La sinistra che non va in piazza per Israele autoritratto tra il serio e il faceto
Testata: Il Manifesto Data: 02 novembre 2005 Pagina: 1 Autore: Rossana Rossanda Titolo: «Fiaccole romane»
IL MANIFESTO di mercoledì 2 novembre 2005 pubblica in prima pagina un articolo di Rossana Rossanda sulla manifestazione romana di solidarietà a Israele. Il titolo, che ci sembra decisamente collocato sul crinale tra "provocazione e stupidità" è "Fiaccole romane" (la foto di apertura della prima pagina ritrae Gianfranco Fini)
Ecco il testo: Cominciamo con l'eliminare le bassezze. Un esponente della comunità ebraica romana ha dichiarato che chiunque non sarà al suo fianco a manifestare davanti all'ambasciata dell'Iran giovedì sera non soltanto è nemico di Israele ma di tutti gli ebrei, e deve sapere che sarà tenuto sotto osservazione. Il saggio amico Amos Luzzatto ha cercato di rimediare osservando che qualcuno sarà impedito di esserci perché ammalato o all'estero. Io sono in questa condizione. E però non a Pacifici, che una volta mi ha additato come terrorista alle sassate dei suoi seguaci, ma a Luzzatto voglio dire che non sarei andata alla fiaccolata neanche se fossi a Roma e sana come un pesce. Non risulta che Rossana Rossanda sia mai stata presa "a sassate" dai "seguaci" di Pacifici, quindi la sua deve essere un'iperbole. Come deve essere un'iperbole, poco dopo, quella circa "la minaccia di essere schedata". Pacifici non dirige nessuna polizia segreta, quindi quella che preannunciava era una valutazione politica, non una persecuzione. Primo, perché nessuno mi farà andare o non andare a una manifestazione sotto minaccia di essere schedata, e non preciserò che cosa questo mi ricordi; secondo, perché non vedo ragioni di essere a fianco di Calderoli e di Fini e sotto l'egida del Foglio. E con ciò chiuso. Che qualcuno della comunità ebraica possa definirmi per questo antisemita è un problema della medesima comunità. Delle intemperanze del Foglio, che sta varcando il limite tra provocazione e stupidità, non meriterebbe parlare se troppi e troppe non fossero frementi di frequentarne la scena. E veniamo alle cose serie. Riassumendo: il capo di uno stato totalitario, impegnato a cercare di dotarsi di armi nucleari, sponsor del terrorismo e della peggiore propaganda antisemita, annuncia il proposito di cancellare Israele dalla faccia della terra. Un giornale di destra promuove una manifestazione di protesta e di solidarietà a Israele, in difesa del suo diritto all'esistenza e della libertà degli iraniani. Manifestazione cui aderiscono per altro anche una parte consistente della sinistra italiana, le comunità ebraiche, gruppi di dissidenti iraniani in esilio , l'Anti Defamation League, un'intellettuale marxista di indubbio valore come Luciano Canfora. Rossana Rossanda, invece, non aderisce. E spiega perché: in primo luogo perché sicuramente farà il contrario di quel che vorrebbe Pacifici, poi perché alla manifestazione ci saranno anche Calderoli e Fini, che le fanno schifo, infine perché essa è posta "sotto l'egida del Foglio", che le fa ancora più schifo. In effetti, non è una cosa seria. Politicamente grave è stata l'uscita di Ahmadinejad sulla necessità di cancellare Israele dalla carta geografica, e miserrimo il rattoppo: «Ma non sarà l'Iran a cominciare, e del resto sono cose che Khomeini e Khamenei hanno detto per vent'anni». Grave che una folla di giovani e meno giovani e financo di donne, trattate come sono da quel regime, si sia inebriata per le strade di Teheran di questa minaccia simbolica.
Perché è un mero simbolo, ancorché pessimo. "Mero simbolo"? Ed'è un "mero simbolo" il sostegno che l'Iran fornisce al terrorismo antiisraeliano, contribuendo a rendere insolubile la questione palestinese ? E' un "mero simbolo" la propaganda antisemita diffusa in tutto il mondo dal regime? E' un mero simbolo anche la discriminazione contro gli ebrei iraniani? E' un "mero simbolo" il tentativo di dotarsi di armi nucleari? Sono un "mero simbolo" i calcoli del'ex presidente Rafsanjani sulla possibilità di distruggere Israele con un solo ordigno atomico? Non solo Israele è uno degli stati più difesi, più armati e per certi versi più aggressivi del mondo, e quindi non è certo messa in pericolo dall'Iran, Israele è certo in grado di difendersi dalla minaccia iraniana, che però rimane reale. Ed'è curioso che tale capacità venga invocata, a giustificazione di una mancata protesta contro le minacce di aggressione iraniane, sulle pagine di un giornale che si distingue per la costante negazione del diritto all'autodifesa di Israele, per l'auspicio di una politica di isolamento politico, militare e d economico ai danni dello Stato degli Ebrei. ma quel che gli ebrei hanno subito nel `900 fa dell'esistenza di una terra loro, dove non possano mai sentirsi perseguitati o indesiderati, il minimo che l'umanità deve a se stessa.
