe accadere qui". Abu Zayd è un dissidente egiziano costretto a divorziare dalla moglie, accusato di apostasia per aver sostenuto la fallibilità del Corano e oggi, prestigioso islamista all’Università di Leiden, dà voce a quel poco di islam davvero laico che viva nei Paesi Bassi. "La morte di Theo van Gogh ha fatto esplodere la tensione già esistente nella società olandese fra musulmani e non-musulmani. Risale all’11 settembre 2001. La tanto agognata integrazione è stata banalizzata dal fatto che si dovesse per forza parlare correttamente olandese. Mohammed B. al processo parlava un olandese perfetto, senza per questo essere integrato. Stanno uscendo nell’ultimo anno voci contro questo riduzionismo politico e approccio solo legale al fallimento del multiculturalismo. Serve un nuovo sistema culturale. Il multiculturalismo e il suo relativismo hanno miseramente fallito. Quando le culture sono concepite e considerate come forme identitarie separate fra di loro, la tolleranza diventa il principio del vivere insieme in ghetti separati. E’ questo il grande fallimento della politica moderna e delle sue utopie tolleranti". Efshian Ellian è un rifugiato iraniano e l’intellettuale olandese più minacciato insieme ad Ayaan. Nato a Teheran e docente di diritto a Leiden, Ellian è fuggito dal regime sciita di Khomeini nel 1982, a sedici anni, passando per il Pakistan e Kabul. Per la morte di Theo scrisse: "Questo è jihad. Devo fuggire un’altra volta?". Fu l’unico nel settembre del 2004 a difendere Theo dall’accusa di plagio. "E’ assolutamente nuovo". Ellian ci spiega che "l’Olanda oggi sembra diventata una contea mediorientale. La morte crudele di Theo van Gogh deve essere ricordata come il primo attacco islamico sul suolo olandese. E’ stata una morte rituale e un assalto al valore fondamentale della cultura olandese, la sua legge e libertà di espressione. Abbiamo davanti un nemico e si chiama islam politico. Avevo previsto e scritto in anticipo degli eventi del 2 novembre. Dissi che non avevamo il privilegio del compromesso con l’islam. Ora è sempre più vero che Mohammed B. non ha ucciso solo van Gogh e terrorizzato Ayaan Hirsi Ali. Ha attaccato l’intera società olandese. Nella lettera sul petto di Van Gogh dice di voler dichiarare guerra alla democrazia. Ci vorrebbe tutti morti. E’ stato un assalto al feretro della nostra libertà. In base ai rapporti dell’Aivd, l’Agenzia olandese di intelligence, ci sono ancora centinaia di musulmani pronti a scatenare un’ondata di violenza contro la nostra società. Solo diciannove terroristi furono sufficienti per massacrare 3.000 americani l’11 settembre del 2001. In occidente poi la libertà è sotto la pressione macabra del politicamente corretto. Ancora oggi in Olanda c’è chi dice che siamo stati attaccati da Bouyeri per le nostre critiche all’islam e per il film Submission. E’ il loro modo assurdo di ragionare. Ma quando una ragazza viene rapita e stuprata non stiamo a discutere delle misure della sua camicetta. Sono i teorici della nostra imperfezione e della nostra caduta, e anche i primi che capitoleranno ai nemici della società libera. Il più grande numero di vittime al mondo dell’islamismo sono i musulmani e gli ebrei in Israele. I terroristi islamici hanno sempre buone ragioni ideologiche per giustificare l’omicidio di chi la pensa diversamente. In Iran nel 1988 il regime ha eseguito 8.000 condanne a morte, ha mietuto vittime dalla sinistra più estrema ai liberali, nello spazio di poche settimane. Ho visto con i miei occhi gli Hezbollah, l’esercito della morte, attaccare con le baionette i dissidenti. Stiamo semplicemente affrontando un nemico crudele, che eccede nelle fantasie più perverse della violenza. I versi coranici sono la loro droga mentale". Sylvain Ephimenco è un giornalista francese che lavora da molti anni in Olanda. E’ stato corrispondente da Amsterdam per Libération e oggi è uno dei columnist più famosi e controversi di Trouw. "Sono ateo e di sinistra, ma non mi riconosco più in questa sinistra europea che non ha mai capito il pericolo che rappresentava una