Se il mondo si accorge che l'Iran è un pericolo le concrete minacce del regime e le reazioni della comunità internazionale
Testata: Il Foglio Data: 03 novembre 2005 Pagina: 1 Autore: un giornalista Titolo: «E un giorno l'Iran degli ayatollah iniziò a fare davvero paura al mondo»
IL FOGLIO di giovedì 3 novembre 2005 pubblica in prima pagina l'articolo "E un giorno l'Iran degli ayatollah iniziò a fare davvero paura al mondo", che riportiamo: Londra. Ieri due ordigni sono scoppiati nella sede di British Airways e British Petroleum a Teheran. Non ci sono stati né feriti né danni. Si è trattato di un atto dimostrativo, o meglio, come ha detto il ministero dell’Interno dell’Iran, "potrebbe essere stata una risposta alle prese di posizione anti iraniane assunte da certi paesi", ma ieri sera circolavano voci su un possibile assedio dell’ambasciata inglese. Il messaggio arriva dritto a Downing Street e, ancor più, al Foreign Office di Londra, entrambi impegnati nella definizione di una nuova strategia nei confronti del governo di Mahmoud Ahmadinejad. Il ripensamento va avanti da tempo, da almeno un anno, anche se alcuni segnali risalgono ad ancora prima, per esempio al settembre del 2003, quando il governo iraniano richiamò il suo ambasciatore a Londra "per consultazioni" dopo una serie di battibecchi: la sede diplomatica britannica a Teheran fu tenuta sotto assedio per ore, e sotto tiro di alcuni spari. Il punto di svolta formale è arrivato qualche settimana fa, quando la tolleranza di Londra si è trasformata in precise e documentate accuse, articolate sia dal premier, Tony Blair, sia da Jack Straw, ministro degli Esteri. La doppia condanna riguarda i continui attacchi che le truppe britanniche in Iraq subiscono nell’area intorno a Bassora. Il 12 ottobre, Blair ha detto chiaramente che esistono "prove" che l’Iran e il gruppo libanese di Hezbollah abbiano fornito "tecnologia sofisticata" usata negli attacchi terroristici contro i soldati inglesi a Bassora, causando almeno quindici vittime. L’Iran ha sempre negato, e anzi, quattro giorni dopo, ha reagito accusando l’Inghilterra di essere dietro all’attentato che, il 15 ottobre, ha ucciso sei persone nel sud-ovest dell’Iran, al confine con l’Iraq. Da quel momento è cominciato un giro di accuse – documentato da un report del Foreign Office – culminato con il commento di Blair alle frasi di Ahmadinejad sulla cancellazione di Israele: "Le trovo rivoltanti – ha detto – Non mi è mai successo di sentire un presidente di una nazione dire che vuole cancellare un’altra nazione, è una cosa inaccettabile, l’atteggiamento dell’Iran nei confronti di Israele, nei confronti del terrorismo, nei confronti delle armi nucleari è inaccettabile". Blair ha fatto capire che i giochetti diplomatici sono finiti, e la reazione sarà "molto seria". Il Regno Unito, con Francia e Germania, ha guidato le negoziazioni con l’Iran sul nucleare. Ieri Teheran ha detto di voler fare entrare nel sito di Parchin gli osservatori dell’Agenzia atomica – con grande festa di Mohammed ElBaradei, fresco di Nobel per la pace, che guarda con incauta speranza al prossimo vertice dell’Aiea, a fine novembre – ma subito dopo alcuni diplomatici europei hanno rivelato che, secondo fonti iraniane, ricomincerà una nuova tornata di operazioni per l’arricchimento dell’uranio nella base di Isfahan, chiusa l’anno scorso e riaperta ad agosto, dopo l’ennesimo tira e molla con gli europei. Tony Blair, che ha difeso la linea "soft" nelle relazioni con l’Iran anche con l’alleato George W. Bush, ha deciso di non sottostare più ai giochetti dei negoziati senza fine imposti dagli iraniani, e già a fine settembre ha chiesto che la questione del nucleare finisca al Consiglio di sicurezza dell’Onu per predisporre le sanzioni. La svolta di Blair è coincisa con quella del Foreign Office, grande sostenitore del dialogo con l’Iran. Fu Straw che si precipitò a Teheran tredici giorni dopo l’attacco dell’11 settembre – il primo ministro degli Esteri britannico in visita dalla rivoluzione del 1979 – per cercare di imbarcare l’Iran nella coalizione antiterrorismo contro i Talebani. Fu accolto con grande freddezza dall’allora presidente Khatami, ma ci ritornò ancora a novembre. Nel 2002, Straw riuscì a tenere in piedi i rapporti anche quando Teheran pose il veto all’ambasciatore scelto personalmente da lui, quel David Reddaway che aveva già lavorato per anni in Iran, ma che era bollato come spia, oltre che essere ebreo. Straw lo sostituì senza troppo clamore. Secondo il Sunday Telegraph, al Foreign Office circola un mantra: "Evitare notizie o dichiarazioni che possano corrompere i rapporti con l’Iran". Nell’ultimo anno il Foreign Office ha sottolineato che non ci sarebbero state azioni militari contro Teheran, ma ha cominciato ad assumere un atteggiamento sempre più duro, soprattutto con l’arrivo di Ahmadinejad. Da ultimo la critica è diventata condanna, e alla fine di settembre l’ambasciata britannica in Iran è stata colpita da pietre e molotov. Due weekend fa, Straw è stato invitato dal segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, a casa sua a Birmingham, in Alabama, per parlare di Iran e della necessità di una nuova politica. Ieri il Foglio ha chiamato il Foreign Office per avere commenti su quella che il Times ha definito "la purga" dei diplomatici iraniani in giro per il mondo, a partire da Londra, dove è stato "rimosso" Seyed Mohammad Hossein Adeli, in servizio da un anno. L’ufficio stampa ha detto che questo fatto "non deve essere interpretato come un deterioramento dei rapporti tra Regno Unito e Iran", ma poi ha ricordato che "in campagna elettorale Ahmadinejad ha pubblicamente criticato i diplomatici iraniani coinvolti nella negoziazione con la troika" dell’Ue per la loro debolezza nei confronti dell’occidente e che "proprio nel momento in cui l’Iran assume un atteggiamento provocatorio verso la comunità internazionale, il presidente si contorna di persone a lui vicine". Solo un anno fa questi commenti dal Foreign Office non sarebbero mai arrivati.