Israele è "il minimo che l'umanità deve a se stessa" dopo le persecuzioni antiebraiche, quindi se qualcuno ne invoca la distruzione si tratta di un "mero simbolo" e non è nemmeno il caso di protestare... ma questa non doveva essere la parte seria dell'articolo? Se c'è qualcosa da cancellare è l'incapacità di molte comunità della diaspora di liberarsi dal senso di essere in un ghetto, di essere isolata e perseguitata, e la parallela incapacità di Israele di presentarsi come in stato d'assedio e quindi di agire in modo conseguente per uscire da quel conflitto in Medio Oriente, nel quale sia ebrei sia palestinesi, spossessati della loro terra, hanno perduto troppe vite e stanno dando il peggio di sé. Non è vero che un forsennato presidente iraniano voglia cancellare lo stato di Israele mentre il saggio Sharon riconosce pienamente l'esistenza di uno stato palestinese. Ambedue rifiutano di riconoscersi, si rilanciano minacce di sterminio Quando Sharon avrebbe pronunciato "minacce di sterminio" ? che fortunatamente non possono mettere in atto, svicolano dai loro problemi reali e danno corda ai reciproci fondamentalismi. Su questo l'appello a partecipare al presidio di giovedì non dice né solo né tutta la verità. E' una manovra che fa comodo alla destra, viene da uno dei suoi uomini, pretende di misurare la temperatura democratica della sinistra di fronte a uno dei problemi più dolorosi del tempo nostro. Soprattutto è una misera cosa davanti al vero problema di civiltà dal quale è impossibile stornare ormai lo sguardo. Da tutte le parti del mondo ci viene infatti un'analoga immagine: al venir meno di un conflitto civilizzato come è stata e vissuta nel `900 la lotta di classe e quella di emancipazione dei popoli, sono conseguite da parte della sinistra l'abbandono di ogni principio, e nei paesi terzi la retrocessione dalla emancipazione all'identità di sangue e terra. E' giocoforza constatare che alla fine di un messianesimo terrestre per ingenuo che fosse, dai primi illuministi all'ambizione di creare un soggetto sociale rivoluzionario internazionalista, è sopravvenuta non altro che una regressione dell'una e dell'altra molto al di qua del punto da cui si era partiti. La fine dei laicismi arabi è una catastrofe per quei paesi: davvero solo gli ayatollah potevano liberare l'Iran dalla modernità poliziesca e filoamericana dello scià? Davvero solo la disperazione dei kamikaze può ormai far fronte a Sharon? E' Sharon che fa fronte ai "kamikaze", non viceversa. E quella dei terroristi suicidi è un'aspirazione, inculcata da una propaganda di odio e di violenza e posta al servizio di un strategia, non disperazione. Inoltre, terrorismo e regimi "laici", hanno contribuito quanto quelli religiosi a rendere irrisolvibile il conflitto mediorientale, oltre che ad opprimere e massacrare i popoli che proclamavano di volere liberare e rappresentare. O Al Qaeda e la sue ramificazioni al venire meno di ogni progressismo arabo? E sono lo sette fondamentaliste, musulmane o indu, che si danno reciprocamente fuoco ma convincono e spesso organizzano i reietti della crescita indiana. Ma anche in occidente sembra che alla mera forza della tecnica del mercato non possa opporsi che la mera visceralità. Non è questa che ha dato spazio negli Stati Uniti ai neocons, in Francia a Le Pen, a Bossi in Italia, ai Kaczynski in Polonia, e si potrebbe continuare? Il modello occidentale trionfante moltiplica i reietti, e i reietti non sono - su questo ha ragione Dahrendorf - il terreno delle rivoluzioni. Sono terreno del populismo. Così quel che potrebbe essere stato, anche nel caso del presidente iraniano, un dibattito serio nel conflitto politico italiano degenera di colpo in una brutta commedia. Bisognerà pure che qualcuno si decida a dirlo. I neocons come Le Pen, i Kaczinsky come Bossi e tutti come Al Qaeda. Ripetiamo la domanda: ma questa non doveva essere la parte seria dell'articolo?
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