religione che rifiuta ogni nostro valore. C’è un odio contro di noi da parte della sinistra olandese. Ci siamo spinti molto in là per proteggere Ayaan dopo la morte di Van Gogh. I giovani musulmani considerano Mohammed B. un idolo da imitare. La politica da sola non troverà mai la soluzione. Il governo olandese ha tentato di escogitare misure di carta, parole al vento, quando servirebbe la rivoluzione della mentalità islamica. Il governo qualche giorno fa ha provato a far firmare alle moschee un trattato contro l’islamismo politico dentro le moschee. Era una misura significativa. Ha firmato solo quella turca. La scusa che hanno fornito le moschee marocchine è che non vogliono diventare la longa manus della giustizia e del governo. La verità è un’altra. Mohammed B. non è stato un caso isolato, molta gente si identifica in lui. Non c’è nessuna politica capace di lottare contro questa forma di islamismo. Non il razzismo né la discriminazione né la miseria né tutte le scuse sociali hanno niente a che fare con questa forma di islam. È un problema religioso". Hans Jansen è uno dei più celebri islamisti olandesi. Insegna Pensiero islamico moderno all’università di Utrecht. "Ho conosciuto Theo mentre girava ‘Najib and Julia’, la storia di una ragazza olandese che si fidanza con un marocchino. Theo voleva essere sicuro che i suoi attori parlassero un arabo corretto, un dialetto vero. Mi chiese una consulenza e fui felice di lavorare con lui. Amava i dettagli e ci lavorammo sopra. Ho ricevuto molti attacchi e minacce negli ultimi due mesi. L’Europa ha trasformato il multiculuralismo in un falso vangelo. Le elités del medio oriente considerano superiori le tecniche mediche occidentali, Arafat venne a Parigi a morire e al Sistani volò a Londra per un problema cardiaco. Ma sui valori dell’occidente è tutta un’altra storia. Non credo e non ho mai creduto nel multiculturalismo, sarebbe tale se ci fossero dei rifugiati occidentali che scelgono il mondo islamico. Vede niente del genere? E’ stata una illusione completa, che ha alienato gli immigrati. Sostenere che la cultura occidentale era equivalente a quella marocchina o turca è stato semplicemente stupido e fatale. Di Mohammed B. ce ne sono tanti e soprattutto una intera cultura che lo ha sostenuto. E’ la nostra di civiltà ad essere incapace di difendersi, la democrazia non ha capito dopo la seconda guerra mondiale che deve ergersi subito contro i propri nemici. Mettiamo davvero che esista un islam moderato. E’ sufficiente però che vi sia un altro un per cento di Mohammed B. per costituire una minaccia all’Europa". Herman Philipse è il più celebre ateo olandese, insegna filosofia a Leiden. "Nessun politico olandese ammetterà che si può avere multiculturalismo rinunciando alla democrazia liberale. La sinistra olandese ha commesso quest’errore. Volevano acculturarli, così dicevano. Lo stato olandese ha pagato per l’insegnamento delle lingue d’origine degli immigrati e ancora oggi se usi i mezzi pubblici di Amsterdam trovi scritte in entrambe le lingue. Tutto questo in parte sta cambiando, è stato un approccio patronale. Può una società liberale consentire che nelle comunità allogene le donne vengano escluse dal lavoro? O che si facciano matrimoni forzati?". Andreas Kinneging è uno dei più famosi intellettuali conservatori olandesi, insegna filosofia all’Università di Leiden ed è il presidente della Edmund Burke Foundation. Conosce Ayaan Hirsi Ali dai tempi dell’università. "Dopo il crollo del comunismo e il declino del socialismo, la sinistra ha trovato un nuovo obiettivo nella difesa del multiculturalismo. Vedono il mondo diviso fra il giusto e lo sbagliato e pensano di avere un mandato quasi divino nella difesa del primo contro il secondo. Si è detto che quello che facevano turchi e marocchini era solo il riflesso della loro cultura e che dovevamo rispettarla. In realtà non c’era comprensione, chiudevamo solo gli occhi. La storia dell’Olanda degli ultimi dieci anni è la storia di un graduale risveglio ai veri problemi mondiali". Anche Bart Labuschagne insegna all’Università