*** Roma. Le fiaccole si avvicinano. Faranno luce e fumo per una sera soltanto, questa, davanti all’ambasciata iraniana di via Nomentana a Roma. Ma l’annuncio è stato sufficiente a scatenare la collera degli sciiti della Repubblica islamica e nostrani. L’agenzia Iran Press, controllata dall’ayatollah Khamenei, ha promesso ritorsioni contro chi si è alzato a prendere posizione contro le parole del presidente Ahmadinejad. "Nomi da tenere in mente: tutti i musulmani, e in modo speciale le autorità della Repubblica islamica dell’Iran, dovrebbero tenere a mente i nomi di queste creature inferiori", e di seguito sono elencati il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, i vertici dell’Ue e del Vaticano e i portavoce della Camera dei rappresentanti e del Consiglio nazionale di sicurezza americani, ma anche il ministro degli Esteri italiano, chiamato "Franco" Fini, e il sindaco di Roma, Walter Veltroni. Radio, tv e giornali controllati dal governo – cioè tutti – attaccano l’Italia, lasciando trapelare un senso di infastidita sorpresa. "Dal vostro paese non ce lo saremmo mai aspettato". Le immagini di Fini – che due giorni fa ha incontrato il premier israeliano, Ariel Sharon, e il suo omologo, Silvan Shalom, a Gerusalemme – comparivano, in modo accusatorio, su tutti gli schermi. Ieri il nostro ambasciatore a Teheran è stato convocato dal governo iraniano e Fini ha spiegato che il nostro diplomatico aveva il compito di esprimere le ragioni dello sdegno italiano. Accenti molto diversi hanno invece radio e tv persiane che trasmettono dalle comunità iraniane di Los Angeles, una sorta di versione satellitare di Radio Londra, che hanno anche dato notizia della manifestazione italiana. Si preparano quindi le contromanifestazioni. Oggi stesso, o più probabilmente domani, dovrebbe arrivare sotto la nostra ambasciata a Teheran la risposta dei fedeli di Ahmadinejad. Nulla di ufficiale, finora, è stato annunciato dal governo iraniano, ma ci si attende che grandi manifestazioni di piazza siano inscenate venerdì, giorno di preghiera, quando gli studenti saranno aizzati a dovere dai pulpiti eretti nell’università della capitale. Dall’ambasciata d’Italia fanno sapere che nessun segno che faccia presagire qualcosa si è ancora visto, né presidi, né minacce, nulla. La marcia contro "l’Italia sionista" prenderà ispirazione dalla rodatissima liturgia di quelle contro il "Grande satana" americano. Ieri si è celebrato l’anniversario della presa dell’ambasciata statunitense, nel 1979, e i Guardiani della rivoluzione hanno ribadito e incrudelito le frasi di Ahmadinejad. Domani, a Teheran, la folla imbestialita inzupperà di benzina il tricolore e lo darà alle fiamme. Anche sul fronte interno si coglie qualche annuncio di contromanifestazione, ma è tutto timido e casereccio, ancora lontano dalle manifestazioni che si sono tenute, per esempio a Berlino, lo scorso venerdì. Là, trecento islamisti hanno manifestato contro la politica di Israele e degli Stati Uniti (ai manifestanti berlinesi è stato fatto divieto di bruciare pupazzi o bandiere o di esibire striscioni con slogan violenti). Da noi, per ora, è solo circolato via mail qualche appello a offrire la propria solidarietà all’Iran. "Penso tutto il male possibile della manifestazione di questa sera a Roma – dice il promotore Luigi de Martino, convertito, che da dodici anni manda alle presse il bollettino religioso "L’islam puro" – perché è di personaggi che esprimono il pensiero neoconservatore, razzista e antislamico che viene da oltre Atlantico". Poi, con accento di sciita partenopeo qual è, spiega sottili distinguo: Ahmadinejad non intende fare nulla agli ebrei, che in quanto tali sono fratelli dei musulmani, com’è scritto nel Libro, ma vuole la fine dell’Apparato statale dei sionisti, quello sì colpevole di crimini orrendi. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.