di Leiden. Come giurista ha parlato più volte di islam e multiculturalismo all’American Enterprise Institute. "L’Olanda ha perso la sua innocenza quel triste 2 novembre di un anno fa, è rimasta sul nacorpo steso di Theo van Gogh. Il problema è nostro, diamo per scontati i nostri valori e pensiamo che tutte le religioni del mondo vogliano accettare l’occidente e le sue libertà. Non è così per l’islam. Il dramma dell’Olanda si è consumato nella secolarizzazione e nell’individualismo sfrenato dei Settanta, siamo diventati autocentrici e la nostra tolleranza superficiale. Un vago credere nella bontà umana ha reso impossibile criticare l’islamico. Quando ho visto il corpo di Van Gogh, ma bastavano le Torri Gemelle, ho capito che islam non vuol dire ‘pace’, ma ‘arrenditi’. Ci sono molti olandesi convertiti all’islam, hanno preferito alle loro libertà lo shirk, che in arabo indica l’impossibilità di criticare il Profeta, e all’eguaglianza i kafirs, i non credenti. Maometto era profeta e guerriero, come possiamo dire che è una religione paragonabile al cristianesimo? In Olanda oggi è impossibile criticare l’islam senza avere un moto di paura, Ayaan Hirsi Ali e Afshin Ellian lo hanno fatto e vivono protetti. Il multiculturalismo è una minaccia alla libertà di pensiero e di espressione". Continua Paul Scheffer: "Mohammed B. è circondato da emuli pronti a intervenire. Lo vediamo nelle scuole, in internet e nelle pubblicazioni. Una ventina di giovani magrebini e di imam sono stati accusati di coinvolgimento nella preparazione di altri attacchi. Moltissimi simpatizzano con le parole degli imam che hanno gioito della morte di Van Gogh. In Europa c’è una profonda mancanza di volontà di reagire al terrorismo. E’ colpa della cultura del relativismo che si manifesta nella mancanza di volontà di essere coinvolti in un dibattito pubblico sull’islam e le sue comunità. Gli europei sono totalmente incoscienti del problema islamico, l’11 settembre avrebbe dovuto aprire loro gli occhi. Dobbiamo organizzarci per difendere la società aperta. Siamo di fronte a un nuovo nemico. Mai prima di oggi erano stati minoranza in un ambiente secolarizzato. L’ultima volta che sono andato a parlare in una moschea ho detto loro: ‘Se volete vivere qui dovete accettare il prezzo della società aperta’. E il prezzo è che possiamo criticare il vostro libro sacro. Tutte le moschee altrimenti diventeranno bacino di odio. E i musulmani dovranno accettare che tra di loro ci sia chi dice ‘goodbye’ e se ne va". Vink Jaffe è uno degli amici più intimi di Ayaan Hirsi Ali. E’ un celebre editorialista del quotidiano Trouw, dove tiene una rubrica, "Lettere e spirito", in cui critica l’islamismo: "Mohammed B. ha pensato che potesse morire e che avrebbe dovuto farlo per il suo islamissimo paradiso, dove lo aspettavano 72 vergini. La polizia non gli ha sparato al cuore, ma a una gamba. Ora deve passare il suo tempo in prigione, un luogo ben differente dal paradiso delle vergini. Non dovremmo anche noi discutere e capire l’immagine di questo paradiso? Medioevo, rinascimento, Riforma, rivoluzione scientifica e illuminismo, in occidente si è sempre mosso uno spirito critico e autocritico sulla natura e la religione, lo stato, l’uomo e la società. I musulmani si considerano superiori ai non fedeli barbari. Sarà difficile per loro accettare culturalmente il fatto che hanno prodotto società retrogade e regimi repressivi. Il filosofo cristiano siriano Antoine Maqdessi dice che il problema vero è l’islam. ‘Puoi citarmi un filosofo arabo vivente? Ho insegnato filosofia a Damasco per quarant’anni, non riescono a pensare criticamente. Nessuno riesce a dirlo, ma il problema è l’islam. Non solo bin Laden, l’islam’. L’islam non deve essere liberato dalle sue catene, ma dalle tenebre che lo avvolgono, deve fare introspezione e partorire il suo Nietzsche che dica ‘Allah è morto’". Conclude Abu Zayd: "Serve conoscenza e coraggio culturale. L’Europa non può permettersi di cedere agli islamisti, ma nemmeno le società musulmane hanno questo lusso di distrarsi". Amico di un altro dissidente iraniano, Akbar Ghanji, difeso pubblicamente da Bush, Ellian ci dice che "gli europei, con l’eccezione dei soli inglesi, sono inclini a capitolare in fretta. La battaglia contro il comunismo sovietico fu combattuta solo sotto la pressione americana. Se fosse stato per gli europei, moltissime città europee sarebbero state occupate dall’Armata Rossa. Ha a che fare con il nichilismo europeo. La socialdemocrazia spagnola e olandese preferirebbe consegnare il popolo iracheno ad al Qaida. Il multiculturalismo era il supplemento ideologico necessario alla potenza islamista. Il filosofo francese Claude Lefort ha scritto che lo spazio del potere è simbolicamente vuoto. Per questo penso che una società libera sia una società piena di abissi. Se questo spazio viene occupato dagli islamisti, gli ultimi giorni della società libera sono iniziati. Nessuno ha mai pensato di fare della società olandese una società cattolica, protestante, umanistica, comunista o vegetariana. La Costituzione olandese ha un muro di legalità oltre il quale non si va. Lo spirito di questa grammatica giudiziaria non è stato tanto infangato quanto nel periodo multiculturale. La religione multiculturale è morta il 2 novembre 2004. Ma il vecchio europeo, il sognatore, pensa che il nemico sia ancora la destra repubblicana. La libertà non è negoziabile". Secondo Ephimenco "dopo Van Gogh ora siamo bersagli. Prima o poi ci sarà un attentato in Olanda. Lo si palpa ogni giorno. La sinistra olandese e i multiculturalisti dicono che era colpa di Theo, che se l’è cercata. Ma Mohammed B. ha detto che amava molto van Gogh, perché non era ipocrita e diceva quello che pensava. Non era possibile farlo con Ayaan, era troppo protetta. L’Olanda è un paese di grandissimi contrasti, quello che amava ieri odia il giorno dopo. E’ per questo che è difficile capire gli olandesi. In passato si diceva sempre che erano molto tolleranti, ma non era vero; oggi che sono fascisti e non è vero nemmeno quello. Per trent’anni è stata adottata una politica sbagliata per l’integrazione. Hanno sempre detto che prima dovevano somigliare a noi. Gli emigrati islamici pensano che non abbiamo più una spina dorsale. Non hanno più voglia di far finta di assomigliarci. Quando una persona viene a sposarsi in Olanda deve superare degli esami di lingua per telefono ed è ridicolo. E l’olandese non ne può più di pagare. Gli stessi olandesi che non però hanno avuto coraggio di affrontare l’islamismo". Per Jansen "i musulmani vedono la superiorità dell’occidente come un pericolo e stanno cercando di restaurare un ordine divino musulmano. Questo è successo con Van Gogh. Il loro scopo è molto simile a quello degli anarchici del XIX secolo, distruggere e cambiare. E’ sulla lunga distanza che vedremo i risultati. Questi sono i giorni dell’inizio del ramadan, crescerà la tensione ad Amsterdam, Van Gogh fu ucciso all’inizio del periodo sacro per i musulmani della Umma mondiale, è stato un omicidio islamico rituale in piena regola. Sono ottimista nel lungo periodo, ma forse avremo vent’anni molto difficili. Per l’occidente, ma anche per quei musulmani col coltello alla gola dei terroristi". Conclude Philipse: "La maggior parte dei politici olandesi si è formata nell’amore permissivo dei Sessanta, non avevano idea di cosa volesse dire avere a che fare con un’immigrazione non europea. Sono convinto che dovremmo restringere sempre di più l’immigrazione musulmana e i centri che espandono il wahabismo". Labuschagne è il più esplicito sui rapporti fra l’occidente e l’islam: "Dimentichiamo sempre le crociate, che furono guerre di difesa dall’aggressione musulmana. Chi ricorda più Poitiers, 732, la Chanson de Roland? E Costantinopoli nel 1453? E Vienna nel 1683? La storia dell’islam è una storia di aggressione alla cristianità, ma oggi lo neghiamo. Gli intellettuali di sinistra hanno detto che Mohammed B. era un estremista, un fanatico, anche se in tribunale era calmo e sereno, più del procuratore. Bisognava andare in quel tribunale per capire cosa fosse l’islam, una religione violenta incomparabile con il perdono cristiano e incompatibile con la nostra civiltà. Non lo abbiamo riconosciuto in Olanda anche perché qui l’Olocausto è stato una cosa serissima, ci furono migliaia di olandesi che si resero colpevoli della deportazione di migliaia di ebrei. Un ruolo terribile l’ha giocato la correttezza culturale che ci porta a parlare dei musulmani, ma mai dell’islam stesso, non si fa. Ci siamo rifiutati di studiare e capire le fonti del diritto islamico, ‘ci sono decine di scuole nell’islam, non puoi parlare in generale dell’islam’, è con queste parole che mettono fine a ogni dissenso. Jansen ha capito bene qual’è il nostro destino, si chiama dhimmitudine, se non ci svegliamo e non decidiamo davvero di difendere la libertà di cui andiamo tanto fieri diventeremo una minoranza tollerata. L’Islam si vede come la religione finale, la Umma nelle loro teste si espanderà a macchia d’olio sull’Europa, e con essa la sharia e il califfato. Nel passato c’era la militarizzazione del conflitto, oggi la loro infiltrazione. Almeno la metà dei musulmani d’Olanda vorrebbe imporre la sharia. Noi però vorremmo che gli imam parlassero di pace". Joseph Punt è il vescovo della diocesi di Amsterdam e dell’esercito olandese. Al Foglio dice che "nella società olandese la diversità non è stata solo questione di colore, lingua e cultura, ma di ricezione di questioni fondamentali come Dio e l’uomo, la vita e la morte, il matrimonio e la sessualità. Non vale solo per gli immigrati musulmani. Pym Fortuyn fu ucciso da un ambientalista olandese. Nel nostro cesto dei valori ormai c’è di tutto, tra cui una eutanasia e libertà sessuale estrema. Qualcuno chiede che si arrivi al modello francese, cioè la messa al bando della religione dalla vita pubblica. E’ un approccio totalmente ipocrita, che al posto del dialogo celebra l’indifferenza. Poi ci sono i limiti del nostro laicismo permissivo di fronte all’islam". Scheffer è stato uno dei pochi intellettuali della sinistra europea ad aver difeso pubblicamente la strategia americana in medio oriente: "Penso che quella in Iraq fosse una guerra umanitaria e lo penso ancora oggi. Non possiamo essere ostaggi del veto delle Nazioni Unite. Solo la democratizzazione dei paesi islamici può sconfiggere il terrorismo, è come il 1989. Non abbiamo il lusso di commettere lo stesso errore commesso dall’occidente con i paesi dell’Europa orientale. Non puoi comprare la stabilità nel lungo tempo. Dobbiamo avere un deterrente nel confronto con i musulmani. La vera sfida è nell’educazione, in un paese come l’Olanda totalmente relativista. E’ la visione postmoderna della storia, in cui ogni ‘noi’ viene immediatamente sospettato. Moltissime persone hanno smesso di pronunciarsi pubblicamente sull’islam per paura di fare la fine di Van Gogh. Oriana Fallaci e Michel Houellebecq rischierebbero molto di più se vivessero ad Amsterdam. Theo è il simbolo della libertà di espressione. Restiamo una società ottimistica e molto rilassata. Il problema olandese è il problema del liberalismo. Due anni fa, durante una commemorazione della deportazione ebraica dall’Olanda ci furono molti incidenti antisemiti da parte dei musulmani". Era una domenica pomeriggio del 31 ottobre 2004, Scuola Internazionale di filosofia, un palazzo bellissimo ricoperto dalle foglie dell’autunno appena iniziato. Due giorni dopo De Telegraaf avrebbe aperto con questo titolo: "Slaughtered". Il meeting filosofico era sull’imbarazzo del mondo ricco, si parlava di Bataille e Marx. Vink Jaffe era tra gli oratori. "Ero imbarazzato per un altro motivo. Iniziai a parlare di Ayaan Hirsi Ali, dissi che era mia amica, che quando ci incontravamo c’erano due guardie del corpo e che quando andavamo fuori a cena diventavano quattro. E che ogni volta che la salutavo pensavo sempre a quanti fossero coloro che la volevano vedere morta. Ma l’odio che circondava Ayaan mi aveva avvelenato. Nel 1992 fuggì in Germania, poi in Olanda, quello che chiamano il mondo libero, no? E’ qui che è odiata altrettanto che in Kenya. E Afshin Ellian, il rifugiato iraniano? Odiato nel mondo libero. Molte persone in Olanda vivono con la valigia, pronte ad andarsene. Pensavamo fosse pace, erano solo i terroristi in mezzo a noi. Non possiamo cedere davanti a bombe e coltelli, abbiamo perso il senso del pericolo e del destino. Non siamo preparati a combattere il terrorismo perché siamo troppo assorbiti nella nostra dolcezza umanitaria. ‘Abbiamo dimenticato che c’era una categoria dell’esperienza umana chiamata nemico’, ha scritto il filosofo americano Lee Harris. E’ quello che è successo a noi prima dell’11 settembre. Abbiamo bandito la parola nemico dal nostro vocabolario morale e politico. Eravamo persone civili. Siamo andati a Srebrenica, un villaggio dei Balcani grande quanto Old-Leusden. Non vedevamo che un nemico stava dalla parte opposta davanti a noi. Un nemico reale, qualcuno che devi abbattere violentemente? E’ come oggi con l’islamismo". Secondo Ephimenco sta crescendo un numero sempre maggiore di professori e giornalisti bollati dagli islamisti come amici di Ayaan. "E’ un piccolo gruppo di dieci persone, ed è già sotto protezione della polizia. Per avere molta pubblicità, è molto facile ammazzare un pubblicista. Anch’io sono sorvegliato dalla polizia giorno e notte. L’islam moderato non esiste, ma non potrei usare queste parole qui in Olanda. È importante anche sensibilizzare i musulmani: se si dice che non c’è, si chiude la porta ad ogni soluzione. Dobbiamo fare il possibile per crearlo. La soluzione può venire solo dall’interno dell’islam. Se ci sarà un attentato come a Londra vivremo in un ambiente di pre-guerra civile. Sono d’accordo con chi parla di questa possibilità, come Mark Steyn, sono anch’io molto pessimista, perché è anche quello che cercano gli islamisti in Europa. In Olanda ci sono gruppi di rapper che hanno messo su Internet canzoni contro gli ebrei e che chiedono di ammazzare gli ebrei". Ephimenco porterebbe "Submission" in tour per l’Europa: "Lo facciamo sui protestanti e la Chiesa cattolica, non vedo perché non possiamo farlo con l’islam? Rifiutare di farlo vedere è un segno di resa al nemico. Qui c’è gente che dice che Gesù era omosessuale e nessuno lo ha ammazzato. E se dicessi che Maometto era un pedofilo?". Riprende Ellian: "Oggi i multiculturalisti sono disperati, il paradiso che avevano in mente si è rivelato una apartheid e l’antisemitismo è una nuova piaga in Olanda. Una società multiforme ha sempre bisogno di un ordine monoculturale. Bouyeri parla il linguaggio dell’odierno Iran e fa parte dell’esercito islamico-fascista che ha fatto centinaia di migliaia di morti. L’islam deve essere umanizzato dall’occidente. Questo dovrebbe essere lo slogan: ‘Make jokes about islam’. Il primo ‘nemico dell’islam’ si chiamava K’ab ibn al-Ashraf, un poeta ucciso per ordine del Profeta con un coltellaccio. Maometto è stato un esempio per Bouyeri, che ha sgozzato Van Gogh in nome dell’islam. Benvenuto in medio oriente? No, siamo in Europa. La storia ci insegna che terrore e cultura islamica sono correlati. L’islam inizia con un attacco terroristico agli oppositori. Jihadisti, salafiti e islamisti sono i nemici della nostra società. Stanno preparando il clima per il jihad olandese. Il solo libro di Allah è nato da una volontà di dominazione politica. Allucinazione, coraggio e crudeltà erano le caratteristiche per la dominazione di tutti i popoli. Ma la cultura ufficiale olandese ha sempre trattato l’islam come un territorio proibito al pensiero critico". Dice Bart Labuschagne che "siamo arrivati ad adorare la separazione fra stato e chiesa proprio mentre moltissime moschee, quelle di Amsterdam e Eindhoven soprattutto, sono diventati luoghi di culto wahabita. Il pericolo è una guerra civile europea. Gli olandesi sono indolenti, anche dopo l’omocidio Van Gogh. La secolarizzazione ha devastato la possibilità di credere in qualcosa, sembra che non ci sia più niente da difendere. Negli anni Trenta era difficile stare contro i nazisti, oggi lo è contro gli islamisti. In fondo i due regimi si somigliano nel tentativo di stabilire un regime religioso attrave lettere@ilfoglio.it